Il valore aggiunto, inteso come produzione di ricchezza frutto della differenza tra costi e ricavi, è tra i parametri più importanti per capire l’andamento dell’economia in certi territori. Ora uno studio dell’Istat certifica, ancora una volta, l’arretratezza della Sicilia, agli ultimi posti in Italia in tutti gli indicatori. Il dossier, che riguarda i dati del 2019, pubblicato dall’istituto nazionale di statistica prende in esame diversi aspetti. In sostanza, dice il report, il 41,5 per cento del valore aggiunto prodotto dalle unità locali (cioè una o più persone che lavorano per una azienda o ufficio in una certa località) è concentrato nell’1 per cento dei comuni. E quelli siciliani sono mediamente i meno produttivi. Naturalmente le dimensioni contano, tanto che Milano e Roma sono al primo e secondo posto. Milano supera i 60 miliardi complessivi, Roma fa poco meno. In entrambe le città i servizi sono la parte economica più importante, ma in modo forse controintuitivo la capitale supera Milano nella produzione di valore aggiunto nel settore industriale.

Male quasi tutti i comuni, compresi Palermo e Catania
Le due metropoli sono seguite al terzo posto in classifica, ma a grande distanza, da Torino, che si attesta sui 17 miliardi di valore aggiunto. La prima città siciliana in graduatoria è Palermo, al decimo posto, con meno di 6 miliardi di valore aggiunto. Non è un buon piazzamento. Prima di Palermo in classifica ci sono città molto più piccole come Venezia e Verona, che viaggiano entrambe sui 250 mila abitanti, contro gli oltre 600 mila del capoluogo siciliano. Altrettanto mediocre è il piazzamento di Catania, al diciassettesimo posto con poco meno di 4 miliardi di valore aggiunto ma dietro città notevolmente meno popolate come Brescia, Padova, Parma, Modena, Reggio Emilia. Catania inoltre è tallonata da centri come Bolzano e Trento, entrambi vicinissimi in quanto a produzione di valore aggiunto. E la Sicilia presenta la quota inferiore di comuni ad alta produttività, ovvero con produttività del lavoro superiore alla mediana nazionale: solo l’11,5 per cento, appena lo 0,1 per cento in meno della Calabria. Ma abbastanza per essere ultima in questa graduatoria, dove brilla Bolzano: nella provincia autonoma il 99 per cento dei comuni è ad alta produttività.
Francia, Stati Uniti e Germania
In generale, riporta Istat, Il 37 per cento del valore aggiunto nazionale è prodotto da unità locali di imprese del Nord-ovest e il 25,5 per cento da quelle del Nord-est; seguono il Centro con il 20,8 e il Mezzogiorno con il 16,8 per cento. Le unità locali di gruppi multinazionali italiani ed esteri (2,1 per cento del totale nazionale) contribuiscono per il 36,1 per cento al valore aggiunto e per il 41,9 per cento al fatturato dell’intera economia. Il contributo maggiore proviene da unità locali di Lazio (55,8 per cento del fatturato regionale), Lombardia (48,9) e Piemonte (45,9). In Sicilia il dato si attesta intorno al 20 per cento. In numeri assoluti, secondo l’Istat risultano in Sicilia 1.193 unità locali che fanno capo a multinazionali estere. I dipendenti sono 21.818. In numero superiore le unità locali di multinazionali italiane, che ammontano a 1.427 con 40.726 dipendenti. Le più numerose multinazionali presenti in Sicilia sono francesi, che controllano sul territorio regionale 255 unità locali con 3.882 addetti. Seguono gli Stati Uniti, con 154 unità locali e 3.384 addetti. Terze le multinazionali tedesche, con 180 unità locali e 3.250 addetti.