Nemmeno la Sicilia si salva dal granchio blu. La “macchina da guerra dei mari”, come viene definita dagli esperti, è ormai presente in abbondanza sulle coste dell’Isola. “Non è una buona notizia, perché Callinectes sapidus (nome scientifico del crostaceo, ndr) minaccia l’ambiente, l’economia e anche il turismo“, spiega a FocuSicilia Francesco Tiralongo, ricercatore del Dipartimento di Scienze Biologiche dell’Università di Catania. La situazione è più grave al Nord, dove il granchio blu attacca gli allevamenti di cozze e vongole mettendo in ginocchio il settore, ma i rischi sono notevoli anche in Sicilia. “Callinectes è presente a milioni nell’Oasi del Simeto e nella riserva di Vendicari, ma anche nelle saline di Trapani e Marsala e in lunghi tratti di mare, soprattutto in corrispondenza degli estuari dei fiumi”. Luoghi che per l’esperto sono messi a rischio dal crostaceo. “Occorre pensare alla rimozione della specie dall’ambiente, perché devasta ogni luogo in cui attecchisce“.
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Granchio blu vs Granchio verde
Come raccontato da questo giornale, il granchio blu è una specie “aliena” presente da decenni nel Mediterraneo, dove arrivò negli anni Quaranta dall’oceano Atlantico. Solo negli ultimi tempi, complice l’aumento delle temperature e il riscaldamento dei nostri mari, è diventato pericoloso. “Va chiarito che dove attecchisce il granchio blu l’ecosistema è a rischio, perché si tratta di una specie opportunista molto aggressiva, che mangia qualsiasi cosa, e in mancanza d’altro diventa cannibale”, spiega Tiralongo. A fare le spese dell’aggressività del granchio blu, in Sicilia, sono già molte specie. “Il Carcinus aestuarii, meglio noto come granchio verde, è già sparito da molte zone. Anche il gambero di fiume, l’anguilla e persino la temibile murena finiscono per essere sue prede”. Un doppio problema, visto che oltre a “desertificare l’ecosistema marino” il granchio blu sta “riducendo in modo consistente le scorte di molluschi e pesci che fanno parte dell’economia del mare siciliano”.




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I danni in Veneto e i rischi per la Sicilia
Il rischio è che si ripeta quanto accaduto nelle ultime settimane nel Nord Italia, e soprattutto in Veneto, dove il granchio blu ha attaccato allevamenti di mitili in particolare a Scardovari e Goro, in provincia di Rovigo. Un attacco che ha portato il presidente della Regione Luca Zaia a chiedere lo stato d’emergenza nazionale. “La semina di vongole di quest’anno è stata totalmente annientata dal granchio blu, con una situazione che ogni giorno peggiora”, ha scritto sui social il governatore. Ricordando come il Veneto ospiti “il 40 per cento della produzione di vongole a livello nazionale” e il crostaceo metta a rischio “centinaia di pescatori solo in Polesine”. In Sicilia non ci sono grossi allevamenti di mitili, ma secondo Tiralongo il danno è comunque molto grave. “A lungo andare Callinectes colpirà anche i pesci più comuni. E c’è anche un problema economico legato al turismo, visto che la sua diffusione nelle spiagge rappresenta un pericolo per l’uomo“.
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Piedi dei bagnanti a rischio “morso”
Tra le abitudini del crostaceo, spiega infatti l’esperto, ce n’è una molto insidiosa. “Per cacciare le sue prede, spesso il granchio blu si nasconde sotto la sabbia. Di conseguenza, non viene visto dai bagnanti che possono metterci un piede sopra”. In questi casi i rischi non sono da sottovalutare. “Le chele del Callinectes sono concepite per afferrare e bloccare la preda, quindi sono molto forti e robuste. Un ‘morso’ può causare ferite serie“. Secondo Tiralongo “ci sono già stati degli episodi al Nord”, e benché la specie non sia velenosa “in alcuni casi i tagli possono essere profondi e richiedere dei punti di sutura“. Un problema notevole per le zone sabbiose molto frequentate dai turisti, come appunto la Sicilia. “Nell’Oasi del Simeto e a Vendicari, per esempio, i bagnanti dovrebbero fare molta attenzione. Inoltre i più piccoli possono essere attratti dai colori vivaci dell’animale e cercare di giocarci, cosa da evitare assolutamente”, dice ancora il ricercatore.
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Il progetto di rimozione di Unict e Cnr
L’eradicazione della specie è difficile, ammette Tiralongo, “perché parliamo ormai di milioni e milioni di esemplari. Il contenimento però è possibile, e in questa direzione ci sono già dei progetti”. Come quello lanciato dall’Università di Catania insieme a Cnr, Consiglio nazionale delle ricerche, che mira alla rimozione delle specie aliene per il consumo. “Il granchio blu può essere consumato dall’uomo, e le sue carni sono persino più apprezzate di quelle di altri pesci“, spiega l’esperto. Mentre al Nord il mercato è già saturo, con il prezzo crollato a 50 centesimi al chilo, in Sicilia oscilla dai 15 ai 20 euro al chilo. Il progetto di Unict e Cnr punta anche sul potenziale gastronomico, con la collaborazione di uno chef che illustrerà delle ricette in un workshop pubblico. L’obiettivo, precisa però Tiralongo, resta la rimozione. “Callinectes non può essere visto come una opportunità economica a vita, perché è una specie dannosa. Il fine ultimo è quello di rimuoverla. A ogni costo”.