Nel 2021 era stato il turno delle capre, oggi tocca a cani ed asini: da dieci giorni sull’Etna ci sono diciotto animali sentinella, monitorati costantemente tramite un sofisticato collare. A installarli i ricercatori tedeschi del Max-Planck Institute for animal behavior di Konstanz, ovvero l’Istituto per lo studio del comportamento animale di Costanza. “Crediamo che questi animali siano molto intelligenti, e noi non stiamo facendo altro che dargli un microfono per parlare con noi. Abbiamo molto da imparare da loro, pensiamo che abbiano molto da dirci”. Parola del professor Martin Wikelski, direttore del dipartimento delle migrazioni del Max Planck Institute e docente all’Università di Konstanz, tornato in Sicilia dopo aver equipaggiato nel 2021, nel territorio di Randazzo, dieci capre di sofisticati rilevatori. Pochi giorni fa insieme al suo team di ricercatori è tornato per estendere il progetto di ricerca internazionale Icarus al monitoraggio di quattro cani randagi nel territorio di Fornazzo, frazione di Milo, e a quattro asine nell’azienda Asilat, pochi chilometri più giù.
Il comportamento degli animali per conoscere l’ambiente
A tutti gli animali è stato installato una versione aggiornata del collare ad altissima tecnologia di cui erano già state dotate le capre, i cui dati vengono inviati in tempo reale tramite quella che i ricercatori chiamano “Internet degli animali”, che conta a oggi circa 25 mila singoli esemplari monitorati nel mondo, dalle api fino agli elefanti. I collari sono equipaggiati con tracciamento Gps, possibile tramite una rete di satelliti che verrà estesa nei prossimi anni, e fino a pochi mesi fa, “prima dell’inizio della guerra in Ucraina”, di un collegamento alla Iss, la Stazione spaziale internazionale. Sensori che non si limitano solo a monitorare la posizione: secondo quanto riferito da Wikelski si possono costantemente monitorare “movimenti del corpo, temperatura, pressione, umidità dell’aria. Tutto per capire se l’animale è particolarmente agitato, magari prevedendo dei fenomeni”. Un compito affidato non a caso agli animali sull’Etna, vulcano più alto e più attivo d’Europa: il comportamento degli animali potrebbe fornire informazioni fondamentali per la protezione civile, come l’arrivo di una grande eruzione o un terremoto. E tutto senza bisogno di cambiare le batterie: i collari sono quasi tutti alimentati con energia solare.
Previsioni delle eruzioni e collaborazione con Ingv
Il concetto alla base di “Icarus” è molto semplice, almeno nelle parole di Wikelski: “Pensiamo che gli animali abbiano un collegamento con l’ambiente che li circonda, e noi li colleghiamo tra loro in quello che chiamiamo ‘Internet degli animali’. I nostri sensori collegati insieme possono darci grandi informazioni sulla vita nel pianeta”. A livello locale, come nel caso delle capre nella zona di Randazzo, “pensiamo che i segnali del pericolo possano darci qualche anticipazione sulle eruzioni vulcaniche, e abbiamo già alcune indicazioni che possano farlo”. Per quanto riguarda i cani e gli asini di Milo “cerchiamo di capire se altri animali hanno le stesse capacità, aggiungendo altre località. Stiamo lavorando con l’Istituto nazionale di fisica e vulcanologia per capire se queste informazioni possono essere aggiunte ai fini delle previsioni”. Tutto questo partendo dalle sensazioni fisiche degli animali. “Tramite i sensori possiamo vedere se gli animali sono particolarmente stressati o eccitati, possiamo capire se una capra magari fugge e si rifugia su un albero per sentirsi al sicuro. Gli animali ci dicono come percepiscono l’ambiente che li circonda. Vedremo se anche gli asini potranno darci queste informazioni o no, non lo sappiamo ancora. Magari non temono il vulcano, o lo ignorano, è una possibilità”.
Un progetto mondiale, che andrà anche nello spazio
Il progetto Icarus parte da lontano, nei primi anni ’90, con i primi studi di Wikelski sugli animali selvatici, un periodo storico nel quale la ricerca sul posizionamento degli animali “consisteva nel mettere dei braccialetti colorati magari sulle zampe, sperando di rivederli in futuro”. La tecnologia è andata avanti, e nel 2011 è partito ufficialmente il progetto che ora è esteso a livello mondiale. “Lavoriamo con ricercatori e persone del luogo ad esempio in Buthan, in Sud Africa, in Tailandia, in Cina, in Russia”, racconta Wikelski. Proprio con la Russia il progetto ha avuto il più significativo sviluppo, con l’invio nel 2018 di una antenna posizionata nella sezione della Stazione spaziale installata dai cosmonauti Oleg Artemyev e Sergey Prokopyev in una ‘passeggiata spaziale’ durata ben sette ore. Antenna che oggi è inutilizzabile per le tensioni che coinvolgono a livello internazionale la Russia. Il sistema è però tutt’ora attivo e funzionante tramite Internet, e consente a chiunque di vedere informazioni e spostamenti degli animali tramite un’app chiamata “Animal Tracker“, liberamente scaricabile su qualsiasi smartphone sia Android che iOS.
Nell’autunno del 2023, come spiega Uschi Mueller, coordinatrice del progetto Icarus, verrà messo in orbita “il primo di due satelliti dedicati, mentre un secondo verrà lanciato nell’estate del 2024”. La più grande evoluzione tecnologica è però attesa nel 2028, anno nel quale è prevista la messa in orbita di un satellite chiamato “Grace-I”. Si tratta di una estensione del progetto Grace acronimo che significa “Gravity Recovery and Climate Experiment”, condotto fin dal 2022 dalla Nasa insieme all’agenzia spaziale tedesca per il monitoraggio del clima. La “I” in “Grace-I” sta quindi per “Icarus”, e aggiungerà il monitoraggio delle biodiversità.