La Sicilia è la regione con più casi di danno ambientale per i quali è stata aperta una istruttoria, 29. Lo comunica l’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, che ha presentato il primo Rapporto sul Danno ambientale (2017-2018) alla Camera dei deputati. L’istituto ha fornito anche una classifica dei trenta casi italiani per i quali è stato accertato un grave danno o minaccia ambientale, e tra questi – al decimo posto -, c’è la discarica di Bellolampo a Palermo. Il sito, gestito dalla società Amia spa (di proprietà pubblica), chiuso nelle scorse settimane proprio a causa dei rischi, è dedicato alla raccolta di rifiuti non pericolosi ma è oggetto di un procedimento penale a causa “della contestate non conformità gestionali e strutturali e della diffusione di percolato verso l’esterno dell’invaso, con omissione di interventi atti a ridurre l’infiltrazione delle acque meteoriche nel corpo rifiuti.
Bellolampo ma non solo: 5 discariche tra i casi più gravi
Il caso di Bellolampo rientra quindi a pieno titolo nella definizione che Ispra fornisce di danno ambientale, ovvero “un deterioramento significativo e misurabile, provocato dall’uomo, ai suoli, alle specie, agli habitat e alle aree protette, alle acque superficiali (fiumi, laghi, mare) e sotterranee”. E dal resoconto nazionale delle istruttorie tecnico-scientifiche aperte da Ispra e dal Sistema nazionale di protezione dell’ambiente (Snpa) nel biennio 2017-2018, realizzato su incarico del ministero dell’Ambiente, tra i 30 i casi per i quali è stato accertato un grave danno o minaccia ambientale 22 sono oggetto di procedimenti giudiziari (penali e civili), e 8 di casi extra-giudiziari con iter iniziati su sollecitazioni giunte dal territorio e al di fuori di un contesto giudiziario. In 10 di questi 30 casi il Ministero dell’ambiente si è già costituito parte civile o ha attivato il relativo iter: oltre a Bellolampo a Palermo, nell’elenco ci sono le discariche di Chiaiano e Casal di Principe in Campania, quelle di Malagrotta e Anagni nel Lazio, quella di Bellolampo in Sicilia, le emissioni della Tirreno Power a Vado Ligure e Quiliano, l’interramento di fanghi e scarti di lavorazione a Rende in provincia di Cosenza. I 30 casi più gravi hanno interessato soprattutto le acque sotterranee (32 per cento), laghi e fiumi (23 per cento), i terreni (19 per cento).
Istruttorie: la Sicilia prima con 29 casi
Degli oltre 200 casi segnalati all’Istituto dal Ministero dell’ambiente, nel 2017-2018 sono state aperte 161 istruttorie di valutazione del danno ambientale grazie alle verifiche operate sul territorio da SNPA: 39 per casi giudiziari (sede penale o civile), 18 per extra-giudiziari, 104 istruttorie per casi penali in fase preliminare (nei qualil’accertamento del danno è ancora a livello potenziale). La Sicilia è la regione dove sono state aperte più istruttorie (29), seguita da Campania (20), Lombardia (14) e Puglia (13). Le attività che potenzialmente possono portare a danno ambientale sono risultate soprattutto quelle svolte dagli impianti di depurazione e di gestione dei rifiuti, dai cantieri edili e di realizzazione delle infrastrutture, dagli impianti industriali. L’accertamento tecnico-scientifico compiuto dal SNPA costituisce la base tecnica per la successiva attuazione, da parte del Ministero, delle procedure giudiziarie o extra-giudiziarie di riconoscimento del danno e dell’obbligo di avviare la riparazione. I casi riportati nel Rapporto, precisa Ispra, “non rappresentano la totalità di quelli aperti in Italia. Non sono considerati quelli per i quali sono già state avviate azioni di riparazione prima del 2017 (ad esempio i siti di Bussi sul Tirino, Giugliano, Castelvolturno, Taranto e altri)”.