“Non ho alternative, e neanche le voglio cercare: ho scelto di fare questo dieci anni fa, e nonostante le immense difficoltà continuerò”. Non ha dubbi Emanuele Feltri, 39 anni, nove dei quali trascorsi a cercare di cambiare il suo piccolo angolo di Sicilia, sei ettari di terra nella valle del Simeto. Ci era arrivato, trentenne, con un diploma da perito agrario quasi dimenticato e anni di attivismo politico, di sinistra. E idee rivoluzionarie, almeno per il contesto dell’entroterra etneo. “Nel 2010 – racconta – ho venduto la mia casa a Catania per comprare qui in contrada Sciddicuni, vicino Paternò, un uliveto e un agrumeto. L’obiettivo era anche politico: volevo coltivare in modo naturale, biologico, trasformando parte della proprietà in fattoria didattica. Ci sono riuscito, per un po’ di tempo”. Perché Feltri, in questi nove anni, ha dovuto affrontare la siccità, gli incendi dolosi, le intimidazioni: nel 2013 la sua storia ebbe eco nazionale dopo il ritrovamento di quattro pecore sgozzate davanti casa. Un episodio per le cui modalità la procura di Catania non ebbe dubbi nel classificarlo come intimidazione di tipo mafioso. E dal quale è uscito, inizialmente, vincitore, almeno per tre anni. Fino all’arrivo della siccità nel 2016, e dei devastanti incendi dolosi negli ultimi due.
Dall’attentanto alla siccità. E un crowdfunding per sperare
“Dopo l’uccisione delle pecore ho girato tutta Italia alla ricerca di contatti. Con altri agricoltori della zona siamo riusciti a impostare un circuito di vendita del nostri prodotti biologici, olio, agrumi ed ortaggi, tramite gruppi d’acquisto”. I riscontri erano positivi, tanto che anche a Milano Ri-Maflow, esperienza di lavoro cooperativo tra le più note di Italia, ne curava la distribuzione. “Poi le sorgenti dalle quali prendevamo l’acqua si sono prosciugate, e poco dopo hanno iniziato a bruciare i terreni e gli ulivi, alberi secolari non sostituibili in tempi brevi”. Problemi comuni “a tutti nella zona, gli incendi vengono appiccati dai pastori per far spazio”, specifica Feltri, tanto che molti agricoltori hanno lasciato la contrada. “Eravamo sette produttori consorziati, oggi siamo rimasti in tre, io la mia compagna e un amico con un terreno vicino. La collina si sta desertificando. Per questo ho lanciato un crowdfunding, una raccolta fondi: ci servono ventimila euro per realizzare una condotta per l’acqua da un pozzo distante 800 metri su cui abbiamo dei diritti, e una barriera antifuoco meccanizzata che ci consentirà di proteggere la collina”.

“Scardinare la filiera che porta ad abbattere i costi”
Nonostante il suo terreno si trovi a pochi metri dal fume Simeto, il più grande bacino idrografico della Sicilia, “il consorzio di bonifica regionale non porta l’acqua, dobbiamo quindi rivolgerci a privati a prezzi esorbitanti. E l’unico modo per sopravvivere -prosegue Feltri -, sarebbe quello di pagare il lavoro in nero. Ma non ci sto: i prezzi sono ancora stabiliti dalla grande distribuzione che controlla il mercato degli agrumi, e voglio ancora scardinare la filiera che ti porta a fare tutto abbattendo i costi. Sono stanchissimo mentalmente e fisicamente di questa lotta, ed è per questo che a metà agosto, in maniera provocatoria, ho messo in vendita parte del terreno”. Un gesto che ha portato subito tanti messaggi di solidarietà e offerte di aiuto economico, “da qui l’idea di mettere il mio iban online su Facebook per raccogliere fondi, e in due settimane sono già arrivati 2 mila e 200 euro”

Tornare alle origini. Grazie all’agronomia moderna
La contrada Sciddicuni in meno di dieci anni si è trasformata: al posto delle colline piene di uliveti c’è ormai quasi un deserto. “E pensare che fino a trent’anni fa qui, con micro appezzamenti da un ettaro assegnati negli anni ’50 grazie alla riforma agraria, vivevano famiglie intere. Io con sei ettari oggi ho difficoltà a coprire le spese con una compagna e una figlia”. Feltri stesso ha comprato il terreno da un anziano “lo abbiamo sempre chiamato ‘il compagno Zappalà’, e dai suoi racconti qui l’acqua non mancava, anche perché c’erano gli alberi. In fondo – conclude Feltri – in quello che voglio fare di innovativo c’è poco: agricoltura tradizionale con alcuni accorgimenti dell’agronomia moderna. Per andare avanti”.