“Un classico caso di studio, uno shock inatteso”. Questo è il coronavirus per l’economia italiana e siciliana secondo Maurizio Caserta, professore ordinario di Economia politica all’Università di Catania. Il succedersi degli eventi sta seguendo dinamiche già note e la situazione, come facilmente prevedibile, avrà un effetto netto negativo. “C’è un rinvio delle spese considerate superflue, come i viaggi e la cultura, mentre ci si concentra sull’acquisto di beni di prima necessità, in supermercati e farmacie”. Secondo Caserta l’economia non può reggere “con l’aumento degli acquisti di pasta, acqua minerale, disinfettanti o mascherine”. Sarebbero dunque i creditori, tipicamente le banche, che “devono farsi carico di questa fase critica per avere, alla fine, una ripresa che compensi il rallentamento di questi giorni”. Il clima d’incertezza però riguarda tutti, anche le banche. Le soluzioni, in assenza di tempi certi per venirne a capo, restano due: “un senso di solidarietà diffuso, di cui forse anche culturalmente siamo carenti, come dimostrano anche i piccoli episodi quotidiani di ribellioni alle imposizioni tra presidenti di Regione, e un intervento statale che rassicuri i creditori“.
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L’intervento statale, “una voce autorevole”
Le risorse per far fronte al primo dei settori in crisi in Sicilia e nel resto d’Italia, il turismo, dovrebbero arrivare “a breve”, come detto in conferenza stampa dal presidente della Regione Nello Musumeci. Secondo le stime di Confesercenti, nel weekend successivo al blocco delle gite scolastiche in Sicilia, subito dopo la scoperta del primo caso di coronavirus a Palermo, il calo nelle prenotazioni ha raggiunto l’80 per cento. Ma l’isola, in questa crisi, non ha possibilità di azione. “Le regioni, pur con la responsabilità degli interventi sanitari, non possono intervenire: il problema si configurerà come globale, con ogni probabilità, quando verranno eseguiti più controlli anche in altri Paesi europei e non solo”. In questo contesto l’unico fattore determinante per la tenuta economica è “una voce autorevole che riesca a dare dei tempi di risoluzione della crisi, in base agli elementi di cui siamo in possesso, come la velocità e le dinamiche di diffusione del virus, o l’arrivo del caldo che farà rallentare la diffusione”. In Italia, Paese “dove la credibilità della politica è bassa (e nel dibattito pubblico anche i medici litigano tra loro), evidentemente questa figura manca”, afferma Caserta. A dimostrarlo anche gli appelli all’unità di intenti e visione che si sono succeduti in questi giorni. L’invito a non adottare ordinanze “non tollerate” c’è stato sia da parte del governo nazionale alle Regioni, che da parte dello stesso presidente Musumeci e del presidente Anci Sicilia, Leoluca Orlando, ai sindaci.
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La grande assente: l’Unione europea
La seconda fase dell’emergenza non può fare a meno “di un intervento da parte dell’Europa, che in questo come in molti altri casi è ancora assente”. L’Unione europea, pur riconosciuta come “distante dai cittadini”, ha, secondo Caserta, l’autorevolezza necessaria per rassicurare l’economia internazionale, e quindi le banche. Sensibili, a loro volta, anche ai comportamenti di cittadini e stampa. “Negli anni passati ci sono stati casi di virus letali provenienti dall’Africa. In questo caso la grande attenzione che viene data all’Italia, deriva dal fatto che il virus è partito dalla Cina, che ha un peso importantissimo”, spiega il docente. Unico caso paragonabile, in tempi recenti, è stato l’Hiv negli anni Ottanta. “La vicenda dell’Aids ci ha insegnato che anche il rispetto di semplici norme come lavarsi le mani o igienizzare i locali di lavoro possono fermare gli effetti perversi del panico sull’economia. Per l’Aids negli anni siamo riusciti a diffondere il messaggio che proteggersi è necessario”. La differenza con il Covid-19, che ha effetti molto più rapidi sugli ammalati “è che qui abbiamo molto meno tempo per fare passare certi messaggi “, conclude Maurizio Caserta.