“L’assessore alla formazione Roberto Lagalla ha organizzato degli incontri tra enti di formazione e le associazioni degli imprenditori per definire quali fossero le loro esigenze. Ma gli imprenditori sono spariti”. Benedetto Scuderi, presidente di Asef, associazione datoriale che raccoglie sessanta enti di formazione in Sicilia, non nasconde il suo punto di vista: se in Sicilia si avviano ottanta corsi per estetisti e parrucchieri per ognuno che forma operai specializzati “è perché il nostro sistema è debole, e le imprese non fanno la loro parte”. Il sistema formazione in Sicilia è ancora basato su una norma di 44 anni fa, la legge numero 24 del 1976, sostituita ancora sulla carta da una nuova legge quadro, la legge 23 del 2019. La legge 24 ha garantito, per quasi tre decenni “la continuità di pagamenti necessaria agli enti di formazione, pur con i ritardi della Regione che ci sono sempre stati. Da più di dieci anni però, da quando era presidente Raffaele Lombardo, la formazione va avanti grazie al Fondo sociale europeo”. Uno stato dell’arte fotografato dalla nuova norma approvata lo scorso dicembre. Ma la più importante delle sue novità non è ancora stata avviata: l’istituzione di una Comitato di programmazione che definisca le necessità del sistema Sicilia in termini di formazione.
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Un sistema che si regge sui fondi europei
Il Comitato per le politiche regionali della formazione previsto dalla nuova norma sarà presieduto dall’assessore regionale e composto dai dirigenti della formazione regionale, oltre che dai rappresentanti sindacali e datoriali. “Si tratta – spiega Scuderi – di una modalità che noi come associazione abbiamo chiesto più volte, anche per la natura dei fondi europei: l’occasionalità dei bandi. Si deve partire da una definizione del bisogno delle imprese”. Una definizione che viene meno se proprio “le confederazioni di imprenditori non stabiliscono i bisogni necessari. Se si avviano dei corsi per estetisti e Osa, tutti previsti dalla tabella delle professioni regionali, è perché questo chiede l’utenza”. Le associazioni degli imprenditori invece “non partecipano alla definizione dei corsi, non fanno la propria parte. Servono dieci elettricisti? Avviamo un corso insieme, ma che dia l’opportunità a chi partecipa di essere assunto”.
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Il famigerato avviso 8/2016: 4 graduatorie “definitive”
Il settore ha visto negli ultimi anni un notevole ridimensionamento. “Da quando il sistema di finanziamento si basa sui fondi europei, il contraccolpo per gli enti è stato forte, dovendosi sobbarcare i costi di avvio dei corsi senza la certezza di quando arriveranno i pagamenti”. L’esempio è l’ormai “famigerato” avviso 8 del 2016, un bando da 136 milioni che ha visto “ben quattro graduatorie definitive, ridefinite ogni volta da ricorsi di enti a Tar e Cga”. L’ultima sentenza del Cga imporrebbe alla Regione siciliana di avviare i corsi con l’ultima graduatoria disponibile, “ma la Regione ha già chiesto all’avvocatura regionale delle modifiche alle modalità. E siamo in attesa dell’ennesima risposta. Pensando in modo ottimistico, la risposta del Cga potrebbe arrivare a marzo, cosa che ci consentirà di avviare i corsi che erano previsti nel 2016 a giugno o a luglio di quest’anno”.
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Il modello Its? “Non replicabile senza le imprese”
Il percorso di coinvolgimento delle imprese richiesto da Scuderi e dagli altri enti di formazione è peraltro la caratteristica principale degli Its, gli istituti tecnici superiori: pochi studenti, tutti impegnati in attività altamente formative direttamente nelle aziende partner. Con percentuali di assunzioni che superano anche in Sicilia il 60 per cento. Gli Its sono stati definiti dalla ministra all’Istruzione Lucia Azzolina, nel corso della recente presentazione da parte del governo nazionale del Piano per il Sud, come “un’opportunità spesso sottovalutata” che verrà “potenziata con gemellaggi anche con Its del Nord”. “Gli Its – spiega Scuderi -, si basano su accordi preesistenti con le aziende, ma con modalità e finanziamenti diversi dalla formazione professionale. In Sicilia purtroppo le associazioni degli imprenditori non si prendono l’impegno di assumere, anche quando vengono promessi percorsi affiancati nel quale sarebbero in condizione di scegliere il profilo perfetto per la propria organizzazione. Lamentarsi, purtroppo, non serve. Non nascondiamoci: se il mercato richiede certi tipi di corso dobbiamo farli perché anche noi siamo imprese con personale e strutture onerose da mantenere”.