Cosa fare per la crisi di Termini Imerese? Se lo sono chiesto un gruppo di cittadini della città palermitana, fino a dieci anni fa centro di un polo industriale che orbitava attorno allo stabilimento Fiat. In cento hanno stampato ieri un appello rivolto alla popolazione: “comprate a Termini, che sta vivendo uno dei momenti più tragici della sua storia”.
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“Una città che ha perso il senso di appartenenza”
Un manifesto partito da “una esigenza spontanea di fare qualcosa per la città, senza una associazione e un comitato già costituito prima, ma solo con la voglia di fare”, come spiega Alfonso Lo Cascio, giornalista e portavoce dell’iniziativa. Perché il problema principale, secondo i promotori, al momento “è la mancanza di un senso di appartenenza, che poi crea la convinzione di un destino immutabile, come purtroppo sottolineato da molti commercianti che abbiamo interpellato in questi giorni. Il modello di oggi è quello dei centri commerciali, dove a parte svagarsi per vedere cosa comprare non c’è altro”. Il gruppo ha stampato cinquemila volantini, incontrando durante la distribuzione per le vie del centro reazioni contrastanti. Nel corso del volantinaggio “c’è stato chi ha rifiutato di prendere il foglio, convinto che sia inutile, chi entusiasticamente ha sposato l’iniziativa, anche telefonando, scrivendo e firmando l’appello”.

Tra i firmatari cittadini comuni e una senatrice
Cittadini comuni, operai, professionisti, insegnanti, e persino una senatrice – Loredana Russo del Movimento Cinque Stelle -,hanno sottoscritto l’appello, che in queste ore si sta diffondendo in modo capillare anche grazie ai Social Network. Tra i firmatari ci sono però pochi commercianti. “Una scelta, perché vogliamo che il documento appaia per quello che è, un appello che viene dai cittadini”. Del resto la crisi della città, che conta ormai meno di 30 mila abitanti, è diffusa travolge quasi ogni famiglia, coinvolta nella crisi del polo industriale che oltre la Fiat coinvolge decine di aziende dell’indotto. “Tutto è partito da lì, siamo una città che economicamente si ritrova diverse attività che continuamente chiudono, dopo che si è puntato per decenni sulla Fiat”. Un contesto che in piena attività “dava lavoro a 3800 operai, per il territorio era una grande ricchezza. Da lì è iniziata la discesa e l’incapacità di riprenderci”, conclude Lo Cascio.