Trenta euro di multa per i titolari di attività commerciali che rifiuteranno il pagamento elettronico. Alla sanzione andrà inoltre aggiunta una cifra pari al quattro per cento dell’importo per cui la transazione Pos è stata rifiutata. È quanto accadrà a partire dal 30 giugno 2022, se il Parlamento convertirà nei tempi previsti il decreto legge approvato dal governo Draghi lo scorso 21 aprile, contenente “Misure urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza”. Neppure troppo urgenti, verrebbe da dire, visto che le sanzioni per il mancato utilizzo del pagamento elettronico sono attese da dieci anni. “È chiaro che alcune forze politiche hanno frenato rispetto alla lotta all’evasione”, dice a FocuSicilia Alfio La Rosa, presidente di Federconsumatori Sicilia. I pagamenti digitali sono “inderogabili”, visto che l’obiettivo finale è quello di “pagare tutti per pagare meno”. Per il presidente di Confcommercio Sicilia Gianluca Manenti le sanzioni da sole non bastano. Per diffondere i pagamenti elettronici servono “scelte decise di abbattimento delle commissioni e dei costi a carico di consumatori e imprese”, che invece sono “assenti” in questo decreto.
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Breve storia dell’obbligo di Pos
A introdurre l’obbligo di pagamento elettronico per le attività commerciali fu il governo Monti con il Dl 178/2012, meglio noto come decreto Crescita 2.0. Da quel momento, la norma ha conosciuto una lunga serie di aggiornamenti, revisioni e rinvii. Il primo fu quello voluto dal governo Letta a gennaio 2014, quando un decreto ministeriale fissò l’obbligo di Pos per “tutti i pagamenti di importo superiore a trenta euro” senza prevedere però alcuna sanzione. A dicembre 2015 il governo Renzi abbassò la soglia minima di pagamento a cinque euro, inserendo nell’annuale legge di Stabilità un deroga per i casi di “oggettiva impossibilità tecnica”. Ancora una volta il capitolo sanzioni fu rimandato a un decreto ministeriale da approvare “entro il primo febbraio 2016”, che però non arrivò mai. Si giunge così al governo Conte II, che nel decreto fiscale di ottobre 2019 introdusse per la prima volta la sanzione di 30 euro con la maggiorazione del quattro per cento, a partire dal primo luglio 2020. La decisone del Governo sollevò tuttavia le proteste di molti commercianti ed esercenti, motivo per cui fu abrogata in sede di conversione.
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Multe basse e controlli difficili
La questione è stata ripresa in mano nel 2021 dal governo Draghi, che con il primo decreto Pnrr ha eliminato la soglia minima di cinque euro per i pagamenti elettronici, reintroducendo le sanzioni previste dal governo Conte II a partire dal primo gennaio 2023. Una scadenza che sarà anticipata al 30 giugno di quest’anno se le Camere confermeranno il secondo decreto Pnrr approvato dall’Esecutivo qualche giorno fa. Per la sanzione non è stato previsto un meccanismo progressivo. Conti alla mano, il rifiuto di un pagamento digitale di 50 euro costerebbe all’esercente 32 euro, tra sanzione fissa (30 euro) e maggiorazione del quattro per cento calcolata sul pagamento rifiutato (due euro). Per un pagamento di mille euro la multa sarebbe poco più del doppio, 70 euro. Complesso il tema dei controlli. Le verifiche saranno effettuate a campione da Guardia di Finanza e Agenzia delle Entrate, ma accertare “in flagranza” il rifiuto del pagamento digitale è piuttosto difficile. Il Governo punta ad aumentare i controlli attraverso l’obbligo di invio dei dati delle transazioni digitali all’Agenzia delle entrate. Inoltre, a partire dal primo luglio 2022, verranno eliminate numerose esenzioni dagli obblighi di fatturazione elettronica e trasmissione dei dati, previste nel 2015 dal governo Renzi.
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“Pagare tutti per pagare meno”
A salutare positivamente l’anticipo delle sanzioni sono i rappresentanti dei consumatori. “Si tratta di una decisione attesa da anni, con la quale siamo sempre stati d’accordo”, spiega il presidente regionale di Federcosumatori Alfio La Rosa. Oltre che giusta in linea di principio, la stretta di Draghi sui pagamenti digitali “è divenuta inderogabile dopo la pandemia”. Il Covid infatti ha cambiato le modalità d’acquisto, privilegiando “la spesa online e l’utilizzo di moneta elettronica rispetto ai contanti. Una tendenza destinata a crescere nel prossimo futuro”. Per questo adeguare le possibilità di pagamento “è una necessità per molte attività medie e piccole”, che al di là di sanzioni più o meno severe “rischiano di allontanare fette importanti di mercato, soprattutto in un momento di crisi come quello che stiamo attraversando”. Per La Rosa incentivare i pagamenti digitali contribuirà a rendere più equo il sistema fiscale. “L’obiettivo è pagare tutti per pagare meno. L’obbligo di Pos va sicuramente in questa direzione, ed è per questo che negli ultimi anni alcune forze politiche hanno remato contro, ritardando l’entrata in vigore della misura e delle sanzioni”, dice il presidente dei consumatori siciliani.
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Dal Governo scelte “asimmetriche”
Sul fronte opposto i rappresentanti dei commercianti, che non contestano il merito del provvedimento quanto il metodo utilizzato dal governo Draghi. Lo spiega il presidente di Confcommercio Sicilia Gianluca Manenti. “La diffusione dei pagamenti elettronici va perseguita mettendo in campo scelte decise di abbattimento delle commissioni e dei costi”. Il rappresentante dei commercianti fa degli esempi, “dal potenziamento dello strumento del credito d’imposta sulle commissioni pagate dall’esercente alla gratuità dei cosiddetti micro-pagamenti”. Quella delle sanzioni per i mancati pagamenti digitali è dunque una scelta “asimmetrica”, che rischia di non favorire il processo di modernizzazione delle transazioni economiche, “peraltro già in pieno sviluppo”. Le perplessità di Confcommercio Sicilia sul decreto non finiscono qui. Nel testo approvato dal Consiglio dei ministri, osserva Manenti, “non c’è l’attesa semplificazione della lotteria degli scontrini, ma è stato inserito l’obbligo di fatturazione elettronica anche per le partite Iva in regime forfettario, come quelle che hanno optato per la flat-tax”.