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Confartigianato: “Imprese come malati, ma si aiutano le banche”

Secondo Confartigianato, le misure del governo nazionale sono "deboli" e le risorse della Regione insufficienti. In un mese la Sicilia ha perso 392 milioni di euro

Se la situazione non migliora entro la fine di maggio, l’Italia potrebbe perdere il 25 per cento delle sue aziende artigianali. È la previsione della Cgia Mestre ed è pure ottimistica secondo il presidente regionale di Confartigianato, Giuseppe Pezzati. Servirebbero aiuti mirati eppure l’intervento nazionale “garantisce solo le banche mentre le aziende devono indebitarsi se vogliono sopravvivere”, quello regionale “non è concreto”.

La Sicilia perde 392 milioni di euro in un mese

L’isola è la regione in cui, secondo i dati della Cgia Mestre, hanno chiuso meno aziende nel mese di marzo (il 50 per cento) ma il settore è in crisi da oltre un decennio. Dal 2009 al 2019 il 16 per cento delle aziende ha chiuso, pari a poco meno di 14 mila imprese. Nel solo ultimo mese si sono persi 392 milioni di euro, ovvero il 3,4 per cento del fatturato annuo. La stima nazionale è di oltre 7 miliardi. “L’artigianato è sempre quello più colpito perché siamo piccoli. Vivevamo al confine e adesso siamo in piena recessione”, dice Pezzati. A rischio ci sono soprattutto i cosiddetti mestieri antichi come l’arrotino, il barbiere, la merceria e “tutti quelli che sono sempre stati legati all’attività di famiglia”. “Alcuni rappresentano uno dei fiori all’occhiello dell’economia siciliana, pensiamo ai ricami delle Madonie”. Per cercare di non farli morire e “tramandarli ai giovani”, Confartigianato ha organizzato in passato diverse scuole dei mestieri, ma oggi la situazione sembra andare verso il baratro. “Si stava tentando ad una ripresa ma questa mannaia ha messo in difficoltà tutti i comparti, nessuno escluso. In totale ci sono 223 settori a rischio, export compreso. L’impatto è importante e dipenderà anche dai rapporti con l’Unione europea”.

Indebitarsi ancora per sopravvivere

Pezzati si dice perplesso davanti alle misure decise dal governo nazionale a favore delle imprese. “Vanno bene le garanzie ma si chiede un nuovo indebitamento. Questo garantisce solo le banche, che ci guadagnano sempre”. È invece un grosso problema per la piccola impresa che deve ripartire, “perché restituire i prestiti non sarà cosa facile”. Per molte rappresenterà un debito sul debito pregresso dato che “sono già fortemente indebitate”. Nemmeno il tempo è dalla loro parte. Ad oggi non si conosce la fine delle misure restrittive, visto che la pandemia è ancora in corso. Di sicuro, la ripartenza non sarà immediata: “dovremmo forse guardare a dicembre 2020 per poter ricominciare ad alzare un po’ la testa”. Confartigianato avrebbe preferito “qualche misura in più rispetto, per esempio, allo sgravio fiscale o alla semplificazione burocratica”. Auspica comunque “che ci sia la disponibilità del governo di guardare più al futuro”.

Serve un cambio di passo

Perché si possa ripartire davvero, per Pezzati serve “un cambio di passo e mentalità”. In primis occorre pensare alla sburocratizzazione. E la prospettiva di un indebitamento con le banche fa parte di quella vecchia burocrazia fatta di intermediari che va abbattuta. “Così come si è fatto con il reddito di cittadinanza, che arriva direttamente alle persone indigenti, poteva esserci la possibilità di pagare direttamente le aziende”. Anche per questo il presidente regionale considera le misure messe in campo, in attesa di ulteriori decreti, “ancora deboli rispetto a quella che è la necessità reale delle nostre imprese”. “Oggi potremmo paragonare l’impresa a un malato: i binari salute ed imprenditoria devono camminare parallelamente”.

Regione, tanta propaganda e poche risorse

Per quanto riguarda le iniziative della Regione siciliana Pezzati non ha dubbi: “Tanta propaganda ma alla fine si fa ben poco”. Si riferisce, in particolare, alla cassa integrazione per gli artigiani. Le risorse annunciate dal governo regionale non sarebbero sufficienti per coprire tutti. In campo ci sono circa 27 mila aziende e 60 mila addetti. “Con le risorse annunciate di circa 10 milioni di euro si soddisfano soltanto 16 mila operatori all’interno del comparto artigianale. Il governo dovrebbe dimostrare un po’ più di vicinanza”. C’è anche il mondo delle startup che sta soffrendo. Oltre alle difficoltà di avviare un’azienda nuova e i relativi investimenti, spesso pagati con la misura Resto al Sud, oggi va aggiunta la mancanza di liquidità. “Non c’è nulla per loro, se non hanno concluso un triennio di bilanci”, spiega Pezzino. “Una cosa incredibile perché si tratta di aziende con giovani che hanno tentato di rimanere in Sicilia”.

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Desirée Miranda
Desirée Miranda
Nata a Palermo, sono cresciuta a Catania dove vivo da oltre trent'anni. Qui mi sono laureata in Scienze per la comunicazione internazionale. Mi piace raccontare la città e la Sicilia ed è anche per questo che ho deciso di fare la giornalista. In oltre dieci anni di attività ho scritto per la carta stampata, il web e la radio. Se volete farmi felice datemi un dolcino alla ricotta

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