I frequenti allagamenti nella zona industriale di Catania costano alle imprese “dal due al cinque per cento del fatturato annuo”. Le interruzioni di energia elettrica “provocano danni in una forbice compresa tra cinquemila e 250 mila euro l’anno”, mentre le cattive condizioni delle strade “causano l’80 per cento degli infortuni sul lavoro per incidenti in itinere”. Insomma, i continui disagi alla zona industriale di Catania provocano delle perdite economiche alla aziende che lì lavorano. A fornire i numeri dei disagi nell’area produttiva è Confindustria Catania, in un documento che sarà illustrato oggi dal presidente Angelo Di Martino ai vertici istituzionali della Regione siciliana, a cominciare dal presidente Renato Schifani. La zona industriale è uno dei “motori” dell’economia isolana. L’insediamento “è il più esteso del Mezzogiorno”, con una superficie di “2.000 ettari, con 50 varchi d’accesso e un perimetro di oltre 30 chilometri”. Una realtà che ospita “circa 400 imprese che occupano circa 12 mila dipendenti”, e da sola produce “il 15 per cento del Pil regionale”. Perché funzioni a pieno, però, serve una “urgente riqualificazione“. Anche alla luce dei fondi del Pnrr e della Zes, Zona economica speciale, “il cui principale obiettivo è l’attrazione di nuovi investimenti”.
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Alluvioni, manca una strategia
Uno dei problemi principali dell’area, come detto, è quello delle alluvioni. Confindustria ricorda che nella zona industriale “scorrono numerosi canali per il deflusso delle acque” – tra cui Buttaceto, Jungetto e Canale d’Arci – e che in occasione delle piogge “sono ricorrenti le esondazioni“. Gli industriali lamentano la mancanza di una strategia complessiva. “Nonostante i vari interventi effettuati nel tempo per limitare i gravi inconvenienti che puntualmente si verificano in occasione di precipitazioni, anche di lieve entità, i problemi di fondo sono rimasti irrisolti“. Per invertire la rotta l’associazione chiede “un riassetto idrogeologico dell’intera area”. Tra gli interventi proposti una pulizia periodica dei canali maggiori, “con la totale estirpazione dei canneti e vegetazione”, e un intervento ad hoc su quelli secondari, “al fine di non permettere la tracimazione dei canali e affluenti principali”. Da non trascurare il tema dei reflui civili e industriali. Essi vanno indirizzati ai depuratori “attraverso reti idrauliche dedicate”, in modo da evitare “qualsiasi rischio dovuto ad accidentale o dolosa immissione nei corsi d’acqua”.
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Acqua e luce a singhiozzo
Se la gestione dell’acqua piovana o di scarico è un problema, paradossalmente il servizio idrico nella zona industriale non è garantito. Ciò a causa “di una rete ormai vetusta“, che non riesce a rispondere a tutte le imprese. Quelle più attrezzate, scrive Confindustria, “si sono dotate di strumenti alternativi per poter soddisfare i propri fabbisogni e garantire livelli di produttività soddisfacente, ma comunque subiscono le conseguenze di una rete ormai non adeguata”. Le aziende più piccole, invece, “devono acquistare l’acqua dal Consorzio gestito dall’Irsap” e sono soggette a interruzioni “che possono arrivare fino a svariati giorni l’anno con il blocco totale delle attività”. Ognuno, insomma, reagisce come (e se) può. Un discorso simile riguarda le interruzioni nelle forniture elettriche. Le aziende più virtuose “stanno investendo in impianti generatori da fonte rinnovabile destinati all’autoconsumo”, iniziative che Confindustria chiede di incoraggiare stimolando “la formazione di vere e proprie comunità energetiche“.
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Viabilità, tanta strada da fare
Per quanto riguarda la viabilità, le strade dell’area sono “spesso prive di asfalto” e costellate da buche che senza manutenzione “sono diventate rischiose voragini“. Confindustria ammette che si tratta di problemi “comuni a tutte le aree industriali”, ma un intervento di manutenzione “non è più procrastinabile”. Il più urgente è la bitumazione e il ripristino del manto stradale, in modo da recuperare “lo stato di sicurezza” ed evitare incidenti. Strettamente connesso è il tema dell’illuminazione, che risulta “carente” e mette a rischio “la percorribilità della zona e l’individuazione degli stabilimenti produttivi insediati”. E ancora, gli industriali chiedono un intervento sulla segnaletica, visto che molti dei cartelli “risalgono alla gestione ex Asi (Consorzio per l’Area di sviluppo industriale, ndr) non più rispondente alla configurazione attuale”. Sempre sul fronte della mobilità sarebbe utile “promuovere un servizio efficiente di trasporto pubblico” che ridurrebbe il traffico delle auto private “aumentando gli standard di sicurezza”.
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Sicurezza, dagli incendi ai furti
A proposito di sicurezza, gli industriali ricordano che nella zone industriale di Catania ci sono terreni e capannoni abbandonati “contenenti detriti, materiale pericoloso e infiammabile“. Già in passato in queste zone sono scoppiati incendi che “hanno messo in serio pericolo gli operatori”. Per questo è necessaria “una mappatura degli insediamenti abbandonati”, mentre in generale – oltre a un potenziamento del servizio di nettezza urbana – serve un piano di bonifica “al fine di evitare i potenziali rischi di incendi e l’insalubrità dei luoghi”. Restando sulla salute, gli industriali denunciano anche “la mancata riattivazione di un presidio di pronto soccorso, indispensabile in un’area che ospita oltre 12 mila lavoratori“. La sicurezza non riguarda solo il rischio di incidenti o malori. Confindustria lamenta “l’acuirsi di danneggiamenti e furti” e chiede “un piano d’azione immediato in sinergia con tutte le forze dell’ordine”. Un primo passo sarebbe il ripristino dell’impianto di videosorveglianza installato nel 2009, “che per mancanza di manutenzione oggi risulta non operativo”.
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Il punto sugli interventi in corso
Confindustria fa anche il punto sugli interventi già in corso nella zona industriale. Molti di essi sono finanziati dal “Patto per Catania” o attraverso il Fondo europeo di sviluppo e coesione. Sulla carta i progetti sono molti. Si va dalla riqualificazione e potenziamento della rete idrica e di quella viaria (anche con il ricorso al telecontrollo e alle nuove tecnologie) alla messa in sicurezza di specifiche aree (come quelle limitrofe a via Pittari e via Mollica Alagona). Sul fronte del rischio idraulico, vi sono interventi sul torrente del Forcile, sul Collettore B e sul canale Buttaceto, oltre ai lavori di completamento della rete fognaria e l’avvio della linea dei reflui del depuratore consortile di Pantano d’Arci. Per alcune opere viene fornito il dettaglio dello stato di avanzamento, attingendo ai dati del sito Open Coesione. La fine dei lavori sembra lontana. Per i “Progetti di miglioramento delle strade” nel blocco Pantano d’Arci, ad esempio, “risultano spesi il 55 per cento dei fondi”. Per le “reti elettriche intelligenti”, sempre a Pantano d’Arci, “risultano spesi il 40 per cento dei fondi”.