L’attività fisica contribuisce al benessere di corpo e mente. E anche a quello economico: in Italia ci sono 20 milioni di sportivi e il settore vale l’1,7 per cento del Pil. Circa 30 miliardi di euro, che raddoppiano se si considera anche l’indotto. Il lockdown ha azzerato l’industria dello sport e la ripartenza si preannuncia ardua: “Se non s’interviene con aiuti mirati, il 50 per cento delle strutture rischia di chiudere”, afferma Germano Bondì, presidente Anif Sicilia (Associazione nazionale impianti sport e fitness, palestre, piscine e campi sportivi). Nella regione, il comparto conta 4 mila e 303 associazioni sportive e società dilettantistiche, oltre a 245 mila e 516 atleti e 47 mila e 669 operatori.
Strutture chiuse, spese aperte
Il governo nazionale è intervenuto, ma con provvedimenti che non sembrano poter compensare la crisi. Dietro la chiusura non c’è solo il mancato incasso: ci sono spese da sostenrere anche a strutture chiuse. “I mutui sono stati bloccati ma l’affitto, essendo un contratto fra le parti, è a discrezione del proprietario”, spiega Bondì, titolare dei Centri Oxygen a Palermo. “Noi non abbiamo affitto né mutuo da pagare ma fino allo scorso mese sono arrivate utenze alte, tanto che abbiamo dovuto rateizzare una bolletta dell’acqua di 4 mila euro”, racconta Federica Grasso, presidente dal 2015 de La Meridiana Sport di Catania. La struttura ospita una piscina, che non può essere “abbandonata”. “A differenza di una palestra o di un campo da tennis, per noi i costi di gestione sono rimasti invariati, anche se siamo chiusi”. Con cinque sedi a Catania e una ad Acireale, anche Altair accusa il colpo: “Da 42 anni lavoriamo sul territorio, il due marzo avevamo inaugurato una nuova struttura, che il sette siamo stati costretti a chiudere”, racconta Massimo La Ferla. Che parla di “perdite catastrofiche”. Anche se ci fosse un’apertura a breve (ipotesi molto improbabile), le strutture si sarebbero già messi alle spalle la stagione più redditizia. “Gli introiti di marzo e aprile – continua La Ferla – ci permettono di far fronte ai mesi estivi quando l’afflusso cala. Essendo venuti meno quest’anno non so come faremo”.
Riaprire non vuol dire ripartire
Non sono ancora state fornite indicazioni precise sulle misure da adottare in fase di riapertura. L’unica certezza è che l’adeguamento prevederà costi extra. “Si parla di termoscanner per misurare la temperatura, dispenser igienizzanti, sanificazione continua con personale apposito”, sottolinea La Ferla. Oneri che diventano ancora più ingenti per le piscine. “Le nuove linee guida che la Federazione Italiana Nuoto ha sottoposto al governo – afferma Grasso – prevedono lo svuotamento e la sanificazione delle vasche, cosa che noi facciamo a ogni stagione, ma anche un impianto di areazione industriale, nuove prese elettriche distanziate per i phon, distributori di sacchetti per scarpe e mascherine. Nelle docce fortunatamente da anni abbiamo i separé, ma dovremo aggiungere i temporizzatori per favorire il ricambio degli utenti”. Si dovranno predisporre anche segnaletiche orizzontali in tutte le strutture. I problemi più grandi però saranno in vasca: “I bambini dai tre agli otto anni non potranno più essere accompagnati all’interno degli spogliatoi e l’istruttore non potrà più fare lezione in acqua con loro. Noi abbiamo tanti iscritti di quest’età. Se si dovesse ridurre il numero cosa succederà?”. I gestori temono anche un calo per gli adulti, visto che si ipotizza un limite di “sette utenti per ogni corsia”. “Perfino chi ha già pagato un abbonamento, probabilmente non tornerà per paura”, afferma La Ferla. Sebbene non esista una normativa sui rimborsi degli abbonamenti, gestori e proprietari s’impegnano a garantire il recupero dei mesi d’inattività alla ripresa, quando alcune ci sarà un po’ più ossigeno. “Se dovessero arrivare richieste di rimborso in massa – dice Bondì – le strutture già in carenza di liquidità non avrebbero più le forze per riaprire”.
Le richieste alla Regione
Anif Sicilia ha presentato alla Regione un documento contenente sei istanze, firmato anche da Sicindustria, Confindustria, dall’ufficio scolastico regionale e da 15 tra federazioni ed enti sportivi, compreso il mondo paralimpico. In aggiunta al potenziamento dei fondi già previsti dalla legge regionale, l’associazione chiede un ulteriore contributo sulla base del numero di tesserati, di collaboratori, delle dimensioni dei locali e delle aree sportive per fronteggiare le spese. “Chiediamo anche un fondo garanzia di cui la Regione si faccia carico per la metà a fondo perduto mentre la restante parte da restituire in 60 rate a partire dal 2021”, sottolinea sottolinea Bondì. Con il distanziamento sociale e le norme di contenimento sarebbe necessario “l’utilizzo di spazi all’aperto di pertinenza delle stesse strutture, da abilitare all’esercizio fisico”. Per farlo serve una deroga ai regolamenti comunali, che gli operatori chiedono a gran voce. Anche perché “una sala che prima poteva ospitare trenta tesserati, all’apertura ne potrà accogliere al massimo dodici” evidenzia La Ferla. Se non si vogliono dimezzare presenze e incassi, serve altro spazio.
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Nuovi fondi e bonus famiglia
Sul versante ammortizzatori sociali, il giudizio di La Ferla è in chiaroscuro. Da una parte “il governo ha fatto una grande azione riconoscendo la figura del collaboratore sportivo”. Dall’altra, “a oggi solo il 10-15 per cento degli istruttori ha percepito l’indennità di marzo”. L’art. 96 del decreto Cura Italia ha previsto uno stanziamento di 50 milioni. “Non basteranno per i 500 mila lavoratori del comparto”, afferma Bondì. Secondo l’Anif, di milioni ne servirebbero, 300. Molti istruttori in questi mesi hanno tenuto regolarmente lezioni on-line in maniera gratuita. Secondo La Ferla è sta “un modo per stare vicino ai tesserati, trasmettendo loro un segnale positivo”. Se diventasse a pagamento, potrebbe anche aprire nuove fasce di mercato. Ma non sarà semplice, anche perché si dovrebbe superare la concorrenza di tutorial gratuiti e app su abbonamento. Per far fronte ai problemi dei nuclei familiari, supportando il mondo sportivo, Bondì propone infine alla regione di stanziare un apposito contributo “destinato alle famiglie più disagiate”. “In questo modo bambini e ragazzi potranno tornare ad allenarsi, contrastando la sedentarietà, la cattiva alimentazione e lo scompenso psicologico subito in questi mesi di reclusione”.