Tra poche settimane l’Italia potrebbe ritrovarsi senza olio. Il motivo è semplice: il mercato internazionale è in crisi, soprattutto in Spagna e Turchia, e le scorte italiane – vendute a prezzo sempre più alto, con un picco di 22 euro al chilo a Ravenna – non bastano a sostenere il consumo giornaliero della popolazione. Secondo l’ultimo report Icqrf, Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari, al 31 luglio 2023 le scorte di olio extravergine (Evo) italiano ammontavano a circa 52 mila tonnellate. “Considerando un consumo medio di 15 mila tonnellate al mese, è facile prevedere che queste scorte si esauriranno nelle prossime settimane“, dice a FocuSicilia Paolo Caruso, agronomo e consulente del dipartimento di Agricoltura dell’Università di Catania. “Alla base di tutto ci sono il clima e il caro energia, che ha ridotto di circa la metà la produzione spagnola. Allo stesso tempo, osserva Caruso, la Turchia ha deciso di chiudere le esportazioni per sostenere la domanda interna”.
Leggi anche – L’olio siciliano è sempre meno: nel 2022 produzione in calo del 40 per cento
Il peso della crisi climatica e militare
Considerando le diverse tipologie di olio d’oliva, il totale delle scorte nazionali è di 201.485 tonnellate, ma poco più del 70 per cento sono di Evo, e appena il 30 per cento di Evo italiano. Da qui la preoccupazione degli esperti per la durata delle scorte. “Il problema principale è quello climatico, tra siccità e alluvioni. Il primo produttore mondiale, la Spagna, ha avuto una riduzione di circa il 50 per cento. Anche l’Italia ha registrato una perdita di circa il 40 per cento“, spiega l’agronomo Riccardo Randello. A pesare è anche la congiuntura internazionale, aggravata dal conflitto tra Russia e Ucraina. “Sono aumentati i costi dell’energia, del carburante, degli imballaggi. Questo ha fatto sì che molti produttori medio piccoli si siano trovati in difficoltà, riducendo ulteriormente la produzione”, conferma l’esperto. Per questo negli ultimi mesi “la geografia dell’olio è cambiata”, e si guarda con attenzione ad altri paesi, “come la Turchia, che però ha stretto la cinghia”.
Leggi anche – Olio Dop Monte Etna, nuovo disciplinare “nato dal cambiamento climatico”
L’invasione dell’olio straniero (scadente)
Una situazione che comporta un duplice rischio. In primo luogo, l’arrivo sul mercato di grandi quantità di olio di bassa qualità. “La crisi ha fatto scattare la corsa all’accaparramento, anche di prodotto straniero che magari rispetta i requisiti di legge per essere messo in vendita, ma di fatto è molto scadente“, dice Randello. Il riferimento è alla normativa europea sull’olio d’oliva, che prevede requisiti precisi per la commercializzazione, a partire dalla spremitura meccanica e da un tasso di acidità che, nel caso dell’olio extravergine d’oliva, non può superare lo 0,8 per cento. Altri olii, come il semplice “vergine“, possono raggiungere il due per cento, ma a detta degli esperti le proprietà organolettiche sono compromesse. “Si tratta di un olio che magari non fa male, ma sicuramente non fa bene al consumatore“, spiega Randello. Proprio il tipo di prodotto che con la crisi potrebbe arrivare in Italia, che dell’olio è il primo consumatore mondiale.
Leggi anche – Morgantinon, dalla Regione riconoscimento ai produttori siciliani di olio
I prezzi pazzi del mercato italiano
In secondo luogo, come detto, si rischia un aumento incontrollato dei prezzi, già ben visibile sugli scaffali dei supermercati. “Marchi che prima della guerra vendevano a quattro euro, oggi sono arrivati a dieci euro. Vale a dire che si vende a prezzo più alto un prodotto di qualità più bassa“, puntualizza Randello. I dati sui prezzi sono monitorati da Ismea, Istituto di servizi per il mercato agricolo. In alcune realtà italiane, la soglia psicologica dei dieci euro è stata superata da tempo. I “picchi” sono stati osservati a Chieti e Pescara (11 euro al chilo), Imperia (12,5 euro al chilo), Verona (13,5), Firenze (13,6). Come detto però il record spetta a Ravenna, dove un chilo di olio è stato pagato ben 22 euro. Anche nelle altre realtà, tuttavia, l’aumento dei prezzi è ben visibile. A Foggia l’olio ha raggiunto gli 8,9 euro, il 2,3 per cento in più rispetto alla precedente rilevazione. A Palermo il prezzo è di 8,5 euro (più tre per cento), mentre a Bari ha toccato i nove euro (più quattro per cento).