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Liste d’attesa per visite mediche. In Sicilia si punta tutto sui privati

La Regione mette sul tavolo 49 milioni di euro. Agliozzo (Cgil): "Bisogna fare nuove assunzioni". Conti (Uil): "Ci sono le cooperative di professionisti". Il problema del numero chiuso in Medicina e dei concorsi ai quali non partecipa nessuno

Per abbattere le liste d’attesa per visite mediche, interventi chirurgici, prestazioni specialistiche che si è accumulato durante il Covid, servono medici. E quelli pubblici non bastano. Lo sa bene la Regione Siciliana che, per liberarsi dal fardello ha messo in campo altri 49 milioni di euro con cui smaltire l’arretrato. L’obiettivo è coinvolgere le strutture private, che dovranno affiancare il sistema sanitario pubblico per ridurre i tempi inaccettabili delle cure: un anno e due giorni per una mammografia (quattro mesi se “in tempi brevi”), dieci mesi per un ecodoppler o un’ecografia della mammella, nove mesi per una visita neurologica, tanto per fare alcuni esempi. Ricorrere ai privati, però, non convince tutti. “Per tamponare l’emergenza, si sta ricorrendo all’uso massiccio del privato – dice Gaetano Agliozzo, segretario generale Cgil Fp Sicilia – e così vengono tolte risorse che potrebbero essere investite per rilanciare il tema delle assunzioni. Corriamo il rischio di perdere la specifica della sanità, che dev’essere un diritto inalienabile e pubblico”.

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Incentivare il personale per ridurre le liste d’attesa

“Le liste d’attesa – aggiunge Mario Conti, segretario Uil Fpl Sanità Catania – sono soprattutto legate sia alle attività chirurgiche, soprattutto di alcune branche specialistiche, sia ad alcune attività diagnostiche ambulatoriali, come colonscopie, gastroscopie, Tac, risonanze, mammografie. Il servizio sanitario regionale registra una carenza di medici come anestesisti, ginecologi, cardiologi, ortopedici e medici di Pronto soccorso“. Anche per questo motivo, poco potrebbe fare il personale medico precario Covid, che in buona parte “non è ancora specializzato e secondo le norme in vigore non potrebbe accedere a un posto di ruolo“, ricorda Conti. Comunque, “i lavoratori precari Covid possono dare un contributo nei call center e e negli uffici amministrativi e infatti per loro chiediamo un percorso di stabilizzazione“, dice Agliozzo. Le risorse messe in campo dall’assessorato alla Sanità derivano in buona parte dagli stanziamenti del governo nazionale per tutte le Regioni. Serviranno a incentivare il personale esistente negli ospedali e nelle Asp, “soprattutto anestesisti o chirurghi che fanno funzionare le attività – prosegue Conti – per l’abbattimento delle liste d’attesa”. Tuttavia, ci sono dei limiti.

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Un medico ha un monte di 48 ore a settimana

I medici però non possono certo lavorare 24 ore su 24. Lo chiarisce il segretario Uil: “Ci sono dei limiti dettati dalle norme. Ognuno di noi non può fare più di 48 ore settimanali. Un medico già strutturato che lavora 38 ore a settimana, può aggiungerne altre dieci. Lo stesso vale per altre figure professionali. Per quanto io possa mettere dei soldi sul piatto, non riuscirò mai ad abbattere le liste d’attesa con i soli medici esistenti”. Per questo, si dovrebbe procedere alle assunzioni di nuovi medici. “Ma anche a fare i concorsi, ci sono delle specialistiche in cui non ci sono materialmente medici che partecipano”, riconosce Conti. La conclusione è obbligata: si pagano le strutture private che mettono a disposizione i loro medici. Conti riferisce che l’Asp di Catania ha dovuto chiudere Ostetricia e Ginecologia all’ospedale di Bronte perché nei concorsi non si è presentato nessuno e i medici esistenti si erano spostati in altri ospedali. Sono rimasti solo due ginecologi e il reparto è stato chiuso.

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Medicina: via il numero chiuso dalle Università

Cosa si può fare? “Al Centro e Nord Italia – dice Conti – ci sono delle cooperative di professionisti che prestano il proprio lavoro, si chiamano ‘gettonisti‘ e hanno una specializzazione. Se al Pronto soccorso del Cannizzaro di Catania mancano i medici, attraverso queste cooperative si può colmare il gap“. Chiaramente è una soluzione-tampone, perché “nel medio e lungo termine – prosegue il segretario Uil – le Università dovrebbero decidersi a togliere il numero chiuso in Medicina. Non è stata fatta una buona programmazione sul numero di professionisti necessari al nostro Paese. Inoltre, c’è un mondo fatto di corsi di preparazione per le selezioni di medici e infermieri e un mercato con università private che si innestano nel sistema. Intanto, siamo al paradosso: spendiamo i soldi dello Stato italiano per pagare medici stranieri mentre formiamo i nostri che vanno a lavorare all’estero“.

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Liste d’attesa: nominare i nuovi direttori generali

Per ridurre il peso delle liste d’attesa, quindi, servono i medici e al momento non resta molto da fare se non ricorrere ai privati. “La demonizzazione dei privati però io non la vedo – ammette Conti – perché ad un cittadino di Catania non importa andare all’ospedale Cannizzaro o in strutture private come l’Humanitas o alla Morgagni. Importa che le cure avvengano in tempi accettabili“. Intanto, sul tavolo resta un altro tema molto importante: la governance delle strutture sanitarie. “Gli attuali commissari – ricorda Agliozzo della Cgil – non hanno l‘autonomia gestionale per poter avviare una ristrutturazione, proprio perché hanno una condizione a scadenza. Chiediamo infatti che vengano nominati i nuovi direttori generali, così da avere un’accelerazione nell’organizzazione”. Anche questo potrà dare una spinta per l’abbattimento delle liste d’attesa.

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Agostino Laudani
Agostino Laudani
Giornalista professionista, nato a Milano ma siciliano da sempre, ho una laurea in Scienze della comunicazione e sono specializzato in infografica. Sono stato redattore in un quotidiano economico regionale e ho curato la comunicazione di aziende, enti pubblici e gruppi parlamentari. Scegliere con accuratezza, prima di scrivere, dovrebbe essere la sfida di ogni buon giornalista.

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