Gli obiettivi dell’agenda europea 2030 sono ancora lontani, ma in certe parti della Sicilia il riutilizzo dell’acqua come materia prima è già una realtà. È il caso delle isole Pelagie, dove la popolazione si disseta grazie a impianti di dissalazione delle acque marine. Si tratta di oltre due milioni di metri cubi di acqua all’anno e di circa 20 mila persone servite con una erogazione media di 16 mila metri cubi al giorno. Ci sono inoltre la costruzione del Parco eolico di Caccamo, nel palermitano, e l’impianto di depurazione di Scicli, nel ragusano. Infrastrutture attivate da Acciona, multinazionale spagnola attiva in 60 Paesi. Nel 2018 l’azienda ha firmato un contratto di dieci anni per fornire acqua potabile alla popolazione di Lampedusa, Linosa, Pantelleria. Adesso intende rafforzare la sua presenza in Sicilia, anche grazie alla ripresa post-pandemia e agli investimenti che saranno legati al Pears, il Piano energetico e ambientale regionale che vuole puntare su eolico e solare.
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Dai trasporti all’acqua desalinizzata
Acciona, uno dei partner principali del Green Expo del Mediterraneo, in corso al centro fieristico Le Ciminiere di Catania fino al 16 luglio, è attiva in diversi comparti, dai trasporti all’energia, ma si è specializzata in particolare nella gestione del ciclo dell’acqua. “Quello che facciamo avviene prima che i cittadini aprano il rubinetto e dopo che utilizzano gli scarichi di casa”, dice a FocuSicilia l’ingegnere Maria Teresa Turco, del dipartimento tecnico di Acciona Italia. “I nostri core business sono la potabilizzazione, la depurazione e soprattutto la dissalazione”. Si tratta di un procedimento che permette di eliminare i sali dall’acqua di mare, spiega la manager, per ottenere acqua dolce e potabile. Acciona utilizza la tecnologia dell’osmosi inversa, “più efficiente, che richiede meno energia e presenta una minore impronta di carbonio rispetto alla desalinizzazione convenzionale”, si legge nelle note aziendali. Inoltre, si tratta di una tecnologia ecologica. “La desalinizzazione a osmosi inversa emette 6,5 volte meno gas a effetto serra”.

Combattere la siccità
Una valida alternativa per il recupero dell’acqua, insomma. Al momento, spiega l’ingegnere Turco, l’approvvigionamento idrico avviene soprattutto “dalle fonti tradizionali, invaso e falda”. Ma l’acqua dissalata non deve essere necessariamente bevuta. Al contrario, può essere utilizzata anche a fini industriali. “Nel 2017 abbiamo costruito il dissalatore più grande del Mediterraneo per uso industriale, nella raffineria di Sarlux, in Sardegna”. Si tratta di impianto capace di fornire 12 mila mq di acqua industriale al giorno, spiega la manager. La raffineria appartiene al gruppo petrolifero Saras, e il valore del contratto è di 22 milioni di euro. Cifre importanti, che potrebbero crescere ulteriormente nei prossimi anni. “Sappiamo come nel Mezzogiorno vi siano problemi di siccità sempre più pesanti, che colpiscono tanto i cittadini quanto le imprese. Ecco perché, nel futuro prossimo, bisognerebbe spingere sulla dissalazione”.
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Il peso dell’inquinamento
L’acqua di mare, secondo Turco, rappresenta un vero e proprio tesoro. “L’Italia è particolarmente favorita, pensiamo alla conformazione geografica e ai chilometri di coste”. Un punto a sfavore, soprattutto in alcune zone, è l’inquinamento. “Per fortuna, con la dissalazione si può scegliere dove posizionare l’impianto, a differenza della potabilizzazione che di solito avviene vicino a un invaso”, dice la manager. Con le acque marine c’è maggiore libertà, “compresa la possibilità di non posizionare l’impianto sotto la raffineria di Gela”. Come accennato, in Sicilia Acciona ha costruito anche l’impianto di depurazione di Scicli, oggi gestito dal comune ragusano, e il parco eolico di Caccamo, per la produzione di energia rinnovabile. Il settore con maggiori prospettive di crescita, però, resta la dissalazione. “È il futuro, per produrre acqua potabile e non solo”, ribadisce Turco.
Ingegnere Luigi Patimo Country Manager Acciona con Giusy Giacone Direttore marketing Catania 2030
Numeri in crescita, nuove assunzioni
Le attività della multinazionale non si sono fermate durante la pandemia, essendo l’acqua un servizio essenziale. Nel 2020 il volume d’affari ha superato i 750 milioni di euro a livello globale. “Abbiamo continuato a lavorare durante il lockdown, sia sulla potabilizzazione che sulla dissalazione. E alla fine siamo persino cresciuti rispetto al 2019”, rivendica l’ingegnere. Al momento Acciona opera in dieci regioni italiane e dà lavoro a 550 persone. Nel mondo, i dipendenti sono oltre quattromila. I progetti legati all’acqua nel territorio italiano sono 40. Di recente si è aggiunta la gestione delle reti fognarie e idriche di Roma, per 15 milioni di euro, e quella di parte della rete idrica pugliese, per oltre 30 milioni. “Le nostre sedi principali sono a Roma e a Milano, ma è chiaro che aprendo nuovi impianti dovremo assumere. Magari anche in Sicilia”.
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L’importanza di pianificare
Le prospettive per la ripartenza, insomma, sono positive. “Il nostro settore richiede soprattutto pianificazione. Fino a ora la dissalazione è stata vista per lo più come soluzione tampone, anche a causa degli alti costi del passato, che con gli anni si sono ridotti enormemente”, dice Maria Teresa Turco. Adesso, ne è convinta, bisogna fare un passo avanti. “Occorre pensare alla dissalazione come a una soluzione programmata di approvvigionamento idrico”. Scelte che richiedono la consapevolezza dei cittadini e soprattutto della classe dirigente. “Siamo sicuri che, anche attraverso eventi di formazione come qui a Catania, daremo un contributo”, conclude Turco.