Il 2021 è stato l’anno del riscatto per le imprese siciliane: tutte i settori produttivi hanno decisamente reagito all’impatto del Covid e registrato un aumento generalizzato del Pil che è cresciuto del 5,7 per cento, con i migliori risultati che si sono avuti nell’industria e nelle costruzioni, dove “il valore della produzione ha più che recuperato il brusco calo dell’anno della pandemia”: è quanto emerge dall’ultimo rapporto della Banca d’Italia sull’economia siciliana, secondo cui “il valore aggiunto dell’industria è cresciuto del 12,7 per cento, persino leggermente superiore a quelli del resto d’Italia e del Mezzogiorno, portandosi al di sopra del livello del 2019.
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Tensioni sul prezzo dell’energia, poche materie prime
La crescita della produzione industriale regionale si è intensificata nel secondo trimestre del 2021 e, dopo una lieve flessione nei mesi estivi, è tornata a espandersi nell’ultimo quarto dell’anno. Già però nella seconda parte del 2021 sono emerse difficoltà a carico delle imprese, in particolare tensioni sui prezzi energetici e problemi di approvvigionamento delle materie prime, che come nel resto del Paese hanno inciso sull’attività riflettendosi principalmente in un aumento dei prezzi di vendita o in una compressione dei margini di profitto. Queste difficoltà si sono acuite con lo scoppio del conflitto in Ucraina, dal quale oltre sei aziende su dieci si attendono conseguenze negative sulla propria attività”. Il dato meno felice viene dall’agricoltura dove, “dopo la forte riduzione dell’8 per cento del 2020 – scrive Bankitalia – lo scorso anno il valore aggiunto del settore primario è cresciuto dell’1,9 per cento”.

Imprese siciliane più esposte ai rincari energetici
“Oltre la metà delle imprese manifatturiere ha registrato un incremento del fatturato, a fronte di poco più di un terzo che ne ha avuto una riduzione, con un saldo tra le due quote ritornato positivo dopo il minimo toccato nel 2020”: a confermare il recupero del settore è l’Indagine sulle imprese industriali e dei servizi (Invind), condotta dalla Banca d’Italia su un campione di aziende con almeno 20 addetti. “Nonostante la ripresa, però – precisa la Banca d’Italia – l’attività di investimento è stata debole: nel 2021 il saldo tra le quote di imprese con spesa in aumento e in calo è risultato sostanzialmente nullo e questa tendenza sarebbe confermata anche per il 2022”.
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La Sicilia dipende dai poli petrolchimici
In questo scenario, le imprese guardano con grande preoccupazione alla crescita dei prezzi energetici, che potrebbe avere sul sistema produttivo siciliano un impatto più forte rispetto alla media nazionale. Secondo i dati dell’Istat, “nel 2019 nella manifattura la quota di valore aggiunto dei comparti ad alta intensità energetica era pari al 15,9 per cento, contro una media italiana del 14,6”. Il dato riflette la maggiore incidenza delle attività di raffinazione del petrolio (poli petrolchimici siciliani) e della lavorazione di minerali non metalliferi, che rientrano tra le dieci branche specifiche della classificazione Istat (conti dei flussi fisici di energia) a più alto consumo di energia. L’industria maggiormente ‘energivora’ è chiaramente più suscettibile alle oscillazioni al rialzo dei prezzi energetici dovute al conflitto russo-ucraino.

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Costruzioni: nuova rotta dopo quattro anni di cali
“Il valore aggiunto delle costruzioni – scrive Bankitalia nel suo report sull’economia siciliana – che si era ridotto quasi ininterrottamente dal 2007, nel 2021 ha invertito la tendenza, registrando un incremento di quasi un quinto, in linea con la media del Mezzogiorno e con quella italiana. L’espansione dell’attività è confermata anche dai dati sulle ore lavorate, che si sono portate su livelli nettamente superiori alla media del triennio precedente la pandemia. La crescita è stata diffusa tra le province e ha riguardato in misura analoga i lavori pubblici e quelli privati”.
Mentre nel settore pubblico, secondo dati del Cresme, “nel 2021 è proseguita la crescita del numero di bandi per lavori pubblici, a fronte di una contrazione degli importi che l’anno precedente erano stati particolarmente elevati in ragione di alcune grandi gare nel settore ferroviario, i lavori di edilizia privata hanno beneficiato invece dello stimolo fiscale: secondo i dati Enea-Ministero della Transizione ecologica, “al 31 dicembre del 2021 gli interventi relativi al Superbonus 110 con almeno un’asseverazione protocollata sono stati in Sicilia poco più di 6.300, per un importo complessivo di circa un miliardo di euro (il 6,5 per cento del totale nazionale), raddoppiato rispetto al 30 settembre del 2021”.
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I servizi turistici risentono del costo dei trasporti
A seguito del conflitto in Ucraina, “quasi la metà delle aziende del terziario – si legge nel report – si attende un effetto negativo della guerra sulla propria attività, riconducibile prevalentemente alla pressione sui costi energetici: anche qui il peso dei comparti ad alta intensità energetica (trasporto terrestre e trasporto mediante condotte, trasporto marittimo e trasporto aereo) è superiore rispetto alla media nazionale (rispettivamente 7,7 e 6,7 per cento del valore aggiunto)”. Sul fronte dei flussi turistici, più che dimezzati nel 2020, “nel 2021 sono cresciuti di circa il 40 e il 45 per cento rispettivamente in termini di arrivi e presenze. La ripresa è stata più sostenuta per la componente straniera, ridottasi più intensamente nel 2020. Ciononostante, i pernottamenti del 2021 sono stati inferiori di oltre un terzo a quelli registrati nella media del triennio pre-pandemia (del 65 per cento per gli stranieri). Fortemente cresciuto il traffico di passeggeri negli aeroporti dell’Isola, con un aumento più intenso per i voli nazionali. Rispetto al 2019 il volume di passeggeri è stato inferiore del 36,5 per cento (-26,3 e -57,6 rispettivamente per i passeggeri su voli nazionali e internazionali). I movimenti di passeggeri nei porti siciliani, che nel 2020 si erano drasticamente ridotti, sono aumentati di oltre un quinto, pur rimanendo inferiori a quelli pre-pandemia”.

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Export delle merci aumentato del 38,8 per cento
Dopo il picco della pandemia, il commercio mondiale si è riaperto e così nel 2021 le esportazioni di merci siciliane “sono aumentate del 38,8 per cento a prezzi correnti – scrive Bankitalia – più che compensando il calo del 2020. La crescita è stata trainata, per circa otto decimi, dal settore petrolifero, le cui vendite (in valore) si sono progressivamente riavvicinate ai livelli pre-pandemici, sostenute dall’incremento dei prezzi (le quantità esportate sono aumentate solo del 3,8 per cento). Nel complesso dei settori non petroliferi, le esportazioni sono cresciute del 12,9 per cento a prezzi correnti (-2,8 nel 2020), meno che nella media nazionale ma più che in quella del Mezzogiorno.

Bene l’export per agroalimentare, chimica ed elettronica
Le vendite all’estero dei tre maggiori comparti di specializzazione regionale (agroalimentare, chimica ed elettronica), che insieme rappresentano il 65 per cento dell’export non-oil, sono aumentate a tassi molto simili e leggermente inferiori al 15 per cento. Il conflitto in Ucraina e le sanzioni adottate verso la Russia e la Bielorussia dovrebbero avere un impatto limitato sulle esportazioni: nel 2021 le vendite della Sicilia verso questi paesi rappresentavano l’1,3 per cento del totale (il 2,0 in Italia). Molto più rilevante era il peso delle importazioni dalle aree in questione, che incidevano per il 13,9 per cento (2,7 in Italia) ed erano quasi interamente costituite da importazioni di greggio e prodotti petroliferi dalla Russia”.