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Alle Pmi siciliane servono 1,2 miliardi di liquidità. Subito

Crediti riscossi e debiti pagati in ritardo, assieme al crollo del fatturato, possono pregiudicare l'equilibrio delle imprese. Il fabbisogno lievita. I dati di Cribis

Più liquidità per non affondare. L’effetto coronavirus sulle imprese non si limita a un calo del fatturato ma innesca un domino che potrebbe far saltare il loro equilibrio di cassa: ci saranno ritardi nei pagamenti. Quindi l’accumularsi dei crediti e maggiore difficoltà nel saldare i debiti. Secondo l’osservatorio sul Working Capital di Cribis, le Pmi potrebbero avere un fabbisogno finanziario di 45 miliardi per tutto il 2020. Per le sole imprese siciliane, si stima la necessità di 1,2 miliardi. Anche immaginando un impatto del Covid-19 più contenuto, lo scenario resterebbe preoccupante: ipotizzando un calo “importante e generalizzato” del 70-80 per cento del fatturato nei prossimi tre mesi, l’aumento del capitale circolante netto sarebbe di 14,7 miliardi. Ma, a seconda delle proiezioni, si potrebbe oscillare tra i 10 e i 19 miliardi. Risorse che servono praticamente subito.

La rottura dell’equilibrio

In entrambi gli scenari, l’esigenza di liquidità aumenta. Le aziende, afferma il rapporto, sono “schiacciate dall’aumento dei tempi di incasso, insieme a una non proporzionale compensazione dei tempi di pagamento verso i fornitori e una probabile riduzione del fatturato”. Tradotto: chi deve pagare l’impresa, lo farà in ritardo. Se i crediti commerciali (stimati in 190 miliardi) non arrivano, l’azienda farà molta più fatica a pagare i propri debiti (152 miliardi) e a gestire l’attività, anche perché non può contare sulle vendite (anemiche o bloccate). Il problema diventa ancor più complicato perché c’è uno squilibrio di tempi: il ritardo stimato nell’incasso è di venti giorni, quello nel pagamento dei debiti è invece di dieci.

Non è solo un problema di fatturato

Questa asimmetria produrrebbe una crescita dei crediti verso i clienti di circa 41 miliardi di euro (quasi un quarto di quelli in essere) e una dei debiti commerciali di 22,6 miliardi (pari al 15 per cento). Il risultato è un’erosione delle risorse. Chi può, farà fronte nell’immediato con “lo stock”, cioè con quello che aveva a disposizione prima della crisi. Ma molte aziende saranno in seria difficoltà. Per dirla in modo brusco: avranno le casse vuote. Ad avere più sete di liquidità sono Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Oltre a essere tra le regioni più produttive, sono quelle fino a ora più colpite dall’epidemia. Seguono Piemonte, Toscana, Lazio, Campania, Puglia. E, al nono posto, la Sicilia.

Chi può reggere alla crisi

Secondi i dati di Cribis, il 55 per cento delle imprese analizzate (84 mila Pmi con fatturato tra i 2 e i 50 milioni di euro) “presenta livelli minimi o nulli di indebitamento finanziario o, in alternativa, disponibilità di cassa pari o superiori al debito finanziario in scadenza nel corso dei successivi 12 mesi”. Sono cioè in equilibrio, anche se questo non le mette al riparo da un eventuale crollo del fatturato. E sempre a patto che il coronavirus “non allunghi i propri effetti negativi sul tessuto economico italiano ed internazionale anche nell’ultima parte del 2020 se non addirittura nel 2021”.

Imprese e settori più esposti

Le più esposte però sono le altre: 31 mila imprese che affrontano l’emergenza “partendo da situazioni di liquidità già delicate” e 6 mila che “la fronteggiano senza molti margini di manovra”. La principale leva di azione per generare cassa nel breve termine, “sarà legata al contenimento degli investimenti”. Ma non basterà. È solo una pezza. I settori più colpiti sono quello del commercio all’ingrosso, la manifattura e il segmento del tessile ed abbigliamento. Rischi elevati anche sul turismo: la mazzata del Covid-19 sarà così forte da mettere in crisi le casse di un settore che generalmente gode di elevata liquidità.

Leggi ancheQuanto potrebbe costare il Covid-19 alle imprese siciliane

Il rischio che non si arrivi in tempo

Il decreto Cura Italia è intervenuto nel tentativo di alleviare la pressione. È anche al quadro emerso dal rapporto Cribis che puntano le misura di garanzia volte a sbloccare 350 miliardi di liquidità. Ci sono poi, sottolinea Marco Bonsanto, associate director di Crif Ratings, “le iniziative al vaglio della Commissione europea e della Bce”, insieme al “maggiore deficit” di cui può godere il governo. “Potrebbero essere cruciali per la sopravvivenza delle Pmi”. Ma, al netto delle buone intenzioni, bisogna fare in fretta. Il capitale circolante, i debiti e i crediti, non funzionano come un rubinetto. Non basta aprirlo per bere: “Purtroppo la velocità con cui la liquidità immessa nel sistema finanziario raggiunge le Pmi non è immediata”.

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Paolo Fiore
Paolo Fiore
Leverano, 1985. Leccese in trasferta, senza perdere l'accento: Bologna, Roma, New York, Milano. Ho scritto o scrivo di economia e innovazione per Agi, Skytg24.it, l'Espresso, Startupitalia, Affaritaliani e MilanoFinanza. Aspirante cuoco, sommelier, ciclista, lavoratore vista mare. Redattore itinerante per FocuSicilia.

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