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Eurispes: Stato nordista. Sul Sud “spudorate menzogne”

La fotografia che fa Eurispes dell'Italia vede un paese in declino che riesce solo a galleggiare. A Sud non si fanno neanche le terapie specialistiche

Il Nord arranca e il Sud retrocede. È la fotografia che emerge dal rapporto Italia 2020 a cura di Eurispes. L’Italia è definita “un Paese che galleggia, lontano dalla politica, dal Governo e dal Parlamento”. Un Paese “incattivito” che punta sempre più il dito contro lo straniero e giustifica episodi di razzismo e antisemitismo. Si sostituiscono i figli con gli animali e aumenta la sensibilità ai temi ambientali, ma la maggior parte è convinta che pagare le tasse non sia indispensabile per avere un livello accettabile di servizi pubblici. Sono tanti quelli che giustificano l’evasione i cui dati si aggirano sui 110 miliardi di euro. Vanno male le cose in Italia e peggio al Sud e non per colpa sua. Lo dicono chiaramente da Eurispes che non è vero che il Sud è la sanguisuga d’Italia, anzi.

I numeri siciliani

La Sicilia è tra le cinque Regioni in cui si sono chiuse più imprese artigianali tra il 2009 e il 2018. In testa c’è la Sardegna (-18), seguita da Abruzzo (-17,2), Umbria (-15,3), Basilicata e Sicilia (-15,1). Un dato che accomuna tutto il territorio ma “una maggiore sofferenza si registra nel Mezzogiorno, dove ad essere state soppresse sono 52.306 aziende”. C’è crisi nel lavoro e un terzo degli italiani è dovuto ricorrere al sostegno economico della famiglia di origine per far fronte alle difficoltà economiche. Un dato che sale a quasi il 42 per cento nelle Isole. Qui c’è anche il maggior numero di persone (28 per cento a fronte di una media nazionale del 21,5) di chi ha dovuto accettare di lavorare senza contratto. Sicilia e Sardegna hanno anche un altro primato: l’emigrazione. Quasi il 60 delle famiglie del Sud ha almeno un membro che si è trasferito in Italia (per lo più, 40 per cento) o all’estero, percentuale che nelle Isole è pari a 56 punti.

In Sicilia si rinuncia alle visite specialistiche

A fronte di difficoltà lavorative ed economiche scendono anche i livelli di cura e prevenzione. Ancora una volta soprattutto nelle Isole. Secondo i dati Eurispes, il 32,5 per cento degli italiani e il 45,6 degli isolani ha rinunciato a effettuare controlli medici di prevenzione. Il 27 per cento ha tagliato sulle spese dentistiche (44,8 nelle Isole) e il 25 per cento ha fatto a meno di trattamenti ed interventi estetici (39 in Sicilia e Sardegna). Dati rilevanti anche quando si parla di malattie particolari che necessitano visite, operazioni o terapie specialistiche. Il 20 per cento della popolazione vi ha rinunciato. Percentuale che sale a 40 per gli isolani italiani. Difficoltà che emergono anche quando si guarda alla conduzione della vita quotidiana, di giovani e vecchi. Sebbene necessaria, nelle Isole si è rinunciato, in oltre il 43 per cento dei casi, a fare riparare l’auto e nel 44 per cento ad avere una badante.

Programmi di sviluppo regionali

Nonostante tante politiche per appiattire le distanze, molte europee, non molto è cambiato. Colpa anche delle regioni che non hanno speso quanto stanziato. E peggio fanno quelle in ritardo nello sviluppo quali Calabria, Campania, Puglia e Sicilia. Qui la spesa è mediamente minore di quella media nazionale (18 per cento contro 23). Tuttavia, dicono da Eurispes, “se consideriamo gli impegni di spesa, le stesse regioni raggiungono in media il 72 per cento dell’intera programmazione, che è un dato più alto del 3 per cento rispetto alla media nazionale”. Anche il governo nazionale, ancora una volta, ha le sue colpe tanto che la Commissione Ue “ha inviato una lettera al Governo italiano richiamandolo sulla necessità di adeguare il livello d’investimenti pubblici nel Mezzogiorno”. Addirittura, i Fondi di coesione assegnati all’Italia dall’Unione europea “benché destinati per l’85 per cento al Sud, sono stati spesi invece per il 73 per cento al Centro-Nord”.

Il Mezzogiorno vittima di “spudorate menzogne”

Secondo l’istituto di ricerca il Mezzogiorno è vittima di “spudorate menzogne” e “nonostante la grande disponibilità di dati e informazioni, stenta ad affermarsi e diffondersi una percezione oggettiva della realtà”. Proliferano invece “letture dannose e autolesioniste per l’intero Paese”. Sì perché l’Italia ha due velocità e due misure, ma per molti non è ancora chiaro che se affonda una parte affonda tutto. Non sembra esserlo neanche per lo Stato che continua a investire diversamente. Basti pensare che nel 2016 ha speso una media di tre mila euro in meno per ogni abitante del Sud e nel 2017 ha allargato la forbice. Cifre che, sommate negli anni, hanno aggravato le differenze tra le parti del Paese con una stima in negativo per il Sud, dal 2000 al 2017, di “più di 840 miliardi di euro, netti (in media circa 46,7 miliardi di euro l’anno)”.

L’economia del Nord dipende dal Sud

A tutto questo va aggiunto che sono proprio i cittadini del Sud a garantire benessere al Nord, dal momento in cui “il prodotto interno lordo al Nord Italia dipende molto poco dalle esportazioni all’estero e per grossissima parte, invece, dalla vendita di prodotti al Sud”. Una situazione di “quasi monopolio economico esercitato da parte del Nord sul mercato meridionale e nazionale, imposto e instaurato nei primi anni dell’Unità”. Un meccanismo che garantisce il rientro, maggiorato, dei “tanto discussi trasferimenti da Nord a Sud” che gli autonomisti vorrebbero bloccare. Secondo Eurispes però “il primo a farne le spese sarebbe proprio il Nord”. L’istituto di ricerca fa riferimento a uno studio della Banca d’Italia che “dimostra in modo inconfutabile” questo legame. “A conti fatti, a fronte dei 45 miliardi di euro di trasferimenti che ogni anno si sono spostati da Nord a Sud, ve ne sono stati altri 70,5 pervenuti al Nord compiendo il percorso inverso”.

Leggi anche – Voglia di autonomia? “Presa per fessi a danno del Sud”

Se cresce il Sud cresce il Paese

Insomma, i trasferimenti che arrivano al Sud ogni anno “se da un lato assicurano al Nord reddito e occupazione, dall’altro tengono il Sud fuori mercato”. La tendenza potrebbe cambiare e, come conferma Bankitalia citata da Eurispes, investire nel Sud sarebbe un beneficio per l’intero Paese perché “l’aumento di un solo euro del Pil al Sud produce una crescita di 40 centesimi del Pil al Centro-Nord”, mentre “l’aumento del Pil di un euro al Centro-Nord determina una crescita per l’intero Paese di soli 10 centesimi”.

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Desirée Miranda
Desirée Miranda
Nata a Palermo, sono cresciuta a Catania dove vivo da oltre trent'anni. Qui mi sono laureata in Scienze per la comunicazione internazionale. Mi piace raccontare la città e la Sicilia ed è anche per questo che ho deciso di fare la giornalista. In oltre dieci anni di attività ho scritto per la carta stampata, il web e la radio. Se volete farmi felice datemi un dolcino alla ricotta

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