Sviluppare un sistema ecologico di estrazione olearia a freddo in frantoio, senza utilizzo d’acqua e prodotti chimici, a bassissimo impatto ambientale. Questa la sfida lanciata da Biospremi, startup che parte da Nicosia, provincia di Enna, e che sta riscuotendo consenso in giro per il mondo, dal Giappone all’Australia. Una scelta, quella di puntare all’estero, dovuta alle difficoltà del contesto siciliano, dove “ciò che merita e darebbe lustro non viene considerato”. Partendo dal Sol Levante, l’azienda ha l’ambizioso obiettivo di “rivoluzionare” il business dell’agrifood tech con il suo macchinario innovativo: tra il 2020 e il 2021 è previsto il lancio sul mercato di una produzione in serie.
Esperienza in Giappone
La startup è stata ospite di un incubatore nipponico per tre mesi, un periodo utile non solo per cercare nuovi partner e investitori ma anche per sviluppare e implementare la visione di Biospremi: “il Giappone è famoso per la sua antica tradizione per l’olio di oliva e possiede una conoscenza approfondita del settore. Interfacciarsi con una nazione incentrata su sé stessa per quanto riguarda le produzioni di macchinari è stata una sfida interessante”. Contestualmente si è anche discusso di come l’attrezzatura potrebbe essere utilizzata anche per la spremitura di altri semi, come lino, sesamo e camelia, nonché frutta, “andare nel Sol Levante è servito anche per questo, applicare la nostra idea ai loro prodotti”.
Come nasce Biospremi
Il nuovo metodo di spremitura nasce da “un concetto di ecosostenibilità e di ricerca della qualità”, racconta Dina La Greca, responsabile marketing dell’azienda. Le radici sono lontane: Dina è figlia del fondatore e ideatore del brevetto Antonino La Greca, che ben dodici anni fa, nella sede dell’oleificio Olivo Vivo di famiglia, ebbe l’intuizione giusta per ottenere un sistema che promette un risparmio del 30 per cento nel consumo di elettricità e un quinto in più di olio, rispetto ad una normale pressa in commercio. “Il nostro è un sistema ecologico ed innovativo di estrazione olearia più moderno e veloce rispetto alle presse tradizionali, al netto di tutti i costi che hanno provocato l’obsolescenza della precedente tecnologia, senza filtri e manodopera”. Nel 2017, a dieci anni dall’idea, è arrivata la svolta: dopo aver partecipato al Premio Marzotto, Biospremi ha deciso di costituirsi in startup. Oggi il progetto, in attesa di esser messo in produzione, è alla fine della fase di ricerca e sviluppo: “abbiamo ottenuto importanti risultati ai test comparativi e adesso cerchiamo investitori che ci sostengano nel lancio sul mercato”. In questo senso, nei piani futuri potrebbe esserci l’intenzione di lanciare una campagna di equity crowdfunding. Nel frattempo si è costituito anche il team che lavora alla realizzazione del macchinario, formato da sette componenti.
Terreno “poco fertile” in Sicilia
Avviare una startup in Sicilia non è semplice, nonostante i dati diffusi dal Mise nel terzo rapporto trimestrale dedicato ai trend demografici e alle performance economiche delle startup innovative rivelano come l’isola sia la settima regione in Italia per numero di nuove imprese. “La Sicilia e in genere l’Italia non è un ecosistema per startup, anche a livello di ecosostenibilità ci sono ancora tanti limiti strutturali”. Questo ha spinto Biospremi ad orientarsi verso il mercato estero: Turchia, Australia e, come detto, Giappone. “In Australia hanno piantato ettari di piantagioni intensive di ulivi. Parliamo del Paese con la maggior crescita di produzione d’olio d’oliva”. In Sicilia pochi i margini di movimento, limiti infrastrutturali e le sovvenzioni sono orientate altrove. Criticità che spingono il futuro dell’azienda lontano e orientato verso altri confini, “purtroppo sì, l’azienda per il momento è qui, ma non sappiamo fin quando resteremo”.