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Il gioco del capitalismo: anche la felicità si compra. Lo conferma la scienza

Soldi e felicità camminano insieme nella società moderna. Senza soldi non si canta messa e così senza soldi aumentano stress e preoccupazioni. Diminuiscono i sorrisi. È il risultato di una ricerca del premio Nobel per l'economia Daniel Kahneman e dell'esperto di studi sulla felicità, Matt Killingsworth. Eppure, secondo i dati Almalaurea, pure le retribuzioni dei laureati sono diminuite negli anni. La felicità sembra una chimera

I soldi fanno la felicità, adesso lo dice anche la scienza. Un nuovo studio firmato da Daniel Kahneman, premio Nobel per l’economia, e Matt Killingsworth, un esperto di studi sulla felicità, appena pubblicato sulla rivista della National Academy of sciences, ha sgombrato il campo da ogni possibile dubbio con buona pace di chi teorizza il minimalismo e il disimpegno sul lavoro. In totale controtendenza con tutto ciò che credevamo di sapere, più soldi uguale più sorrisi, un’equazione semplice da mandare a memoria, un vero inno al capitalismo duro e puro, con buona pace di chi professa la meditazione e i cammini spirituali.

La correlazione soldi-felicità non ha un tetto massimo

Kahneman partiva dal presupposto che la correlazione tra denaro e felicità valesse fino all’importo dei 100 mila euro ma una volta superata questa soglia, i due fattori si distanziavano; Killingsworth, invece, era convinto che il tetto dei 100 mila euro fosse una semplice convenzione e per tale motivo al crescere degli introiti, il livello di felicità doveva aumentare in modo proporzionale. Ebbene, la ricerca firmata dalla collaborazione attiva dei due ricercatori della Penn e Princeton University ha evidenziato che una volta superato il tetto dei 100 mila euro, una quota di persone (15 per cento) tende effettivamente all’infelicità perdendo l’entusiasmo ma la maggior parte (60 per cento) registra livelli crescenti di felicità e infine, per il restante 25 per cento, all’aumentare dell’income annuale (pari alla somma di reddito e al rendimento dato dagli investimenti), deriva un livello di benessere molto intenso. In definitiva, è servito il placet di un Nobel per sconfessare i proverbi e la saggezza popolare. Per l’85 per cento della popolazione intervistata, il segreto della felicità non si troverebbe nel tempo di qualità da passare in famiglia o nello stato di salute generale e ancor meno nell’importanza degli hobby. No, per l’85 per cento del campione intervistato la felicità coincide con la disponibilità economica.

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Più soldi, più qualità della vita, più felicità

La ricerca è stata condotta mediante l’app Track your Happiness, sviluppata ad hoc dal premio Nobel: in momenti casuali della giornata, i partecipanti ricevevano notifiche push per indagare il loro livello di benessere in quel preciso momento secondo una scala da o a 10 ovvero da “Molto male” a “Molto bene”. La conclusione griffata dal Nobel è di una semplicità imbarazzante: “il denaro non è tutto, però aiuta un bel po’”. Come dire, se i soldi non fanno la felicità, figuratevi senza. Chiaramente, una maggiore disponibilità economica si traduce in una qualità della vita di livello superiore, avendo la facoltà di pagare per garantirsi l’accesso a beni e servizi privati dai trasporti alla sanità, bypassando code, prenotazioni al numero unico e ticket statali, assicurandosi le migliori prestazioni disponibili sul mercato, compiendo un balzo in avanti per ciò riguarda il benessere e la prevenzione. Il capitalismo è anche questo e non serve lamentarsi con il mazziere per le regole del gioco.

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Anche per i laureati retribuzioni in calo

Nel frattempo, il 25esimo Rapporto AlmaLaurea – che coinvolge il profilo dei laureati di 77 Atenei si basa su una rilevazione che coinvolge oltre 281 mila laureati del 2022 – ci fornisce una inquietante istantanea della società italiana per quanto riguarda il profilo e la condizione occupazionale dei laureati. Ebbene, l’indagine evidenzia una maggior facilità nel trovare lavoro ma – complice l’inflazione – anche un calo del valore reale delle retribuzioni dei laureati italiani. A cinque anni dal titolo la retribuzione mensile netta è pari a 1.635 euro per i laureati di primo livello e a 1.697 euro per quelli di secondo livello, con una riduzione delle retribuzioni reali rispetto al 2021 del 2,4 per cento e del 3,3 per cento. Siamo ben lungi dal tetto dei 100mila euro…

Nessun investimento nella classe dirigente del futuro

E inoltre, diminuisce anche il livello di soddisfazione per la questione alloggi. Già, le tendopoli e le proteste degli studenti si sono fermate con la sospensione delle lezioni, tuttavia Almalaurea conferma il trend della mobilità degli studenti – dal Sud verso il Nord – che dal 23,2 per cento aumenta sino al 28,6 per cento e nonostante i proclami del governo, la questione del caro-affitti nelle città universitarie non è affatto rientrata.
E allora, di cos’è fatta la felicità? Al crescere dell’insicurezza politica aumenta l’importanza della retribuzione per “sentirsi al sicuro” ma continuando ad eludere le richieste e i bisogni degli studenti ovvero della classe dirigente futuribile, getta cupe ombre sull’avvenire. E non c’è traccia di felicità, sorry.

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Francesco Musolino
Francesco Musolino
Francesco Musolino (Messina, 1981), giornalista culturale e scrittore. Collabora con diverse testate nazionali occupandosi di libri, società e tecnologia. Nel 2019 ha esordito con il romanzo L'attimo prima (Rizzoli, 2019). Nel 2022 ha pubblicato il noir mediterraneo Mare Mosso (Edizioni e/o). Ideatore del progetto lettura no profit @Stoleggendo, collabora con la Scuola Holden.

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