Mille e ottantotto chilometri di coste in Sicilia. Ma seicento e sessantasei si stanno ritirando, con la possibile scomparsa di parte dei 425 chilometri di spiagge dell’isola. Lo afferma l’Osservatorio paesaggi costieri italiani (Opci), istituto da Legambiente, e che dal 2012 raccoglie dati sulle condizioni delle coste nel Bel Paese. L’Italia vede oltre la metà delle coste a rischio erosione, ma in Sicilia la situazione è peggiore: si arriva al 61 per cento, seconda regione dopo la Calabria, che arriva al 65, per territorio costiero a rischio erosione.
Solo 230 chilometri di costa ancora naturale
Non si tratta di un fenomeno naturale, o almeno non del tutto: secondo lo studio l’erosione costiera è fortemente influenzata dai cambiamenti climatici in corso, ma soprattutto dal consumo di suolo dato dall’urbanizzazione. Tutta Italia risulta fortemente caratterizzata da una massiccia presenza di case, stabilimenti balneari e turistici, poli industriali e persino di strade e ferrovie che si trovano oggi a pochi metri dal mare. Una cementificazione che negli anni ha tolto alle coste italiane il contatto con il retrostante terreno, agricolo o libero, e con esso la capacità di rigenerarsi. E per la Sicilia lo studio, effettuato incrociando fotografie satellitari da rivelazioni sul campo, dona uno dei quadri peggiori: 130 chilometri sono occupati da opere infrastrutturali e industriali, mentre si calcolano 182 chilometri di paesaggio urbano molto denso nei tratti principali rappresentati da Trapani, Torre Muzza, Mondello, Romagnolo, Catania, Siracusa e il tratto che va da Nizza di Sicilia a Sant’Alessio Siculo. Solo 196 chilometri risultano oggi integri come paesaggi agricoli, mentre si sono conservati 230 chilometri di paesaggi naturali, in parte rocciosi e in parte ricadenti in aree protette.
Un quarto della costa irrecuperabile. E c’è il rischio “sanatoria”
Tra gli oltre 600 chilometri di costa occupata, 350 sono caratterizzati da insediamenti con densità più bassa, ma non per questo meno a rischio. Secondo Legambiente la Sicilia è tra le regioni italiane che presentano un consumo di suolo con queste caratteristiche tra i più rilevanti. Molti tratti di paesaggi agricoli o naturali sono ormai inframmezzati da insediamenti in parte abusivi: in particolare i tratti da Fiume Grande a Kalura, da Torre Faro a Itala Marina, da Brucoli ad Augusta, da Granelli a Punta Secca, da Gela a Siculiana Marina, da Sciacca a Mazara del Vallo. L’urbanizzazione è avvenuta in modo continuo e senza soluzione di continuità in molte di queste zone, alcune delle quali particolarmente interessate dal boom turistico (è il caso di Marina di Ragusa e della costa ragusana), ma di fatto il fenomeno va avanti senza sosta da oltre trent’anni. Legambiente sottolinea che dal 1988 al 2012 si erano già persi 65 chilometri di costa a causa della cementificazione, mentre a oggi sono ben 265 i chilometri di costa “ormai irreparabilmente artificializzata dalla realizzazione di porti, tessuti urbani, e altre infrastrutture, per lo più strade che hanno tagliato lunghi tratti di paesaggio naturale e agricolo”. Le aree con insediamenti a “più bassa intensità” rischiano però per l’associazione ambientalista anche a causa della nuova normativa edilizia in discussione all’Ars in questo giorni dopo l’approvazione della commissione Ambiente. Per molte delle opere nate in maniera disordinata o totalmente abusiva potrebbe essere una “vera e propria sanatoria”, ha dichiarato Legambiente Sicilia.