Fiere, convegni, concerti, grandi eventi, mostre. Sono tutti settori “in balia del nulla. Non sappiamo quando e come riaprire e il governo sembra ignorarci”. Non usa mezzi termini Salvatore Peci, responsabile di Unimpresa eventi. Il settore è in profonda crisi e, vista la prossimità tra le persone come ingrediente implicito, potrebbe essere tra gli ultimi a ripartire dopo la quarantena da epidemia Covid-19. Il problema, come sottolinea Peci, è che non c’è un piano per la ripartenza del settore. O se c’è non è stato comunicato ai diretti interessati. Spazi, risorse e sicurezza al centro delle richieste di Unimpresa.
Il sistema vale dieci milioni di euro
“Non c’è una comunicazione certa con le associazioni di categoria, non ci è stata comunicata una data nella quale potremmo ripartire e con quali modalità”. Insomma, regna l’incertezza. Eppure il settore fieristico vale. Il direttore di Unimpresa Assoesercenti Salvatore Politino spiega che “il valore economico nazionale tocca i 900 milioni di euro annui” e dà lavoro a circa 50 mila addetti. Numeri che salgono di molto però, se si considera l’intero settore “non solo i convegni, ma anche gli eventi, gli incontri di spettacolo e di intrattenimento e tutto ciò che gira intorno a queste manifestazioni”. Si arriva a “circa 10 miliardi di euro e il totale del personale coinvolto è di 500 mila persone.
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Strutture carenti in Sicilia
Numeri che in Sicilia si riducono, ma che comunque hanno un peso. Il settore, nella rappresentatività della regione, non è emblematico. Non c’è una Milano Fashion Week o un Salone del mobile, che attirano persone da ogni parte del mondo. Si tratta “per lo più di eventi di rilevanza regionale a causa delle strutture”, spiega Peci “che comunque meritano attenzione”. Nel corso degli anni si è tentato di allargarlo e di renderlo sempre più attrattivo per l’Italia e per l’estero, anche per questo secondo Peci “occorre ragionarci su”.
Garantire la sicurezza
La prima esigenza per tutti, operatori e fruitori, è la sicurezza. Peci differenzia tra fiere di settore, “che puntano molto sull’attività convegnistica quindi hanno un numero contenuto di visitatori ma un numero considerevole di partecipanti ai convegni” e quelli che invece fanno l’opposto. “Puntano cioè all’utente finale e raccolgono migliaia di visitatori”. In entrambi i casi “non abbiamo certezza su come operare”. Un’incognita che si scontra anche con “le strutture carenti della Sicilia”. L’ente fiera di Palermo è “un disastro”, quella di Messina “non è attualmente utilizzabile” e quella di Catania, le Ciminiere “non è un ente fiera, ma un centro artigianale adibito”. Il problema è che “si sviluppa in altezza quindi ha anche delle limitazioni di carico”.
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Più spazi più costi
Sicurezza significa anche distanziamento e quindi gli operatori del settore hanno bisogno di sapere le nuove capienze degli spazi disponibili e soprattutto il loro costo. “Non posso spendere di più per avere più spazio se il mio incasso è sempre lo stesso. In cosa ci verranno incontro?”, si chiede Peci. “Se non ci sono utili, non si possono salvaguardare posti di lavoro”. Un discorso che vale per le fiere tanto quanto per i concerti e i grandi eventi. Il teatro antico di Taormina, ed esempio, è uno dei luoghi più ricercati per i concerti, “ma ha una capienza di meno di cinque mila posti e quindi non potrà essere usato”. Peci spiega che usarlo a capienza ridotta per il rispetto delle distanze “significa non pagarci neanche le spese”.
Una soluzione? Usiamo gli stadi
Tra le soluzioni immaginate da Unimpresa c’è la riduzione dell’ammontare dell’affitto, sebbene non va bene per tutto. “Può valere per il comparto fieristico ma non per l’attività concertistica. Il rischio è che verranno banditi”. Un’opzione alternativa potrebbe essere l’utilizzo degli stadi di calcio. In questo caso lo spazio sarebbe di certo sufficiente, ma andrebbe coperto il manto erboso perché non si rovini. Un lavoro “abbastanza oneroso”.