I colori cupi prevalgono, ma in Sicilia c’è qualche schiarita. L’occupazione è tornata a crescere nel 2019, l’export ha galoppato negli ultimi due anni (per poi frenare in questi mesi), la crescita del Pil 2018 è stata rivista al rialzo (pur rimanendo sotto la media del Mezzogiorno). È il quadro emerso dal rapporto di Irfis e Svimez “La Sicilia, il Mezzogiorno i ritardi e le opportunità di investimento”
Pil, avanti adagio
“L’economia siciliana è ripartita”, esultano dalla Regione. Il dato più confortante riguarda il numero degli occupati: +0,3 per cento nel 2019. Cresce, dunque, in controtendenza rispetto a un Mezzogiorno che registra segno meno. La Sicilia marcia allo stesso ritmo della media del Paese. Altro dato: il Pil. Nel 2018 è cresciuto più del previsto. La Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza della Regione Siciliana aveva previsto un progresso dello 0,3 per cento. Il Rapporto Irfis-Svimez arriva allo 0,5 per cento. Meglio, soprattutto se si considera che l’anno precedente il prodotto interno lordo si era contratto dello 0,3 per cento (ben al di sotto di una Paese e di un Mezzogiorno che avanzava a ritmo ben più sostenuto). Si tratta, però, pur sempre di decimali che vanno osservati in prospettiva. La crescita dello 0,5 per cento avvicina la Sicilia al resto del Paese, ma il dato è inferiore sia rispetto a quello del Meridione (+0,6 per cento) che rispetto alla media del Paese (+0,9 per cento). Numeri, quindi, positivi ma non troppo. Visto che ampliano quello che il rapporto definisce un “doppio divario”: quello tra Sud e Nord si divarica mentre l’Italia si allontana dal resto d’Europa. E il 2019-2020 potrebbe andare peggio. Svemez prevede una recessione nel Mezzogiorno quest’anno e una stagnazione nel prossimo. Guardando nel lungo termine, c’è anche un latro problema: la “trappola demografica”: nel 2065 la popolazione in età da lavoro diminuirà del 15 per cento nel Centro-Nord (-3,9 milioni), del 40 per cento nel Mezzogiorno (-5,2 milioni) e del 36 per cento in Sicilia (-1,2 milioni).
L’export traina la crescita
Nel 2019, le esportazioni stanno vivendo un momento di difficoltà. Ma nel 2018 sono state i propulsore che ha permesso all’economia siciliana di svoltare in positivo. Secondo quanto presentato dal direttore di Svimez, Luca Bianchi, nel 2017 e nel 2018 l’export siciliano è cresciuto, come il resto del Meridione, a ritmi superiori rispetto al Nord del Paese. Anche perché si partiva da una base i più ristretta. Il rapporto definisce infatti “ancora troppo basso” il contributo delle esportazioni all’economia meridionale. Si parla di una crescita siciliana di oltre 15 punti percentuali (+40 per cento dal 2014). I settori traino sono l’alimentare, la chimica e la farmaceutica. “L’export siciliano, al netto dei petroliferi, vale circa 4 miliardi di euro”, dicono da Svimez. Lo Svimez conferma poi l’andamento “decisamente positivo nell’industria”. Nella regione, gli occupati nel settore sono aumentati del 5,8 per cento (dopo un 2017 piatto). Sono aumentati del 5,9 per cento gli occupati agricoli, mentre flettono del 2,2 per cento quelli dei servizi.
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Sicilia incubatore di startup
Capitolo a sé merita il settore delle startup. I numeri del Sud sono ancora molto lontani da quelli del Nord, ma la Sicilia si conferma una delle regioni più attive. Il numero delle startup attive non racconta l’intero panorama dell’innovazione (molto più ampio), ma è comunque un segnale. Delle 280 nuove startup registrate nelle regioni del Mezzogiorno, l’isola, secondo i dati aggiornati a marzo, ne ospita 67 .C’è quindi, secondo Svimez, “un sistema produttivo che si risveglia anche al Sud con campioni che vincono la sfida competitiva sui mercati internazionali“. Proprio in questi giorni a Catania si sta svolgendo il premio nazionale per l’Innovazione, dedicato alle più innovative idee di impresa nate dalla ricerca accademica. Importante e trainante è il settore del biotech, il cui fatturato, in tutto il Sud, è passato da 25 a 70 milioni. Una vitalità che secondo gli esperti di Svimez “deriva da esperienze virtuose di partnership tra università, centri di ricerca, settore privato”.