Ritardi, incapacità e inadempienza. Sono le caratteristiche dell’attività regionale, soprattutto in merito all’utlizzo e alla programmazione dei fondi europei, secondo Salvatore Gangi, presidente del Comitato regionale Piccola Industria di Confindustria in Sicilia. Le imprese e le famiglie siciliane aspettano e Gangi non usa mezzi termini: quella di “buona parte della burocrazia in Sicilia”, così come di “una certa politica” è “una indolenza sfacciata e arrogante”. Una politica che è “sorda alle esigenze del territorio”. Su di loro grava il sospetto che lo facciano a posta. “Una tattica dilazionatoria”, la definisce, atta a rallentare la crescita e lo sviluppo dei territori così che “la povertà diffusa e l’arsura di lavoro di giovani e meno giovani” siano “il perfetto bacino di coltura di un potere clientelare al quale alcuni proprio non vogliono rinunciare”.
Poca efficienza
I fondi europei sono sempre stati importanti per lo sviluppo dell’Isola, ma tante volte e per buona parte sono tornati indietro. Se non si spendono o non si programmano l’Europa li rivuole. Con l’emergenza da Covid-19, si stanno riprogrammando, ovvero si cerca di renderli disponibili subito e per capitoli differenti da quelli previsti inizialmente. L’ultima finanziaria regionale si basa proprio su questo principio. È stata approvata a maggio e solo pochi giorni fa ha avuto il via libera da Roma. “La poca efficienza è però un problema vecchio”, dice Gangi. Oltre all’inefficienza Gangi mette anche una certa incapacità “perché da un lato mancano le risorse che possano metetre mano in una certa maniera, per altri aspetti si pensa di più a cose che possano avere un impatto più immediato nella pubblica opinione e prevalgono dei ragionamenti elettorali”.
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Quando copiare non fa male
L’imprenditore è in carica per la Piccola industria dallo scorso gennaio e “questo mi ha permesso di avere confronti con tanti colleghi di altre regioni”. Secondo Gangi è emersa una differenza di considerazione tra amministrazioni regionali e imprenditori, altrove maggiore che in Sicilia. Il riferimento è alla programmazione dei fondi 2014-2020, “decisamete in ritardo”, ma anche a quelli del prossimo futuro 21-27. L’imprenditore si dice convinto che “manca la progettualità sebbene i fondi europei sono fondametali per la Sicilia. Potrebbero dare una quantità di investimenti davvero molto importante e sarebbe meglio guardare alle best practice di altri”. E potrebbero farlo per tanti ambiti “occupazione, innovazione sociale, per gli indigenti e non solo. Tutte azioni che permetterebbero un cambio di passo per la nostra terra”.
Sordi alle esigenze del territorio
I fondi aiuterebbero le imprese, in particolare le piccole, a fare fronte a quelle spese necessarie per ammodernare l’azienda e renderla più competiva. “Con effetti a 360 gradi che guarda anche l’indotto e quindi ha influenze a livello occupazionale”. Eppure alla base, secondo Gangi, c’è una certa ritrosia in Sicilia. Sia nell’essere “sordi” alle esigenze delle aziende che nella programmazione in generale. Pensiamo alle infrastrutture regionali: “mancano i servizi di base sia a livello logistico che tecnologico”. Salvatore Gangi cita la strada che collega Catania e Ragusa per dire che “non solo è pericolosissima, fa perdere un sacco di tempo e poiché la linea telefonica cade di continuo, mi obbliga pure a non avere collegamenti con nessuno quando la percorro”.
Un cambio di passo
Gangi guarda soprattutto a quanto si potrà fare in futuro “per supportare la Regione con uno spirito proattivo nella focalizzazione e nella programmazione di questi fondi”. Permetterebbero un cambio di passo “ma è già importante iniziare a camminare e fino adesso non si è nenanche pensato a come impegnarli”. Le sue parole si sposano con la linea di Confindustria che ha elaborato un position paper che descrive le conseguenze dell’emergenza e valuta anche una possibile modifica dell’attuale prospetto di politica di coesione. I fondi europei potrebbero trasformare la Sicilia in una regione migliore e secondo Gangi si dovrebbe puntare a “investimenti di innovazione di prodotto, capitoli di spesa per la tutela ambientale, alle connessioni, all’aspetto sociale”.
Investimenti per evitare la fuga dei siciliani
Trasformare il territorio e creare investimenti potrebbe rappresentare anche un aiuto alla fuga dei giovani e meno giovani dalla Sicilia. L’imprenditorialità potrebbe essere una buona alternativa alla disoccupazione e alla voglia di andare via. Gangi è d’accordo con il neo presidente dei giovani industriali Riccardo Di Stefano quando dice che ci vuole tanta voglia di scommettersi, “ma tutto passa dall’offrire delle opportunità”, aggiunge. “E non solo per fare l’imprenditore”.