Con la revisione del Pnrr decisa dal governo Meloni sono stati definanziati, soltanto in Sicilia, 82 milioni di euro di finanziamenti per la valorizzazione dei beni confiscati alla mafia. La provincia più sacrificata è Palermo, con ben 28,2 milioni di euro, seguita da Trapani (11,5 milioni), Caltanissetta (10,5), Catania (8,6), Siracusa (sette), Messina (3,2). Altri dieci milioni erano stati assegnati direttamente alla Regione siciliana, per lavori in tre beni confiscati nel palermitano e nel trapanese. A fornire i numeri, in una lettera indirizzata al governatore Renato Schifani, è Spi, sindacato dei pensionati aderente a Cgil Sicilia. “Non sappiamo se la Commissione Europea accoglierà la proposta del Governo nazionale, ma non ci tranquillizzano le dichiarazioni del ministro Raffaele Fitto che assicura il finanziamento con altri fondi, ma non specificando tempi e modi”. Per questo Spi Cgil chiede a Palermo “decise azioni nei confronti del Governo”, perché non sia messa a rischio “il lavoro di migliaia di cittadini che lavorano per la legalità e lo sviluppo“.
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I definanziamenti dei beni confiscati
Conti alla mano, il progetto più grosso messo a rischio dal “taglio” del governo Meloni è quello per la realizzazione del “Polo logistico ed espositivo dell’agroalimentare mediterraneo” di Caltanissetta, dal valore di otto milioni di euro. Il Polo dovrebbe sorgere su un’area di oltre 76 mila metri quadrati in contrada Xirbi, confiscata alla criminalità organizzata. Al secondo posto c’è il progetto di “Ristrutturazione e riqualificazione di un immobile da destinare a attività connesse all’agricoltura” nel feudo Verbumcaudo a Polizzi Generosa, nel palermitano. La cifra stanziata dalla Regione attraverso il Pnrr supera i cinque milioni di euro. Si tratta dei terreni confiscati negli anni Ottanta a Michele Greco, il “papa” di Cosa nostra, grazie all’impegno diretto di Giovanni Falcone. Oggi il feudo è gestito da una cooperativa sociale. Al terzo posto il recupero di villa Coppola a Valderice, in provincia di Trapani. L’immobile, confiscato negli anni Duemila a un imprenditore condannato per mafia, aveva ricevuto un finanziamento di quattro milioni di euro.
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La situazione nelle altre province
Quanto alle altre province, Agrigento deve rinunciare a un milione per il progetto “Non ti lasciamo sola”, destinato al “sostegno psicologico, legale e assistenziale” per donne in difficoltà, da realizzare in un immobile sottratto alla criminalità organizzata. A Catania stop al progetto “Una casa per ricominciare”, che prevede la riqualificazione di due immobili confiscati a Piedimonte Etneo, per 1,7 milioni di euro. La struttura avrebbe dovuto accogliere “donne e bambini ad alto rischio di vulnerabilità e violenza”. A Messina salta la riqualificazione di un’area in contrada Panca, da destinare “ad attività ludiche, sportive e culturali a servizio della collettività”, per 1,4 milioni di euro. Ragusa deve rinunciare a quasi 2,4 milioni per “Il villaggio della solidarietà”, struttura di accoglienza in un immobile confiscato a Pozzallo. Quanto a Siracusa, salta la realizzazione di un centro antiviolenza con casa rifugio e micro nido “attraverso la demolizione e ricostruzione del fabbricato esistente e la sistemazione parziale delle aree esterne”. Il progetto era finanziato con 2,4 milioni.
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La difesa della Regione siciliana
Nei giorni scorsi il presidente della Regione Schifani aveva ribadito che i progetti esclusi sarebbero stati rifinanziati con risorse nazionali. In particolare, per quanto riguarda i beni confiscati, il governatore ha garantito che le risorse escluse dal Pnrr “saranno coperte con il Fondo sviluppo e coesione“. Rassicurazioni che non convincono il sindacato. “In queste settimane avremmo voluto ascoltare la sua voce, per stigmatizzare la riprogrammazione di tale investimento e chiedere al Governo nazionale”, si legge nella lettera di Spi Cgil. “Così non è stato e il silenzio del Suo Governo ha mortificato il lavoro di migliaia di cittadini che lavorano per la legalità e lo sviluppo della nostra Sicilia”, attacca il sindacato. Concludendo con un richiamo al “padre” della legge sui beni confiscati. “Sviluppo e legalità sono un binomio inscidibile, lo aveva capito Pio La Torre pagandone il prezzo più alto. Faccia in modo che quel sacrificio non sia stato vano”, concludono da Spi Cgil.