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Beni confiscati, la riassegnazione funziona. Diversi i benefici. Lo studio

Se i beni della criminalità organizzata si destinano a usi sociali, torna una economia libera. E libere elezioni. Lo ha dimostrato uno studio dell'economista dell'Unict Livio Ferrante

“Molte volte l’università è autoreferenziale, in questo caso noi vogliamo dare un contributo alla nostra terra con i nostri studi”. Lo dice Livio Ferrante, ricercatore di Economia politica dell’Università di Catania, la cui attività di ricerca si è concentrata negli ultimi anni nel dimostrare l’efficacia delle azioni che colpiscono i patrimoni della criminalità organizzata. Il punto di partenza sono le note parole di Giovanni Falcone, “segui i soldi, troverai la mafia”, incarnate perfettamente anche dalla legga Rognoni- La Torre sulla confisca dei beni. Ma si tratta di strategie efficaci solo a livello giudiziario, o hanno un impatto reale positivo sul territorio? Ovvero, è valido l’assunto “togli i soldi, sconfiggerai la mafia?”. La risposta all’interrogativo è certamente positiva secondo Ferrante ma, ospite questa mattina di FocuSicilia, ha illustrato anche problematiche e limiti dell’attuale gestione dei beni: “Il percorso di riassegnazione deve essere completato per avere dei risultati positivi”.

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Benefici sì, “ma non dalla semplice vendita”

Sono due gli studi presentati da Ferrante sul tema. Il primo, frutto del lavoro congiunto con il professore Francesco Reito, aveva il titolo di Mafia and bricks: unfair competition in local markets and interventions, e si concentrava sull’edilizia, “settore economico particolarmente attraente per la criminalità organizzata, essendo caratterizzato da bassi livelli di innovazione, un’alta intensità di lavoro che riesce a creare legittimazione sociale”. Il secondo, scritto sempre oltre che con Reito con Salvatore Spagano e Gianpiero Torrisi, è stato presentato a dicembre 2019 nel corso della quindicesima conferenza della Società italiana di Diritto ed Economia, con il titolo Shall we follow the money? Anti-mafia policies and electoral competition, ha proseguito nel percorso tracciato di incrociare dati statistici, immobiliari e informative delle direzioni antimafia. “Abbiamo ottenuto un risultato statisticamente rilevante che il riuso sociale dei beni confiscati ha un vero impatto positivo sulla società in tutti i 390 Comuni della Sicilia. La semplice vendita non ce l’ha, perché i beni rischiano di tornare alle organizzazioni criminali. Dove le aziende vengono prima sequestrate e liquidate c’è però comunque un effetto positivo in termini di maggiore concorrenza e libero mercato”. Effetto che, sottolinea nuovamente Ferrante, “si ha solo al termine del percorso di riutilizzo del bene, sia immobile che una azienda”.

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Sono ancora troppi i beni da riassegnare

La Sicilia è la Regione d’Italia con più beni confiscati. E Ferrante fornisce anche qualche dato aggiornato. “Su circa 17.401 immobili in tutta Italia già riassegnati, 6.788 sono in Sicilia. Su quasi 1.492, sono qui oltre 527. Ed è su questi che valutiamo il risultato positivo”, afferma. Il problema è quando i beni restano, come spesso accade, in un limbo di mancate assegnazioni, tra l’agenzia nazionale che li ha in custodia e i Comuni. “I beni ancora in gestione all’agenzia nazionale superano quelli assegnati, sono circa 19 mila in tutta Italia. Gli immobili in gestione in Sicilia sono 7.285, le aziende in gestione 905”. Di questi beni, “molti sono ancora abitati dalle famiglie mafiose, senza alcun beneficio per il territorio, come evidenziato anche da una ricerca dei Siciliani Giovani“.

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L’effetto della riassegnazioni sulle elezioni

Fatte salve le criticità di un sistema di riassegnazione “farraginoso per vari motivi, sia organizzativi che burocratici che di mero stato del bene che spesso è da ristrutturare o da mettere in sicurezza”, prosegue Ferrante, la ricerca ha calcolato anche dei benefici non solo sul tessuto economico in un lasso di tempo relativamente breve di cinque anni, ma anche nella libertà di voto. “Guardando i risultati delle ultime elezioni all’Assemblea regionale siciliana, abbiamo visto come nei luoghi dove c’è stata riassegnazione per usi pubblici di un bene c’è anche minore concentrazione di voti per i candidati protagonisti delle vicende giudiziarie per collegamenti con la mafia. Aumenta insomma la competizione elettorale, e questo processo di riassegnazione sembra togliere il consenso alla mafia”. Ma, in conclusione, Ferrante specifica: “Non è il solo togliere il bene alla criminalità organizzata che porta risultato, ma il suo riuso per finalità sociali”.

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Leandro Perrotta
Leandro Perrotta
Catanese, mai lasciata la vista dell'Etna dal 1984. Dal 2006 scrivo della cronaca cittadina. Sono presidente del Comitato Librino attivo, nella città satellite dove sono cresciuto.

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