fbpx

Bionap, la nutraceutica a km zero: dagli scarti al mercato Usa

Da vent'anni l'azienda della famiglia Bonina punta sull'economia circolare: produce estratti botanici da piante e frutti made in Sicily per tutto il mondo

Creare un business puntando sull’economia circolare oggi non desta grande stupore. Farlo vent’anni fa era tutt’altra cosa: guardare ad un sistema economico pianificato per riutilizzare i materiali in successivi cicli produttivi, riducendo al massimo gli sprechi, era ritenuto visionario, se non folle. “Quando, fino a dieci anni fa, spiegavamo ai nostri clienti che ottenevamo prodotti di alta qualità dai sottoprodotti delle aziende agroalimentari, erano in molti a storcere il naso. Adesso che si è diffusa la cultura dell’economia circolare anche per noi è diventato più semplice raccontarci”. A parlare è Andrea Bonina, direttore generale di Bionap, azienda con sede a Belpasso, in provincia di Catania, che produce estratti botanici dai sottoprodotti di piante e frutti made in Sicily.

Che cosa fa Bionap

Tra le materie prime trasformate da Bionap regna l’arancia rossa di Sicilia. Da questa si ricavano due estratti, il Red orange complex e il Morosil, utilizzato per il controllo del peso. Ci sono poi l’estratto a base di uva rossa, che viene utilizzato per migliorare le funzioni cognitive, e quello che combina le foglie di ulivo con i cladodi del fico d’india. “Quella che comunemente è chiamata in siciliano pala è l’esempio più emblematico dello scarto. Prima del 2004-2005, quando mio padre andava chiedere ai coltivatori di fico d’India se era possibile fornirci i cladodi, i coltivatori quasi non riuscivano a capire cosa ci si potesse fare con le pale. Non sapevano della ricchezza di questa pianta”. Dalla Calabria arriva invece il bergamotto, dai cui si produce il Bergavit, che serve per abbassare il colesterolo.

La svolta americana

Creata da Francesco Paolo Bonina, padre di Andrea, nel 1997, la Bionap si inserisce nel mondo della nutraceutica, un settore a metà strada tra la classica erboristeria e la farmaceutica. Un mercato poco esplorato in Sicilia ma in espansione, soprattutto negli Stati Uniti. Ed è proprio nel mercato americano che Bonina padre decide di inserirsi, tra il 2004 e il 2005: è il biennio della svolta per Bionap. Da startup scientifica, che mirava a sviluppare progetti che l’azienda potesse “sopportare”, diventa una realtà imprenditoriale in crescita. L’ingresso, una decina di anni fa, di un nuovo socio nel capitale ha dato una spinta notevole all’azienda. Tra il 2013 e il 2014 arriva anche l’approdo nel mercato asiatico e all’inizio del 2019 ha aperto la prima sussidiaria negli Stati Uniti, la Bionap Usa Inc. Guardare ai mercati lontani premia le intuizioni dei Bonina: oggi Bionap esporta quasi l’80 per cento di quanto produce. E di questa grossa fetta di export, più del 65 per cento finisce oltre i confini dell’Unione Europea. “I nostri mercati principali sono i territori del Far East – Cina, Giappone, Taiwan, Thailandia, Corea, Indonesia, Malesia e Vietnam – l’Oceania (Australia e Nuova Zelanda) e naturalmente il Nord America, che sin dall’inizio ci ha accolti positivamente: quel mercato ha apprezzato il fatto che i nostri prodotti siano legati alla territorialità e alla sicilianità”.

L’Asia pesa sui conti 2019

Le difficoltà sono sempre dietro l’angolo: rispetto al 2018, il fatturato dell’anno che sta per chiudersi è diminuito. A determinare la flessione è stata la brutta annata registrata in Asia dall’intero settore: “In Asia ci sono controlli ferrei sugli estratti che si utilizzano e il mercato è stato bloccato quasi sei mesi. Si è verificato un problema da parte di un’azienda che aveva messo in vendita un estratto che era più chimico che naturale. Ciò ha comportato dei problemi regolatori”. Un inconveniente che ha pesato sui conti. Bionap ha rallentato, visto che quello asiatico rappresenta il mercato principale in cui è oggi presente. Sotto l’albero, la società non troverà grossi regali ma i propositi per l’anno nuovo non mancano: “La nostra mission – spiega Andrea Bonina – resta quella di andare a scoprire componenti attive nelle piante e nei frutti del Mediterraneo che possono avere un’attività salutistica da riversare nell’applicazione sia degli integratori alimentari sia nell’ambito della cosmesi”. La ricerca è continua: i Bonina stanno per lanciare un listino, prettamente destinato al mondo della veterinaria, contenente integratori alimentari per animali domestici. Un nuovo progetto al quale hanno lavorato per due anni, che ha visto luce adesso.

Nutraceutica a chilometro zero

Tre sono, secondo Andrea Bonina, i punti di forza della sua azienda: “Ciò che ci differenzia dalle altre aziende del nostro stesso settore è prima di tutto il legame con il territorio. Riusciamo, grazie alla collaborazione con l’azienda agricola Boniser, a controllare l’intera filiera delle materie prime che usiamo, dal seme al protocollo di raccolta e a tutti gli step dopo la raccolta, quindi essiccazione e trasformazione della materia prima”. A Bionap viene dato un semilavorato che trasforma in un estratto in polvere. “Tutto questo è controllato al 100 per cento ed è a chilometro zero, perché la materia prima che ci arriva da più lontano è il bergamotto calabrese. Il resto è made in Sicily”. Il secondo punto riguarda il supporto scientifico che sta sotto gli estratti botanici: “Questo è il primo in ordine di importanza. I nostri ingredienti sono brandizzati, effettuiamo studi clinici per provare la loro efficacia nell’ambito degli integratori alimentari, in quello del personal care e adesso anche nella veterinaria. L’idea di mio padre è stata quella di partire dalle informazioni della tradizione d’uso e della medicina popolare per portarle a un livello scientifico”. Terzo punto è l’approccio sostenibile: “Quando è possibile evitiamo di produrre materie prime ad hoc per la nostra trasformazione e tendiamo a recuperare sottoprodotti o prodotti secondari da aziende agricole e alimentari che trasformiamo e a cui diamo un valore aggiuntivo”. Un esempio su tutti è quello delle acque di vegetazione dell’ulivo: “Fino a cinque o sei anni fa – racconta Bonina – erano un grosso problema per le aziende che producevano olio d’oliva perché dovevano adoperarsi per smaltirle, pagando imprese specializzate. Noi recuperiamo da queste acque di vegetazione due componenti, idrossidirosolo e dirosolo, che aiutano a prevenire problematiche cardiovascolari. Grazie a questo business lo scorso anno abbiamo vinto un premio da Legambiente come una delle cento aziende più sostenibili in Italia”.

- Pubblicità -
Paola Giordano
Paola Giordano
Classe ‘89, sono cresciuta, nel paese che diede i natali a Giovanni Verga, con la passione per il giornalismo.

DELLO STESSO AUTORE

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Iscriviti alla newsletter

Social

21,128FansMi piace
511FollowerSegui
357FollowerSegui
- Pubblicità -

Ultimi Articoli