L’Italia chiude per Coronavirus. Il governo ha disposto la serrata di tutte le attività commerciali e di vendita al dettaglio. Fanno eccezione quelli che forniscono “beni di prima necessità”, farmacie e parafarmacie. Niente corsa alla cassa, quindi. I supermercati e gli alimentari resteranno aperti. Chiudono bar, pub, ristoranti, mense. Sì invece alle consegne a domicilio. Continueranno a operare trasporto pubblico e attività fondamentali come poste, banche. Le fabbriche continueranno a produrre, ma dovranno chiudere i reparti non essenziali. Le disposizioni saranno attive fino al 25 marzo.
Che cosa chiude
La stretta principale riguarda le attività commerciali. Alcune grandi catene di abbigliamento avevano già annunciato la chiusura, anticipando il provvedimento. Ristoranti, pub e bar, che fino a ora avevano la possibilità di lavorare tra le 6 e le 18, dovranno chiudere del tutto. La loro attività si restringe alle sole consegne a domicilio, sia in proprio che appoggiandosi alle piattaforme digitali.
Impianti industriali e agricoltura
Per quanto riguarda il settore produttivo, gli impianti industriali potranno continuare a operare, nel rispetto delle norme che tutelino i dipendenti. I comparti non essenziali alla produzione o quelli che possono sfruttare lo smart working devono però fermarsi. In sostanza: macchine e operai continueranno a lavorare, ma amministrazione e marketing potrebbero restare a casa. Stesse norme per il settore agricolo e per la trasformazione agroalimentare.
Cosa rimane aperto
Restano aperti poste, banche e altre pubbliche amministrazioni. Contrariamente a quanto chiesto dalla Lombardia (che per prima aveva fatto appello per una ulteriore stretta) resteranno operativi i trasporti pubblici. Aperte farmacie, parafarmacie e negozi di generi alimentari. Va quindi ribadito che non c’è alcuna necessità di correre nei supermercati. Non è prevista né la loro sospensione né sono all’orizzonte rischi di approvvigionamento. Nel testo del decreto, la lista delle attività è più ampia di quanto prospettato inizialmente. Hanno il permesso di restare aperti anche tabaccai, lavanderie e pompe funebri (ma con i funerali vietati), benzinai, negozi di apparecchiature informatiche, animali domestici, ottici, ferramenta, articoli igienico-sanitari ed edicole. Sembra quindi che la ratio sia non tanto basata sul tipo di attività (spesso si va oltre i servizi minimi essenziali) ma soprattutto sulla loro tendenza a creare assembramenti (come nel caso dei bar e dei ristoranti).
Possibili effetti tra due settimane
Annunciando i provvedimenti, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha spiegato la prassi del governo. Si è voluto “procedere gradualmente”, con tre provvedimenti nel giro di cinque giorni, per permettere ai cittadini di adattarsi. Adesso, però, “è il momento di fare un passo in più”. I risultati non si vedranno subito. “Non dobbiamo allarmarci se i casi aumenteranno nei prossimi giorni”. Il picco, quindi, non è ancora stato raggiunto. Se le misure di contenimento dovessero funzionare, si saprà “tra un paio di settimane”. Anche per questo motivo, ha spiegato Conte, non sono previsti a breve ulteriori decreti. L’Italia è praticamente ferma. Nuovi provvedimenti sarebbero, al momento, solo “una corsa cieca verso il baratro”.
Un commissario straordinario per la Sanità
Il governo nominerà un commissario delegato, “con ampi poteri di deroga nel settore sanitario”. Il nome è quello di Domenico Arcuri, amministratore delegato di Invitalia. Dovrà coordinarsi con la Protezione civile e gestire la distribuzione di attrezzature e posti letto in rianimazione.