Per il turismo in Sicilia l’estate 2023 è carissima, con prezzi aumentati dell’8,8 per cento. Significa una spesa di 184,7 milioni di euro in più rispetto al 2022, secondo i calcoli effettuai dall’istituto di ricerca Demoskopika. La stagione turistica in Italia si prepara a “una stangata da 3,9 miliardi di euro“, scrive l’istituto, e non è tutto frutto dell’inflazione. L’indice generale dell’aumento dei prezzi calcolato da Istat per l’Isola si ferma infatti al 5,8 per cento, con uno “scarto inflazionistico” che per la Sicilia è del 3 per cento tra i beni di consumo e il settore turistico. Si tratta quindi di aumenti specifici del paniere “vacanza”, formato dai servizi ricettivi e di ristorazione passando per quelli ricreativi e culturali fino ai trasporti, quasi tutti cresciuti nel 2023 più dell’inflazione generale. Il rincaro maggiore riguarda però il trasporto aereo: un biglietto costa in media il 23,5 per cento in più.
Il “caro voli” nazionale pesa più di tutto
L’aumento dei prezzi in Sicilia vede un dato leggermente inferiore al resto d’Italia, dove si arriva a un aumento medio del’8,9 per cento per il turismo, contro una inflazione media del 5,6 per cento. Nel quadro del “caro vacanza“, a pesare maggiormente sono in particolare i voli nazionali, più cari rispetto allo scorso anno del 28,9 per cento, mentre i voli esteri si fermano a un aumento del 21,9 per cento. Non è una novità – da mesi è in corso un acceso scontro tra la Regione siciliana e le principali compagnie aeree – ma il dato assume una sfumatura più greve in una Sicilia che da due settimane fa i conti con le conseguenze dell’incendio all’aeroporto di Catania della notte tra il 16 e il 17 luglio. In questo quadro Demoskopica sottolinea come anche i pacchetti vacanza siano carissimi (17,7 per cento di aumento), in particolare quelli nazionali (più 18,4 per cento, effetto del caro voli), mentre l’aumento per quelli internazionali si ferma al 2,6 per cento.
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Quanto l’incendio a Fontanarossa peserà sulle presenze
Gli effetti della chiusura parziale di Fontanarossa si vedono già, tanto che all’indomani del rogo l’associazione degli operatori turistici Fiavet-Confcommercio dichiarava come le nuove prenotazioni fossero “pari a zero”. Tutto a causa della “cattiva pubblicità” generata dai tanti voli dirottati e cancellati, di cui il 28 luglio è diventato simbolo “grafico” il volo Lufhtansa LH306 da Francoforte: pronto ad atterrare a Catania, è stato dirottato su Malta. E la traiettoria seguita dal pilota, immortalata sul sito “Flightradar24“, forma un disegno volgarmente eloquente. Quanto questo calo, ancora da confermare con dati ufficiali, peserà alla fine della stagione turistica sugli arrivi è però ancora da vedere.
I turisti del 2023 in Sicilia sono stati stimati da una precedente indagine di Demoskopika in aumento fino a 68 milioni in Italia (il 51 per cento dall’estero) per il 2023 (più 4,3 per cento sul 2022), di cui 2,89 milioni in Sicilia (più 3,5 per cento), corrispondenti a quasi 267 milioni di pernottamenti per tutto il Paese (crescita del 3,2 per cento) e a 9,54 milioni per l’Isola (più 3,1 per cento sul 2022). Si tratta di stime che proiettavano sia l’Italia che la Sicilia ai livelli “pre-Covid” del 2019, e con una spesa turistica addirittura maggiore, anche senza considerare l’inflazione. La stima della spesa totale in Italia era infatti prevista in aumento del 5,4 per cento, passando da 43,56 miliardi di euro del 2022 a 45,9 miliardi del 2023, cifra a cui aggiungere il “costo” dei rincari calcolato oggi in 3,9 miliardi di euro. La spesa era prevista in aumento anche per la Sicilia, ma solo del 1,3 per cento, passando da 2 miliardi e 105 milioni a 2 miliardi e 132 milioni, con anche qui i costi dei rincari (stimati in 184,7 milioni) esclusi. Quanto di questa cifra verrà erosa (le stime parlano di un costo di 40 milioni al giorno di perdita dall’incendio all’aeroporto Fontanarossa), è tutto da vedere.
Aumentano i prezzi degli alloggi, ma non quelli dei taxi
Per la costruzione del paniere turistico sono state individuate da Demoskopika le voci dalla classificazione per gli indici dei prezzi al consumo European Classification of Individual Consumption by Purpose (ECOICOP), con i dati riferiti a giugno e provenienti dalle banche dati Eurostat e Istat. E non mancano le sorprese. I servizi di trasporto sono aumentati in Italia del 9,8 per cento, un valore inferiore alla media dell’area Euro dove i prezzi sono aumentati del 12,3 per cento. In Italia, escludendo i voli aerei si scopre inoltre come i prezzi di un servizio molto utilizzato dai turisti, il taxi, siano aumentati meno dell’inflazione, ovvero del 1,3 per cento, così come su percentuali inferiori all’aumento generale dei prezzi si mantengono i rincari di treni (2,5 per cento), autobus e pullman (2,6 per cento), e anche il trasporto marittimo (4,6 per cento). Rincari minimi anche per i servizi ricreativi e culturali (3,6 per cento, contro il 4,8 dell’area Euro). Tolti i voli, gli aumenti più consistenti sono quindi per servizi ricettivi e di ristorazione, più 7,5 per cento. Scorporando il dato, mentre la ristorazione segna un aumento tendenziale a giugno 2023 del 6,3 per cento, gli alloggi crescono fino al 12,8 per cento.
Francia, Grecia e Spagna fanno meglio dell’Italia
Il dato dei rincari turistici siciliani e italiani diventa ancora più significativo se si confronta con i maggiori Paesi turistici dell’area Euro. Per i trasporti l’aumento in Francia si ferma al 6 per cento, in Grecia al 1,4 per cento, mentre in Spagna c’è una flessione in doppia cifra, meno 16,1 per cento. Nei servizi ricettivi e della ristorazione (più 7,5 per cento in Italia, calcolando Demoskopica la crescita su base tendenziale dell’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA), il un differenziale inflazionistico è di più 1,9 punti percentuali rispetto alla Francia (5,6 per cento), di più 1,8 punti percentuali rispetto alla Grecia (5,7 per cento di aumenti) e di più 1,5 punti percentuali rispetto alla Spagna (più 6 per cento di aumenti). Unico aspetto dove l’Italia registra rincari contenuti è nei servizi ricreativi e culturali, cresciuti solo del 3,6 per cento a fronte del 4,8 per cento di aumento in Francia e del 4 per cento in Spagna, mentre la Grecia si ferma a un aumento del 3,3 per cento.
L’aumento dei prezzi più alto è in Lazio
A livello italiano sono cinque i sistemi turistici regionali in cui la crescita dei prezzi risulta più alta rispetto al dato nazionale. La prima regione è il Lazio (più 9,5 per cento) con un impatto sulla spesa turistica pari a 362 milioni di euro. Segue la Lombardia (più 9,2 per cento) con un impatto pari 389 milioni di euro. Terze Toscana e Molise (più 9,1 per cento) con impatto rispettivamente pari a 595 milioni di euro e a 5 milioni di euro, molto differente dovuto alla sproporizione dei flussi turistici nelle due regioni: circa 7,5 milioni di arrivi in Toscana, appena 75 mila in Molise. Quinta regione sopra la media è infine la Campania (più 9 per cento) con un impatto pari a 234 milioni di euro. Da segnalare inoltre il Veneto, la regione con più turisti d’Italia con oltre 10 milioni di presenze, che pur registrando una “inflazione turistica” del 8,8 per cento, avrà una crescita stimata nei costi pari a 562 milioni. Sul versante opposto, nelle posizioni più basse per incremento minore rispetto all’inflazione acquisita italiana per il mese di giugno dell’anno in corso si collocano altre cinque aree regionali: Valle d’Aosta (più 7,9 per cento) con un impatto pari 20 milioni di euro, Trentino Alto Adige (più 8 per cento) con un impatto pari a 197 milioni di euro, Basilicata (più 8,2 per cento) con un impatto pari a 20 milioni di euro, Abruzzo (più 8,4 per cento) con un impatto pari a 51 milioni di euro, e Marche (più 8,3 per cento) con un impatto pari a 79 milioni di euro.