Dopo ventiquattro ore di attesa dall’annuncio fatto in diretta Facebook, Giuseppe Conte ha firmato il decreto di ulteriore stretta sulle attività produttive aperte nel Paese e ritenute non essenziali. Sembra però meno restrittivo di quanto annunciato. Restano infatti, aperte ben ottanta tipologie di servizi e produzioni considerate essenziali. Fra queste, oltre alle produzioni farmaceutiche, alimentari, di bevande e di energia, quelle chimiche di trasformazione del petrolio e gas. Aperte anche le produzioni plastiche, elettriche, elettromedicali. Nel settore commerciale continueranno a svolgere la loro attività i negozi di elettronica, così come meccanici ed elettrauti, i trasporti, i servizi postali bancari e assicurativi. L’elenco comprende anche alberghi e call center, così come i servizi di assistenza sociale residenziali e non. Gli studi professionali non chiudono ma “restano ferme le previsioni di cui all’articolo 1, punto 7, decreto del presidente del Consiglio dei ministri 11 marzo 2020”. Tra i principali settori produttivi chiusi, invece, ci sono la metallurgia, sia produzione di acciaio che trasformazione, e l’edilizia. Il decreto stabilisce inoltre la proroga dal 25 marzo al 3 aprile dei provvedimenti fissati dal Dpcm dello scorso 11 marzo. Per le aziende che dovranno chiudere per effetto del decreto, c’è invece tempo fino al 25 marzo per effettuare “le attività necessarie alla sospensione”.
I sindacati minacciano sciopero
Il lungo elenco delle eccezioni è stato fornito come allegato dal sito del Governo. E non mancano le prime reazioni dei sindacati Cgil Cisl e Ul, che già nelle scorse ore con un comunicato congiunto avevano minacciato uno sciopero generale. “Sembra che l’Esecutivo intenda aggiungere all’elenco dei settori e delle attività da considerare essenziali nelle prossime due settimane per contenere e combattere il virus Covid-19, attività produttive di ogni genere”, hanno affermato i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, Maurizio Landini, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo. Le organizzazioni sono quindi “pronte a proclamare in tutte le categorie d’impresa che non svolgono attività essenziali lo stato di mobilitazione e la conseguente richiesta del ricorso alla cassa integrazione, fino ad arrivare allo sciopero generale”.
Vietato allontanarsi dal proprio Comune
Effetti immediati e più diretti ha invece il provvedimento per tutti i settori non specificamente elencati nel Dpcm odierno. Una breve ordinanza del ministero della Salute e del ministero dell’Interno proibisce ogni spostamento al di fuori del proprio comune. “E’ fatto divieto – si legge nell’ordinanza – a tutte le persone fisiche di trasferirsi o spostarsi con mezzi di trasporto pubblici o privati in comune diverso da quello in cui si trovano, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute”.