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Acqua potabile, ma solo in teoria. Arpa Sicilia: parte già sporca dalle dighe

Arpa pubblica dati geolocalizzati sulla qualità delle acque. Bollino verde per soli tre impianti su 16. Negli altri casi, l'acqua ai potabilizzatori non dovrebbe nemmeno arrivarci, perché contiene batteri coliformi, streptococchi, fosfati

Acqua tutt’altro che potabile in 13 casi su 16. E non è un problema degli impianti di potabilizzazione. L’acqua, infatti, al potabilizzatore non dovrebbe nemmeno arrivarci. Non ha infatti i requisiti minimi necessari per essere potabilizzata e destinata all’uso umano. Lo ha certificato l’Arpa Sicilia pubblicando dati geolocalizzati sulla “qualità delle acque destinate alla potabilizzazione”. Così la diga Ancipa di Troina (En), la parte meridionale del fiume Imera in provincia di Palermo (Sant’Andrea, Petralia Sottana) e l’invaso Prizzi (Pa) sono le tre sole sorgenti considerate col bollino verde. Hanno tutti i parametri fisici, chimici e microbiologici in regola. Queste acque finiscono nei potabilizzatori di Blufi, dell’Ancipa e di Corleone e da qui negli acquedotti che servono i rispettivi territori. Tra questi, ad esempio l’area di Gela e di molti comuni del circondario. Per le altre 13 sorgenti invece, il giudizio è secco: bocciatura. I dati sono del 2021 e quindi la conclusione è drammatica: il danno è più che compiuto.

La mappa degli invasi da cui si attinge acqua destinata ai potabilizzatori in Sicilia. In rosso le fonti non conformi alla potabilizzazione, in verde quelle conformi. Fonte: Arpa Sicilia

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Tra cloruri, solfati, batteri coliformi e streptococchi

Tra le province di Catania, Ragusa e Caltanissetta ci sono tre sorgenti di acqua da mandare ai potabilizzatori. Nell’invaso di Santa Rosalia (Rg) non sono conformi i valori di manganese e ossigeno disciolto. Negli anni precedenti c’erano anche tensioattivi e fosfati. L’invaso Dirillo, a Licodia Eubea (Ct), ha valori anomali di ossigeno disciolto. Nell’invaso Cimia, vicino Niscemi, sono stati rilevati batteri coliformi e salmonelle. La maggior parte di invasi e sorgenti di acque da potabilizzare si trovano tra l’Agrigentino e il Palermitano: dall’invaso Castello di Bivona (Ag) al fiume Jato a Partinico (Pa). In queste fonti Arpa ha rilevato, nelle varie stazioni di campionamento, cloruri, solfati, fluoruri, coliformi totali, coliformi fecali, streptococchi fecali, salmonelle. I valori anomali di questi parametri compromettono la qualità delle acque, che non potrebbero andare al potabilizzatore e quindi alla popolazione.

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Acqua non conforme? Ci sono le eccezioni

A spiegare quello che succede con la potabilizzazione è Arpa. Le acque dolci superficiali, per diventare potabili attraverso gli impianti di potabilizzazione, devono essere classificate dalla Regione secondo tre categorie: A1, A2 e A3. La classe A1 è quella con le migliori caratteristiche. In base alla categoria, cambia il tipo di trattamento che avviene nel potabilizzatore. Dal trattamento più leggero, cioè una semplice disinfezione, nel caso di acque A1, a un trattamento fisico e chimico più spinto, come nel caso della categoria A3. Se non c’è una conformità, le acque non possono essere classificate nemmeno come A3 e non potrebbero essere trattate nel potabilizzatore. Tuttavia, è la Regione a valutare se ci siano i presupposti per una eventuale deroga del rispetto dei limiti. Dipende anche dalle tecnologie utilizzare dagli impianti di potabilizzazione che ricevono le acque non conformi. In ogni caso, se non ci sono fonti idriche alternative per assicurare l’approvvigionamento dei territori, le acque “potrebbero essere utilizzate in via eccezionale“. Lo dice il Dlgs 152/06, purché, specifica la legge, “con un opportuno trattamento”. Come dire che la soluzione la si trova, in qualche modo. Ma alla fine quanto l’acqua possa essere usata e bevuta, quello forse nessuno può davvero assicurarlo.

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Agostino Laudani
Agostino Laudani
Giornalista professionista, nato a Milano ma siciliano da sempre, ho una laurea in Scienze della comunicazione e sono specializzato in infografica. Sono stato redattore in un quotidiano economico regionale e ho curato la comunicazione di aziende, enti pubblici e gruppi parlamentari. Scegliere con accuratezza, prima di scrivere, dovrebbe essere la sfida di ogni buon giornalista.

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