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Piano Colao: spiagge siciliane “non sfruttate”

Per gli esperti del governo Conte l'isola potrebbe somigliare alle Baleari. Ma per il presidente del sindacato regionale dei balneari Ignazio Ragusa "si parla dei problemi per sentito dire"

Si intitola “Iniziative per il rilancio Italia 2020-2022”: è il piano elaborato dal gruppo di esperti voluto dal governo di Giuseppe Conte. Il lungo rapporto, ribattezzato “piano Colao” dal nome del manager che coordina il pool, conta 53 pagine, cui si aggiungono 121 “schede di lavoro” che illustrano quanto sarebbe necessario al Paese per ripartire dopo l’emergenza Covid-19. Al suo interno la Sicilia, alle prese in queste ore con le proteste di Trapani per l’abbandono della compagnia di bandiera Alitalia dello scalo Vincenzo Florio di Birgi, compare solo una volta, e solo come esempio di cosa non funziona: sul fronte turistico non si fa abbastanza per sfruttare le proprie spiagge.

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Il confronto con le Baleari: turisti dieci volte in meno

“La Sicilia, a fronte di un’estensione costiera e di condizioni climatiche comparabili alle Baleari ha un numero di pernottamenti dieci volte inferiore”, è scritto nel rapporto ora all’esame dell’esecutivo. Un esempio che, nelle intenzioni degli esperti, esemplificherebbe al meglio un problema più generale dell’Italia che “non sfrutta appieno le proprie potenzialità”. Anche perché se dal 2010 lo Stivale ha aumentato le proprie presenze turistiche del 4,5 per cento, “i concorrenti del Mediterraneo sono arrivati al 6”. Secondo gli esperti quindi per il settore, che in tutta Italia occupa “quattro milioni di addetti generando il 13 per cento del Pil”, guadagnando il quinto posto mondiale per visite (62 milioni nel 2019), le prime azioni da fare sarebbero quelle di creare “un presidio governativo centrale” per “coordinare tutti gli attori coinvolti nella filiera”. Un’azione da affiancare al “rafforzamento del budget centrale per le attività di marketing”, che dovrà servire per una attività di “Public Relations & Reputation strutturata”. E l’elaborazione di un piano strategico per il settore servirà soprattutto “a potenziare le agenzie di viaggio che portano turisti dall’estero”, i cosiddetti operatori inbound.

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Ragusa (Sib): “A Rimini più alberghi che le nostre cabine”

Per fare un confronto con chi sfrutta il potenziale delle proprie spiagge, non è necessario guardare alla Spagna: basta Rimini. “Non si può competere con luoghi che hanno lo stesso numero di alberghi di quante cabine abbiamo noi in spiaggia”, commenta il presidente siciliano del Sindacato italiano balneari Ignazio Ragusa. In Sicilia “gran parte di chi opera nel turismo lo fa con turismo locale, siamo costretti perché solo nel tentativo di fare infrastrutture che facciano turismo ci si impantana”. Costruire, come a Rimini o alle Baleari, “infrastrutture e strutture ricettive che, a prezzi decenti e con una sana concorrenza, riempiano le spiagge, è impossibile con la burocrazia siciliana”, commenta. Nei luoghi cardine dove si decidono i destini degli operatori turistici e delle spiagge “si parla per sentito dire, come se si fosse visto un documentario. Abbiamo le spiagge più belle di Rimini, ma qui si fanno lotte continue per qualunque cosa, le imprese non sono considerate risorsa”. Le interlocuzioni con le istituzioni “finiscono appena cambiano i rappresentanti politici, che quasi sempre non sanno nulla di turismo. Non c’è cultura e non c’è lungimiranza”. Ragusa, che opera nel litorale Playa di Catania, prende ad esempio “l’arrivo delle navi da crociera. Ne sono arrivate quattro lo scorso anno, e non abbiamo sfruttato nulla. Serve un coordinamento”.

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Incentivi per creare reti turistiche

Nel piano Colao si sottolinea come sia necessaria una ristrutturazione della governance pubblica, aspetto già evidenziato dalle agenzie di viaggio siciliane riunite in Fiavet, AdvSiciliaUnite e Maavi per le quali manca “un ministero del Turismo“. Ma si rilancia anche il tema del coordinamento. La proposta del comitato di esperti si concentra su degli incentivi da concedere al settore. Fondi, la cui entità non è stata esplicitata, che dovrebbero andare in primo luogo a sostenere la creazione di reti di impresa e aggregazioni. Al momento in Italia queste sono solo 575, “coinvolgono 1880 imprese pari al 5 per cento del totale (11 per cento se si considerano anche quelle della ristorazione)”. La proposta è quella di prevedere degli incentivi a fondo perduto, nella misura tra il 5 e il 20 per cento “dell’investimento necessario per la creazione e l’avviamento delle reti tra imprese del settore che dovrebbero essere senza gli attuali limiti di perimetro (cosi potendo fare anche reti di filiera)”, si legge nella scheda dedicata. Tra le altre proposte quella di effettuare un censimento complessivo delle 36 mila strutture ricettive italiane, al momento gestite da 34 mila proprietari. Un problema, secondo gli esperti, è quindi la carenza di catene alberghiere, presenti invece massicciamente nel territorio spagnolo. Ultimo passo quello di eliminare le “disomogeneità tra Regioni nella certificazione dei livelli di qualità delle strutture alberghiere”, ovvero il sistema delle stelle.

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Una stagione senza utili

La stagione balneare in Sicilia è appena iniziata, ufficialmente il 6 giugno. Ma con scelte e strategie valide per un anno di crisi, “che sappiamo si chiuderà al meglio in pareggio, senza utili”, commenta Ragusa. A Catania si ripartirà solo dal 16 giugno, con le cabine adattate “agli accorgimenti anti-Covid: per noi sono stati molto costosi ma per gli utenti sappiamo risulteranno facili da seguire, anche perché ci sarà meno affluenza”. A Palermo, nella spiaggia di Mondello, da quest’anno si cambia: niente cabine, ma più lettini e ombrelloni affiancati da spogliatoi, per rispettare la distanza di cinque metri. “A Mondello non si montano cabine perché le superfici non lo consentono con le distanze imposte. E quindi c’è stata una scelta dettata principalmente dal risparmio: costa meno mettere i lettini che montare le strutture in legno”. Il tema del risparmio è però centrale nella stagione che si sta per inaugurare. “Apriamo anche perché siamo coscienti che le spiagge senza i balneari sarebbero ingovernabili. Sarebbero senza bagnini, senza il personale che cura la sicurezza e i servizi, anche quelli scontati come quelli sanitari e le docce”. Secondo il presidente del sindacato balneari “la perplessità è capire dove non ci sono i balneari cosa succederà. Chi farà seguire le regole stringenti, che prevedono per noi controlli agli accessi e registrazione, nelle zone dell’agrigentino ad esempio, dove ci sono stabilimenti distanziati di centinaia di metri? E cosa succederà a Catania nelle aree non date in concessione come il lido Nettuno? Le regole valgono solo per i privati, e ci sentiamo come le botteghe ortofrutticole che seguono tutte le regole, ma che subiscono la concorrenza sleale dell’abusivo che agisce indisturbato”, conclude Ignazio Ragusa.

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Leandro Perrotta
Leandro Perrotta
Catanese, mai lasciata la vista dell'Etna dal 1984. Dal 2006 scrivo della cronaca cittadina. Sono presidente del Comitato Librino attivo, nella città satellite dove sono cresciuto.

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