Gli ambulanti spariscono dalle strade della Sicilia. A fine 2014 erano 21.536. A marzo 2023 erano solo 17.701, circa quattromila in meno. Ben 939 sono “spariti” negli ultimi 15 mesi, “più di due imprese al giorno“. Sono dati che Confimprese Sicilia ha raccolto esaminando quelli al 31 dicembre 2021 dell’Osservatorio del Commercio del Ministero delle Imprese e del Made in Italy incrociandoli con quelli del Registro delle Imprese di marzo 2023.
Il picco a fine 2015. Poi il crollo nel post Covid
Secondo i dati, in tutta l’Isola, dopo avere raggiunto il picco al 31 dicembre 2015 – 21.941 ambulanti – si è registrata una contrazione costante di poche decine di unità negli anni, almeno sino al 31 dicembre 2018 in cui le imprese ambulanti erano 19.329. Il trend si è stabilizzato nel triennio 2019-2021 a circa 18700 aziende per poi crollare fino al dato del marzo 2023 di 17.701 attività. E il periodo della pandemia da Covid-19 ha certamente inciso. “Trattandosi di attività dichiarate alla Camera di Commercio il rallentamento delle chiusure intorno al 2020 può essere stato determinato dalle procedure di rinnovo delle autorizzazioni che, prevedendo l’iscrizione alla Camera di Commercio, ha favorito la riemersione di aziende che erano in attività ma non più iscritte“, scrive l’associazione datoriale.
Ambulanti in calo ovunque, tranne ad Agrigento e Trapani
Palermo ospita ancora oggi il maggior numero di ambulanti in Sicilia. Ma la situazione non è molto diversa dal resto dell’Isola. Si passa dalle 6810 del 2014 (dati Mise) alle 5155 del marzo 2023 (dati Unioncamere). A dicembre 2021, ultimo dato di riferimento nell’Osservatorio del Commercio ministeriale, le imprese ambulanti della provincia palermitana erano invece 4.860. Una variazione, in positivo da dicembre 2021 a marzo 2023, di circa 300 unità che Confimprese collega ai rinnovi delle autorizzazioni. Nello stesso periodo dal 31 dicembre 2014 al 31 dicembre 2021, Catania, seconda provincia per numero di attività, passava da 4.640 a 4.225 attività totali. Messina, terza provincia per popolazione, era a quota 2.728 a fine 2014, mentre a fine 2021 questi erano 2.448. Quarta Agrigento, che mostra però un dato in controtendenza: gli ambulanti a fine 2021, 2.147, erano più di quelli della fine del 2014 (2.049). Idem a Trapani, che arriva nel 2021 a quota 1.462 ambulanti contro i 1.282 di fine 2014. Tutte in decrescita altre tre province siciliane: Siracusa passa da 1.084 (dato fine 2014) a 1.002 (dato fine 2021. Ragusa da 1.301 a 1.127. Caltanissetta da 1.130 a 1.026. Chiude Enna che aumenta il numero di ambulanti dai 332 di fine 2014 ai 343 di fine 2021.
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Mercati storici, mercati giornalieri, itineranti: le differenze
Secondo Giovanni Felice, presidente di Confimprese Palermo e coordinatore regionale di Confimprese Sicilia, la diminuzione ha però radici più profonde. “Siamo coscienti della crisi complessiva del commercio – spiega Felice -, ma il commercio ambulante in particolare paga lo scotto dell’orario: può operare nelle aree preposte solo la mattina. Si perde così una fascia di clientela importante“. La normativa siciliana prevede infatti che gli ambulanti siano divisi in tre tipologie: la A, ovvero quella di chi opera nei mercati tradizionali, come quelli presenti nel centro di Palermo (Ballarò, Ucciria, mercato del Capo ecc..) e Catania (Fiera di piazza Carlo Alberto, Pescheria). La B, quella di chi opera nei mercati che giornalmente si installano in alcune zone. E la C, quella di chi è “itinerante” e può sostare fino a un’ora.
Per i grandi mercati aperture domenica e la sera
Le modifiche chieste da Confimprese riguardano soprattutto la prima categoria. “Chiediamo la possibilità, per legge, di poter fare giornate straordinarie di mercato, magari anche la domenica anche solo cinque domeniche l’anno. Adesso è tutto deputato alla volontà dei sindaci. Poi bisognerebbe lavorare sugli orari, allungandoli o cambiando la fascia oraria, per poter lavorare anche la sera”, spiega Felice. Una “modifica radicale della concezione di mercato“, dunque, dal quale non sono esclusi periferie e piccoli comuni. “Resta il ruolo di commercio di vicinato che i mercati svolgono – prosegue Felice – ma è necessario individuare aree idonee che possono essere anche le piazze principali, dotate dei servizi di vigilanza e di sostegno al mercato ed ai consumatori, mentre nelle città capoluogo e nei grandi centri abitati bisogna lavorare sull’ipotesi di realizzare mercati in sede fissa che possano operare anche di domenica e di sera”, conclude.