L’obiettivo è conservare una tradizione locale, con le sue peculiarità. Un settore che ha visto in poco più di dieci anni perdere circa 3 mila ettari di coltivazioni, passate da circa 15 mila alle 12 mila attuali. Ma il rilancio per le nocciole dei Nebrodi potrebbe essere vicino: il ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali ha comunicato l’inserimento del tipico “paesaggio a ciglioni e terrazze” dei noccioleti nel Registro Nazionale dei Paesaggi Rurali, delle Pratiche Agricole e Conoscenze tradizionali. Un “meritato traguardo che legittima il nostro buon operato condotto a livello regionale in quattro anni”, afferma la deputata regionale di Forza Italia Bernardette Grasso, ex assessora regionale alle Autonomie locali. Da anni Grasso segue l’evolversi di questo settore, “nonostante io non coltivi e non abbia un interesse diretto”, afferma a FocuSicilia. Il destino di questo prodotto d’eccellenza, vittima negli anni non solo della spietata concorrenza internazionale ma anche di un progressivo e costante abbandono dei siti produttivi, sta però a cuore a centinaia di produttori locali, pronti a costituire una Filiera Corilicola Siciliana. Sono almeno centocinquanta, tra enti istituzionali, associazioni e produttori. Dopo l’annuncio del ministero, si sono dati appuntamento giorno 30 luglio nell’aula consiliare del comune di Tortorici, in un incontro sui “Nebrodi e le prime iniziative per l’European Green Deal”, per formalizzare la creazione dell’accordo quadro per la costituzione del nuovo soggetto.
Vantaggi immediati per i fondi Psr con registro e Filiera
L’obiettivo a lungo termine è ambizioso: la nocciola dei Nebrodi può diventare un prodotto riconosciuto e unico, come ad esempio il pistacchio di Bronte. E come in quel caso di successo, puntando chiaramente non alla quantità, ma “soprattutto all’industria dolciaria, dove si bada alla qualità e non se un chilo di nocciole costa 3 o 6 euro. Del resto una pasta di nocciole per uso dolciario può costarne anche 400 a barattolo”, spiega Grasso. Per conseguire il risultato, ovvero continuare a produrre in maniera tradizionale nei difficili territori montani, “l’iscrizione al registro del paesaggio rurale è un primo passo, che in futuro potrebbe facilitare il raggiungimento di marchi di qualità come Igp”. Per arrivare all’obiettivo di un utilizzo nell’industria della trasformazione, bisogna però investire “sull’identità e sull’attrattività”. E il benestare ministeriale, insieme alla costituzione della Filiera, “consentiranno di avere vantaggi per la prossima programmazione dei bandi del programma di sviluppo rurale Psr”. Grasso sottolinea inoltre l’impegno non solo dei soggetti che faranno parte della Filiera, ma anche del dirigente del Dipartimento regionale agricoltura, “Dario Caltabellotta che si è impegnato per predisporre il dossier da inviare. Per la prima volta l’assessorato dell’agricoltura si è impegnato sui piccoli appezzamenti, con tanti giovani che hanno già avuto possibilità di investire con la misura 4.1 che stanziava 10 milioni per l’insediamento”, afferma Grasso.
Un percorso iniziato nel 2014
Il percorso che porterà alla creazione della filiera è ufficialmente partito nel 2017, “ma noi dell’Associazione culturale Nebrodi, con l’aiuto del professore Matteo Florena abbiamo proposto già a partire dal 2014 la creazione della filiera”, afferma Salvatore Giarratana, agronomo e già presidente del parco dei Nebrodi. Sette anni fa ebbero l’intuizione di sfruttare “lo schema organizzativo per il settore agroalimentare. Uno schema ideale per forme di aggregazioni non vincolanti, come quella che serve al settore in sofferenza delle nocciole”. Ma al di là degli aspetti organizzativi, le problematiche per la coltivazione sono soprattutto due: “Cimici e ghiri”. Nel primo caso la larga infestazione “in certe annate compromette gravemente le produzioni, la cimice pungendo i frutti ne provoca il danneggiamento e la trasmissione di cattivo sapore”. Per quanto riguarda i ghiri si tratta invece di un problema attualmente presente e urgente, con il roditore difficile da debellare. La Filiera permetterà di fare i necessari interventi, dice Giarratana, che attende il momento della firma come “la fine di un percorso. E si muoveranno i primi passi per raggiungere gli obiettivi alla base delle strategie di rimessa a valore delle colture”. La filiera, sottolinea, “intende recuperare la corilicoltura collinare di tradizione, che avviene in gran parte della provincia di Messina, una parte di Catania e una piccola porzione di Palermo ed Enna”. Spesso si tratta di terreni estremamente complessi da raggiungere, e un’aiuto alla gestione può venire dai fondi Psr. “La misura 4.4d ad esempio è dedicata proprio al recupero delle coltivazioni, non solo di nocciole, in territori soggetti a rischio idrogeologico”. Interventi che, lo scorso anno, hanno portato un totale di 19 milioni di investimento sul territorio per la conservazione dei noccioleti tipici. Ma dopo la salvaguardia della tradizione, l’azione della filiera sarà però “quella di mettere a valore 12 mila ettari di una economia collinare che ha avuto importanza notevole e speriamo possa tornare a riacquisirla”, conclude Giarratana.