Non si può prevedere quando avverrà un’eruzione, ma basta qualche minuto per prevedere il percorso di una colata lavica. Da una bocca esistente o potenziale e in qualsiasi punto del vulcano. L’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia di Catania ha sviluppato delle simulazioni del rischio legate al flusso di lava dell’Etna ed è in grado di costruire uno scenario in tempo reale attraverso tecnologie informatiche avanzate. A cosa può servire tutto questo? Innanzitutto a individuare rapidamente le linee guida operative nel momento dell’eruzione, per le operazioni di Protezione civile e per la messa in sicurezza delle aree coinvolte e l’eventuale evacuazione delle popolazioni. Poi, a incoraggiare una migliore pianificazione dell’uso del territorio. La popolazione che vive nell’area etnea è quasi triplicata negli ultimi 150 anni e questo è il risultato di una sottovalutazione del rischio vulcanico che ha portato a un uso inappropriato del suolo nelle aree vulnerabili.
Gli studi dell’Ingv e le simulazioni delle colate
Se è vero che l’Etna non ha mai ucciso nessuno, perché c’è tutto il tempo per salvare le persone mentre la colata avanza, è anche vero che i flussi di lava rappresentano la più grande minaccia a popolazione e infrastrutture. Conoscere le zone maggiormente esposte al rischio potrebbe contribuire ad una pianificazione urbanistica mirata, un po’ come avviene per la microzonazione sismica. In tre ricerche del 2013, 2016 e 2020 pubblicate sul Geological Society of America Bulletin, l’Ingv ha simulato i percorsi delle colate, basandosi su dati storici, sensori sul campo e immagini satellitari. Uno degli autori, Ciro Del Negro, è il responsabile della pericolosità vulcanica dell’Ingv di Catania. “È stato sviluppato – spiega – un modello fisico-matematico, Magflow, per simulare il percorso di una colata di lava su una topografia reale. Una simulazione di una colata rappresenta un possibile scenario eruttivo che per una parte cerca di riprodurre il campo lavico eruttato sino a quel momento e per un’alta parte cerca di prevedere il più probabile percorso della colata nei giorni futuri”.

Fonte: Ingv – Geological Society of America Bulletin
Il fianco Sud-orientale è il settore più pericoloso
“Gli effetti delle colate laviche possono essere ridotti o eliminati da un’attenta pianificazione anticipata, in modo che città e strutture vulnerabili siano costruite lontano o al di sopra di probabili percorsi di colata lavica” si legge nel primo studio Ingv del 2013. mentre l’ultima ricerca del 2020 evidenzia che “i livelli di rischio più elevati sono stati ottenuti nella disabitata Valle del Bove e lungo le porzioni superiori delle spaccature Sud e Nord-est. Sono stati trovati livelli di esposizione più elevati nelle vicinanze della costa orientale, dove la popolazione è concentrata in aree urbane più ampie con criticità per le infrastrutture. Combinando la posizione dei principali centri abitati sull’Etna con quelli in cui il pericolo è alto, abbiamo identificato il fianco Sud-orientale come il settore con la più alta esposizione al livello globale di rischio, dovuto a eruzioni effusive dalle bocchette poste sui fianchi del vulcano”.

Incrociare simulazioni e pianificazione urbanistica
Non esiste finora alcun obbligo per i Comuni di tenere conto di queste simulazioni nella pianificazione urbanistica, allo scopo, ad esempio, di alleggerire la densità edilizia territoriale in alcune aree. “L’ipotesi non è per nulla astratta, sarebbe opportuno incrociare simulazioni e urbanistica – osserva il sindaco di Zafferana Etnea, Alfio Russo – anche se negli studi di pianificazione urbanistica teniamo già conto della microzonazione sismica e per questo abbiamo un territorio particolarmente vincolato”. Per Salvatore Greco, sindaco di Santa Venerina, “l’urbanizzazione dei comuni etnei è tutto sommato abbastanza lontana da questo pericolo immediato, perlomeno considerando che i periodi di ritorno di dei grandi eventi eruttivi sono plurisecolari. Un pericolo troppo lontano per essere tenuto presente in una pianificazione. Potrebbe avere un senso limitatamente ai territori fortemente esposti. Noi siamo più preoccupati dalle faglie: siamo stati Comune pilota nel 2002 per la microzonazione sismica”.
Deviare, evacuare o pianificare: un dibattito aperto
“L’ipotesi di tenere conto dell’esposizione vulcanica ha una sua logica – aggiunge il sindaco di Belpasso, Daniele Motta – e tuttora l’unica pianificazione che ricordo è sommaria ed è stata fatta dal Parco dell’Etna. I criteri sono quelli dell’altitudine e prevedono che fino a oltre determinate quote non si possa costruire. Per il resto, non c’è una microzonazione vulcanica. Ci vorrebbe uno studio ben fatto, come avvenuto per la microzonazione sismica. Si potrebbe aprire un dibattito su questo tema”. Quanto sia fattibile o conveniente approfondire l’argomento, resta tutto da valutare. Partendo magari da un’analisi costi-benefici e da un paio di interrogativi. Con quale ricorrenza la lava arriva a devastare infrastrutture e insediamenti umani? Costa più deviare la lava dal suo percorso, come si tentò di fare ad esempio nel 1983 nel pressi di Monte Vetore o nel 1993 a Zafferana, oppure trasferire beni e persone in aree a rischio minore? In ottica di prevenzione, forse una soluzione intermedia è proprio una lungimirante pianificazione dei territori. Tema che – sappiamo bene – richiede una straordinaria sensibilità.