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Economia debole ma debito ridotto: perché Moody’s salva la Sicilia

L'agenzia ha confermato il rating a Ba1, con outlook stabile. Occupazione, ricchezza e produttività sono al palo, ma la giunta Musumeci ha assunto una strategia "credibile"

Moody’s promuove la Sicilia: l’agenzia americana ha confermato il rating della regione a Ba1, con outlook stabile. Vuol dire che la valutazione del rischio regge e che non ci sono immediate prospettive di peggioramento. È un segnale di fiducia, accompagnato da una serie di valutazioni che lodano il lavoro fatto dalla Regione. Certo, la promozione arriva in una classe di ripetenti (Ba1 è nel perimetro dei titoli speculativi e non in quello degli investimenti). Quando però uno studente è stato discolo a lungo, i suoi passi avanti vanno sottolineati. Nel rapporto di Moody’s, al di là di due lettere e un numero, c’è tanto di buono, anche se i problemi economici sono sempre lì, a partire dalla disoccupazione.

Cosa ha convinto Moody’s

Il giudizio – scrive l’agenzia di rating – riflette “i positivi risultati operativi della Regione”, raggiunti soprattutto grazie a “notevoli miglioramenti” nel campo della spesa sanitaria. Il maggiore equilibrio del debito non poteva che passare da qui, visto che la sanità pesa per la metà della spesa regionale. Si tratta, è bene ricordarlo, di una valutazione finanziaria, non legata alla qualità dei servizi offerti. Moody’s riconosce anche “gli sforzi fatti dall’amministrazione negli ultimi anni”, tra i quali si segnala un taglio delle spese operative del 9 per cento tra il 2016 e il 2018. Si arriva così a un “debito in calo” e a una disponibilità di liquidità definita “confortante”. Merito anche del rating dell’Italia, che con Baa3 (tre gradini meglio della Sicilia, com’è normale che sia per uno Stato sovrano) e outlook stabile “provvederebbe a supportare la Regione” nel caso in cui la disponibilità immediata di risorse dovesse finire sotto pressione.

L’andamento del debito in Sicilia

Un elemento deciso, scrive Moody’s, è stata la riduzione del debito: è passato dai 7,7 miliardi del 2017 ai 7,4 del 2018. E nel 2020 scenderà sotto i 7 miliardi. La cifra resta consistente, ma va valutata – oltre che in termini assoluti – in rapporto alle entrate d’esercizio. Proprio come avviene per una famiglia, un prestito pesa di più se si guadagna poco. Nel 2016, l’ammontare del debito equivaleva alla metà degli incassi regionali. Nel 2017 l’incidenza è scesa al 48,5 per cento. Alla fine del 2019 sarà al 44,8 per cento e nel 2021 dovrebbe attestarsi al 43,2 per cento. In poche parole: il debito sta diventando più sostenibile. La Sicilia – sottolinea l’agenzia di rating – sta segnando una discontinuità con gli anni passati, durante i quali grandi investimenti e il ritardo nell’arrivo dei fondi statali aveva “spinto la crescita del deficit finanziario”, poi stratificatosi anno dopo anno in debito.

Più leggero e meno costoso

Altro elemento positivo: il debito, oltre che più leggero, è anche meno costoso. Gli interessi e gli altri costi da pagare oltre alla somma ricevuta in prestito, nel 2018, hanno “assorbito un modesto 3,3 per cento” degli incassi regionali. E, anche grazie al rating stabile, la quota dovrebbe scendere sotto il 3 per cento tra il 2019 e il 2021. Le cifre confermano quelle pubblicate dall’ultimo “Bollettino sul fabbisogno finanziario della Regione Siciliana”: “Il contenimento del ricorso all’indebitamento” ha portato a una “riduzione dell’incidenza della spesa per interessi e le iniziative adottate sin dall’insediamento del Governo Musumeci al fine di migliorare la composizione quantitativa del debito stesso mediante rinegoziazione dei derivati”. Lo stock del debito a carico della Regione al 30 settembre 2019 è sceso sotto i 5 miliardi (cifre che non si vedevano dal 2010) e l’indebitamento complessivo (che include le anticipazioni di liquidità) ammonta a 7,4 miliardi, quasi il 10 per cento in meno rispetto al 2016. Non proprio spiccioli, tanto che per Moody’s il debito resta “moderatamente alto”. Ma l’agenzia definisce la sua gestione “credibile” e “prudente”.

I (soliti) punti deboli

La conferma del rischio creditizio è senza dubbio una buona notizia. Ma il rapporto di Moody’s non tace le zone opache. Innanzitutto si parte pur sempre da un rating non certo agevole: Ba1 vuol dire che le obbligazioni dell’emittente sono “elementi speculativi”, che nel lungo periodo, “la garanzia di interessi e capitale è limitata e può venir meno in caso di future condizioni economiche sfavorevoli”. In sintesi: se si presta denaro alla Sicilia, è ragionevole pensare di riaverlo indietro. Il campo delle certezze, tuttavia, è altrove. Nonostante i passi avanti, si legge nel rapporto, restano “difficoltà nella razionalizzazione dell’ingombrante amministrazione regionale”, che “richiederebbe maggiore efficienza”. Persiste poi “la necessità di grandi investimenti” e “le pressioni nel lungo termine del sistema pensionistico”. La grande macchina siciliana ha fame e ha bisogno di molto carburante per muoversi. Il vero nodo sta però negli “indicatori socio-economici deboli”: il lavoro, le imprese e le persone. La regione non cresce, la produttività è bassa, la disoccupazione elevata e il mercato del lavoro “rigido”. Caratteristiche che si riflettono non solo sulla ricchezza (il Pil pro-capite è il 36 per cento inferiore alla media italiana) ma anche sulla spesa pubblica (che, viste le difficoltà, riceve pressioni al rialzo). Il fatto di avere grande autonomia concessa dallo statuto speciale, porta vantaggi, ma significa anche “incrementare la dipendenza dall’economia locale”. Se non gira quella, trovare l’equilibrio di bilancio diventa complicato.

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Paolo Fiore
Paolo Fiore
Leverano, 1985. Leccese in trasferta, senza perdere l'accento: Bologna, Roma, New York, Milano. Ho scritto o scrivo di economia e innovazione per Agi, Skytg24.it, l'Espresso, Startupitalia, Affaritaliani e MilanoFinanza. Aspirante cuoco, sommelier, ciclista, lavoratore vista mare. Redattore itinerante per FocuSicilia.

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