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Covid, sipario sulla cultura: il conto per musica, musei e teatri

Per molti teatri è difficile quantificare i danni e programmare la prossima stagione. I concerti sono fermi. I musei temono, oltre ai danni economici, l'effetto distacco

Da un mese i sipari non si aprono, le sale cinematografiche sono vuote, non si producono dischi né libri, mentre i musei nel migliore dei casi si sono ridotti a tour virtuali. Come previsto dal dpcm del 4 marzo 2020, per arginare la diffusione del coronavirus, le attività artistiche sono state sospese su tutto il territorio nazionale con perdite copiose. In Sicilia, come nelle altre regioni italiane, si registra un trend doppiamente negativo non solo nel settore della cultura ma anche in quello del turismo, a cui spesso è legato.

Incassi, fondi pubblici e programmazione

Il comparto dello spettacolo, che incide per il 6,8 per cento sulle attività economiche del Paese, ha perso, stando alle stime di Fondazione Centro Studi Doc, circa otto miliardi in un solo mese. In Sicilia, Rete Latitudini, promotrice della drammaturgia contemporanea, ha fatto squadra con 90 organismi, molti dei quali privati, attivi nel mondo del teatro, della musica e della danza per chiedere sostegno alla Regione. Come spiega il vicepresidente, Silvio Parito, responsabile anche del settore organizzativo di Zo-Centro Culture Contemporanee a Catania, le preoccupazioni maggiori sono per i lavoratori e per i contributi pubblici. Per attingere al Fus e al Furs (i fondi nazionale e regionale per i lavoratori dello spettacolo) “in condizioni normali è necessario avere requisiti specifici come giornate lavorative, recitative e personale”. Ma allo stato attuale “nessuno è in grado di rispettare questi parametri”. Anche perché non si sa quando i teatri potranno effettivamente riaprire: “Speriamo nella stagione estiva ma è verosimile che prima di settembre nessuno potrà riprendere l’attività a pieno regime”, spiega Parito. “Per questo chiediamo allo Stato e alla Regione che i contributi pubblici finora previsti per la programmazione siano ugualmente ripartiti per sostenere enti e lavoratori”. Le strutture più solide riescono con facilità a stimare i mancati ricavi: “Come centro di ospitalità, Zo ha incassato nel 2019 con il solo botteghino 120 mila euro, quindi la perdita per noi si aggira intorno ai 10 mila euro al mese, a cui vanno aggiunte le spese vive e gli stipendi. Per le piccole compagnie, costrette a mettere sotto contratto gli attori solo per le giornate di spettacolo, sarà più difficile quantificare il danno”. Complicata si preannuncia anche la programmazione: “Ci apprestavamo a pianificare il 2021 ma lavorando con artisti in campo nazionale e internazionale dobbiamo prima capire cosa accadrà nel resto d’Italia e d’Europa”.

“Stato e Regione siano al nostro fianco”

Con il record di 163 mila presenze nel 2019 e un indotto stimato da Noi Albergatori Siracusa di 36,7 milioni di euro, anche l’Inda accusa il colpo. Il 26° Festival internazionale del teatro classico dei giovani, con inizio il 16 maggio, è stato già annullato e i tre titoli in allestimento (“Ifigenia in Tauride”, “Le baccanti” e “Le nuvole”) sono slittati di due settimane. “Faremo tutto il possibile per realizzare la stagione – spiega il sovrintendente Antonio Calbi – anche se molto dipenderà dall’evoluzione dell’epidemia e dalle nuove prescrizioni governative e regionali”. L’Istituto nazionale del dramma antico di Siracusa, che attira ogni anno migliaia di turisti provenienti da tutta Italia e dall’estero, probabilmente sposterà gli spettacoli verso l’estate piena anche se questa non è l’unica preoccupazione da affrontare. “A regime diamo lavoro a 300 persone, siamo dunque un’impresa a tutti gli effetti e come tale dobbiamo essere sostenuti. I nostri bilanci si basano per il 75 per cento sui ricavi da biglietteria. Conterremo al massimo i costi, ma è evidente che se il pubblico sarà inferiore, lo saranno anche i ricavi. Stato e Regione debbono essere al nostro fianco”.

Musica al collasso

Confindustria cultura stima un calo del 60 per cento nel mercato discografico fisico e un blocco totaleper l’attività di brand partnership e product placement di nuovi brani. Così un mercato che vale circa 200 milioni di euro e che negli ultimi anni era riuscito a rialzarsi, anche grazie al digitale, subisce un nuovo pesante contraccolpo. A oggi, circa 3 mila concerti sono stati rinviati o cancellati. La perdita accumulata dall’inizio dell’emergenza fino al 3 aprile è stimata in 40 milioni. E continuerà a lievitare, visto che non ci prevedono riaperture a breve. “Se consideriamo che gli ascolti su Spotify e Apple Music sono drasticamente calati, ci rendiamo conto della situazione drammatica in cui versa il resto del settore”, sottolinea Giuseppe Strazzeri, manager dell’etichetta Mhodì. “Le case discografiche in Sicilia sono già una nicchia, con una catastrofe di questa portata diventa difficile pensare al futuro, anche perché non sappiamo quando rientreremo degli investimenti fatti”. E da rivedere ci sono anche le produzioni in uscita: “Stavamo ultimando, in studio, la registrazione del nuovo album di Nico Gulino. Ovviamente le date nei club sono saltate e lo stesso vale per i videoclip, per cui la ripresa sarà molto difficile”. Se gli artisti cercano di mantenere un contatto con i loro fan attraverso i social network, la situazione è più seria per il resto dei lavoratori: “Per i soci e gli amministratori non sono stati ancora previsti aiuti ai quali attingere”.

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Musei, la perdita non è solo economica

Il settore museale in Sicilia negli ultimi tempi aveva registrato una crescita esponenziale. “Noi alla Galleria d’arte moderna di Palermo abbiamo un’affluenza annua di circa 30-35 mila presenze”, evidenzia la direttrice Antonella Purpura. La chiusura ha già fatto saltare la stagione delle gite, una delle più ricche. “Ma la perdita non sarà solo economica. Temiamo che il pubblico si allontani, per questo stiamo cercando di tenere viva l’attenzione sui social e con Google Art Project, attraverso cui è possibile visitare virtualmente la galleria e fare approfondimenti”. Essendo a sovvenzione comunale, i dipendenti del museo non rischiano il licenziamento. Ma “le perdite economiche ci sono, la società che gestisce i servizi aggiuntivi sta risentendo di questa situazione e stiamo perdendo gli incassi del bookshop e della caffetteria che contribuivano a rendere meno onerosa la gestione per il comune”. Agcult parla di un danno nazionale paria 20 milioni di euro netti al mese: “Noi – spiega Purpura – non facciamo business ma stiamo già immaginando forme nuove di fruizione”.

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Laura Cavallaro
Laura Cavallaro
Giornalista pubblicista e critica teatrale, associata all’Anct (Associazione Nazionale dei Critici di Teatro), si è laureata con lode in Comunicazione all’Università di Catania scrivendo una tesi dal titolo “Mezzo secolo di teatro: l’avventura dello Stabile catanese”. Da oltre dieci anni collabora con diverse testate giornalistiche, cartacee e online, di approfondimento culturale ed economico

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