Un lavoratore di Modica ha aperto la strada a decine di migliaia di artigiani siciliani, vincendo un ricorso amministrativo contro l’Ente bilaterale nazionale dell’artigianato: non dovrà iscriversi al relativo fondo per ottenere la cassa integrazione in deroga per l’emergenza Covid-19. Lo ha deciso il giudice Riccardo Savoia, presidente del Tar del Lazio sezione III quater, rispondendo al ricorso presentato dallo studio legale Leone-Fell di Palermo. La vittoria ottenuta, secondo lo studio, potrà far partire una class action sul tema, e nei prossimi giorni “chiariremo all’intera categoria la migliore strada per tutelare le loro posizioni, senza rinunciare alla cassa integrazione”, afferma l’avvocato Francesco Leone. La decisione ha un impatto soprattutto economico: la richiesta dell’ente era per i non iscritti quella del versamento di quote per 36 mensilità arretrate per poter accedere al contributo. Un esborso, come denunciato nelle scorse settimane da Confimprese Sicilia, che sfiorava i mille euro a lavoratore, e oggi ritenuto non necessario anche dal giudice, che nella sentenza “obbliga l’Ente nazionale bilaterale per l’artigianato e il Fondo solidarietà bilaterale dell’artigianato di consentire senza indugio la presentazione della domanda di concessione dell’assegno ordinario di integrazione salariale”.

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La vicenda dell’iscrizione al Fondo bilaterale nasce alll’indomani dell’approvazione del decreto Cura Italia, apparentemente necessaria ad accedere alla cassa integrazione con causale Covid-19. “Da più parti – scrive lo studio legale Leone-Fell – si è levata la protesta degli artigiani e della categoria dei consulenti del lavoro che, a ragione, avevano sempre ritenuto non necessaria l’iscrizione a Fsba ed Ebna”. Di contro l’Ente Bilaterale che gestisce il Fondo, pur avendo ricevuto un trasferimento di risorse pubbliche a sostegno della Cig “pari a 60 milioni di euro, ha mantenuto ferma la propria posizione, affermando categoricamente che l’iscrizione è dovuta per legge”. La decisione del Tar del Lazio, però, “ci dà ragione su qualcosa che abbiamo sempre sostenuto, e confermata anche da una circolare Inps, la numero 47 del 28 marzo, che afferma come l’ente non debba rilevare se l’azienda sia in regola con la contribuzione al Fondo”, afferma Giovanni Felice, coordinatore siciliano di Confimprese. L’associazione aveva del resto già ottenuto un passo indietro sull’obbligatorietà dell’iscrizione da parte della Regione Puglia. “Il problema è che l’Ente bilaterale continua ad ostinarsi a non accettare le richieste. Noi consigliamo sempre ai nostri associati di far mettere per iscritto il rifiuto, in modo tale da poter fare ricorso. E siamo sicuri che questa procedura vittoriosa al Tar potrà certamente essere assimilata ad altri casi”.

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Urgente è però anche l’erogazione dei fondi, ancora bloccata. “Non solo gli iscritti all’Inps non hanno ancora preso un euro, ma nemmeno quelli iscritti all’ente bilaterale”, prosegue Felice. La mole di pratiche ancora da lavorare, calcolate in 33 mila in Sicilia da Inps nei giorni scorsi per tutte le categorie di lavoratori, “sancisce ulteriormente una cosa: al di là di quanto scritto nelle norme non c’è verifica su quello che accade dal punto di vista pratiche. Non è possibile nemmeno avere, come annunciato, un anticipo dalle banche con autocertificazione, visto che anche l’Abi ha confermato che si faranno i consueti controlli e si applicheranno le regole dei rapporti bancari”, conclude il presidente di Confimprese. Per i lavoratori che hanno già versato le quote arretrate al Fondo di solidarietà, assicurano dallo studio legale Leone-Fell che ha avviato un servizio di confronto con le imprese denominato Open Impresa, “sarà possibile comunque fare ricorso al Tar”. Per tentare di riottenere, almeno, i soldi anticipati in un periodo di profonda crisi.