Reddito di cittadinanza bocciato, riduzione del cuneo fiscale “modesta” e necessità di indicizzare l’età pensionabile all’aspettativa di vita. Sono i rilievi del Fondo monetario internazionale, contenuti nel suo dossier sull’Italia. L’organizzazione ha lodato gli sforzi nell’equilibrio di bilancio, ma ha anche detto la sua su alcuni provvedimenti e sulle possibili riforme che potrebbero sostenere una crescita ancora anemica.
Reddito di cittadinanza: cosa non va
Vengono sollevate perplessità sul Reddito di cittadinanza. Per quanto si rivolga “ai più vulnerabili”, l’impianto della norma ha alcune distorsioni. Primo: “I vantaggi sono ben al di sopra dei parametri di riferimento internazionali”. L’importo è eccessivo rispetto alla media dei salari. Secondo: il contributo “diminuisce troppo rapidamente in confronto alle dimensioni della famiglia, penalizzando quelle più numerose e più povere”. Terzo: i vantaggi decadono “bruscamente” non appena si accetta un’offerta di lavoro. Un fatto che non incoraggia certo la ricerca di un impiego, soprattutto se la busta paga è bassa in rapporto all’entità del Reddito di cittadinanza. Servirebbe quindi “allineate le norme alle migliori pratiche internazionali per evitare disincentivi al lavoro e dipendenza dal welfare”.
Come ritoccare le pensioni
Il Fmi riconosce gli sforzi fatti dall’Italia per equilibrare il sistema pensionistico, generando risparmi nel lungo periodo (leggasi riforma Fornero). “Ma nei prossimi decenni si prevede che le pressioni sulla spesa aumenteranno considerevolmente”. Il Fondo monetario boccia quindi “quota 100” e raccomanda di “indicizzare l’età pensionabile in base all’aspettativa di vita”. Il segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo, si è detto in disaccordo: “Nonostante le indicazioni del Fondo monetario internazionale, noi continuiamo a sostenere che la spesa pensionistica nel nostro Paese è decisamente più bassa della media europea. Questa verità sarà palese, per tutti, quando finalmente si separerà la previdenza dall’assistenza. Allo stesso tempo, noi puntiamo a rendere più flessibile l’accesso al pensionamento, perché è socialmente ed economicamente sbagliato che tutti vadano in pensione alla stessa età. I lavori non sono tutti uguali”.
Cuneo fiscale, impatto “modesto”
La produttività resta bassa. Una soluzione, secondo il Fondo monetario, potrebbe essere “allineare” i salari alla produttività, “ammodernando la contrattazione salariale” e dando maggiore peso a quella aziendale. Quindi meno contratti collettivi e più di secondo livello. Altre priorità sono la spinta alla partecipazione femminile al lavoro e la riduzione del cuneo fiscale. La differenza tra quanto costa un lavoratore all’impresa e quanto percepisce in busta paga è ancora ben oltre la media europea. E le norme appena introdotte per ridurlo hanno una impatto definito “modesto”.
Riforme: meno incertezza fiscale
Le riforme per una maggiore liberalizzare dei mercati e una decentralizzazione della contrattazione salariale potrebbero produrre un incremento del Pil del “6-7 per cento in un decennio”. Dovrebbero essere ridotti gli ostacoli normativi alla concorrenza in settori come i servizi professionali, la vendita al dettaglio e i servizi locali. È necessario, scrive il Fmi, attuare misure legislative a favore della concorrenza, ad esempio nel settore energetico. Dovrebbero essere “rafforzati” i poteri dell’autorità garante della concorrenza e limitate “le incertezza in materia fiscale”. Da rivedere il codice degli appalti, il diritto fallimentare, la procedura civile. E poi c’è la formazione: l’istruzione superiore e l’acquisizione di competenze sono “da migliorare” per “contribuire ad aumentare la produttività”.