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L’Etna non ha mai distrutto Catania. Sfiorata solo dalla colata del 1669

Per la prima volta stabilita l'età dei campi lavici presenti nell'area urbana. Il più antico potrebbe risalire a oltre 11 mila anni fa. Usato il sistema del paleomagnetismo. Altro che distrutta e ricostruita più volte. Lo studio Ingv e Università Roma Tre

Nonostante una leggenda affermi il contrario, la città di Catania non è mai stata distrutta da colate laviche dell’Etna, e l’unica grande colata lavica che l’abbia raggiunta è quella del 1669, che la lambì per poi riversarsi in mare. Un nuovo studio dimostra che le colate più antiche sono preistoriche, e risalgono a epoche precedenti la fondazione della città. Il periodo in cui sono state prodotte dal vulcano potrebbe aiutare a capire il motivo delle scarsa quantità di reperti preistorici trovati nell’area. Dunque Catania non è “stata distrutta sette volte dall’Etna e sette volte è risorta”. Non solo non è successo sette volte, ma neanche una volta una eruzione ha sepolto la città.

Datazione assoluta per la prima volta

Lo scrive chiaramente l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia. “Una nuova ricerca ha consentito di datare per la prima volta in maniera assoluta le colate laviche di epoca preistorica dell’area urbana di Catania. Si sono così chiarite le relazioni esistenti tra le eruzioni dell’Etna di epoca olocenica, (cioè a partire da circa 11 mila anni fa .ndr), e la storia degli insediamenti umani nell’area alle pendici del vulcano. Gli studi sono stati effettuati sulle colate laviche di Barriera del Bosco, Larmisi e San Giovanni Galermo, situate nel distretto urbano di Catania, utilizzando tecniche di datazione paleomagnetica. La ricerca “Paleomagnetic dating of pre-historic lava flows from the urban district of Catania (Etna volcano, Italy)” è stata condotta da un team di ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) in collaborazione con l’Università Roma Tre, e pubblicata sulla rivista scientifica ‘Geological Society of American Bulletin’”. Tra le tre colate di Barriera del Bosco, Larmisi e San Giovanni Galermo la prima è risultata la più antica. È datata infatti tra il 9300 e il­ 4400 prima di Cristo, la colata di Larmisi tra il 3800 e il 2300 prima di Cristo mentre quella di San Giovanni Galermo tra il 3500 e il­ 2000 prima di Cristo.

Dodici siti studiati

“In particolare, – spiegano ancora dall’Ingv – lo studio è frutto della collaborazione fra i ricercatori dell’Ingv delle Sezioni di Catania e Roma2 che dal 2004 sono stati impegnati nelle datazioni delle colate laviche storiche per la carta geologica dell’Etna, pubblicata nel 2011”. Il lavoro è poi proseguito “per approfondire le conoscenze dell’attività eruttiva dell’Etna in epoca preistorica e sviluppando le analisi nel Laboratorio di Paleomagnetismo dell’Ingv di Roma, che costituisce il principale laboratorio paleomagnetico italiano ed uno dei più noti a livello internazionale”, si legge ancora sul comunicato. Dodici i siti interessati. Per le lave di Barriera del Bosco: Viale della Regione-Cimitero, Villa San Saverio-Cibali, via Guglielmo Oberdan, via Santa Maria la Grande. Per le lave di San Giovanni Galermo: via Santa Sofia-Circonvallazione, via Sebastiano Catania, via della Misericordia, via Egadi-San Nullo. Per le lave Larmisi: Via Don Luigi Sturzo, via dei Miti, Parco Gioeni, via Ramondetta-Palazzo di Giustizia.

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Analisi paleomagnetica

L’analisi paleomagnetica per la datazione delle rocce “non è affatto semplice”, dice a FocuSicilia Stefano Branca, Direttore dell’Osservatorio Etneo dell’Ingv e co-autore dello studio, “ma per le colate antiche è spesso l’unico metodo, in assenza di carbonio che permetterebbe più facilmente la datazione”. Per altro lo stesso metodo è già usato per la datazione delle lave dell’Alcantara. In sostanza, si sa che il campo magnetico terrestre si sposta nel corso del tempo e che il magma ingloba delle particelle ferromagnetiche, le quali, quando la lava si raffredda, si orientano spontaneamente in direzione del polo magnetico presente in quel momento. Conoscendo la “mappa” della posizione del polo magnetico nel corso del tempo si può stabilire in quale (o quali) finestra temporale la colata è stata prodotta.

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La lava più antica

“Confrontando le direzioni paleomagnetiche registrate dai flussi di lava con i modelli geomagnetici di riferimento aggiornati per l’Olocene, abbiamo potuto datare la colata di Barriera del Bosco come la più antica delle tre analizzate”, spiega Stefano Branca, direttore dell’Osservatorio Etneo dell’Ingv e co-autore dello studio, tramite comunicato stampa. “Grazie ai risultati ottenuti, prosegue Branca, è stato quindi possibile datare paleomagneticamente negli intervalli di tempo compresi tra 11.234 e 10.941 e tra 8.395 e 8.236 anni fa il più antico evento eruttivo di epoca olocenica dell’Etna che abbia raggiunto l’attuale distretto urbano di Catania”. Le datazioni paleomagnetiche possono infatti dare anche due o tre intervalli di tempo plausibili. In questo caso le finestre temporali possibili sono due. Un affioramento di questa colata lavica è visibile in centro città, in via Santa Maria la Grande, di fronte al palazzo Esa-Regione Siciliana.

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Tre millenni di storia

I ricercatori dell’Ingv non hanno dubbi: “questa ricerca risulta di particolare importanza dal punto di vista della ricostruzione geologica del passato della città di Catania in quanto, per i vulcani attivi le cui pendici sono abitate fin dalla preistoria, la determinazione dell’età delle eruzioni storiche rappresenta un elemento chiave per indagare le relazioni tra fenomeni eruttivi e insediamenti umani”. Sempre nel comunicato ufficiale, Branca conferma che “durante i suoi quasi tre millenni di storia, Catania è stata raggiunta da una grande colata solo una volta, nel 1669. La più grande eruzione laterale etnea documentata in epoca storica”. “Tuttavia, – prosegue – come era già evidente nella carta geologica dell’Etna, altre colate avevano raggiunto “l’area dell’odierno distretto urbano durante la Preistoria, prima della fondazione della città avvenuta in epoca greca, tra il 729 e il 728 a.C.”.

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Poche testimonianze archeologiche

Per quanto riguarda le altre due colate oggetto dello studio, Larmisi e San Giovanni Galermo, leggiamo ancora la precisazione di Branca: “le direzioni paleomagnetiche misurate risultano coincidenti, implicando che l’età di messa in posto è in realtà la stessa, con un margine di errore statistico non superiore ai 100-200 anni. Questo dato, insieme alle evidenze geologiche, geochimiche e petrologiche, implica che le due colate laviche possano essere considerate parti di un unico grande campo lavico eruttato in una finestra temporale compresa tra 5.494 e 5.387 anni fa. Questo vasto campo lavico potrebbe quindi aver sepolto diversi insediamenti neolitici, spiegando così la scarsa presenza di siti archeologici di quell’epoca rinvenuti nella città di Catania”. Le lave di Larmisi sono ancora facilmente osservabili in quanto costituiscono la scogliera dietro la stazione centrale delle Ferrovie dello Stato (vedi foto in alto).

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Turi Caggegi
Turi Caggegi
Giornalista professionista dal 1985, pioniere del web, ha lavorato per grandi testate nazionali, radio, Tv, web, tra cui la Repubblica e Panorama. Nel 1996 ha realizzato da Catania il primo Tg online in Italia (Telecolor). È stato manager in importanti società editoriali e internet in Italia e all’estero. Nel 2013 ha realizzato la prima App sull’Etna per celebrarne l’ingresso nel patrimonio Unesco. Speaker all’Internet Festival di Pisa dal 2015 al 2018, collabora con ViniMilo, Le Guide di Repubblica e FocuSicilia. Etnalover a tempo pieno.

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