“Cinque discariche per oltre 6 milioni di tonnellate di rifiuti, due inceneritori realizzati con soldi pubblici per bruciare ogni anno 600.000 tonnellate di rifiuti e cassonetti stradali per la raccolta a Palermo“, è questo il resoconto finale del rapporto ambientale per l’aggiornamento del Piano regionale dei rifiuti per risolvere il problema della spazzatura in Sicilia secondo l’associazione Legambiente. Per gli ambientalisti siciliani il piano è “stravagante“, in quanto “sono soluzioni che appartengono al passato e presentano il rischio di sottoporci nei prossimi anni a nuovi conflitti con l’Unione Europea, come è accaduto in passato, a causa del mancato raggiungimento degli obiettivi nazionali di avvio a riciclo stabiliti dalla direttiva sull’economia circolare”, scrive Tommaso Castronovo, da pochi giorni alla guida di Legambiente Sicilia.
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L’urgenza è Palermo: nel capoluogo serve il porta a porta
Secondo il nuovo presidente di Legambiente, intento l’urgenza è Palermo, dove sarebbe necessario seguire il modello Messina e a Catania con il porta a porta in tutta la città “evitando di sperperare denaro pubblico per inutili cassonetti stradali il cui tasso di qualità della raccolta differenziata necessario per l’avvio a riciclo è bassissimo. Solo rafforzando i sistemi di raccolta differenziata delle 4 città più grandi (Palermo, Catania, Messina e Siracusa) si ridurrebbe di oltre la metà i rifiuti attualmente conferiti nelle discariche”, spiega. Nel piano regionale dei rifiuti in vigore è previsto del resto un obiettivo ben preciso entro il 2030: raccolta differenziata al 90 per cento e una produzione di rifiuto secco indifferenziato non superiore a 230.000 tonnellate. Secondo Legambiente Sicilia per gestire queste quantità “sono sufficienti 4 impianti per la produzione di combustibile solido secondario da destinare ai cementifici siciliani in sostituzione del Pet coke e impianti innovativi waste to chemical per la produzione di idrogeno ed etanolo”.
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Le proposte: politiche attive e tariffe Tari puntuali
Le possibilità per migliorare significativamente le performance di raccolta differenziata e riciclo dei comuni siciliani sarebbero numerose, come dimostrano gli oltre 270 comuni ricicloni, ovvero quelli che nel 2022 hanno superato abbondantemente il 65 per cento di raccolta e 100 comuni rifiuti free che producono meno di 75 chilogrammi di rifiuti indifferenziati. “Le soluzioni esistono – prosegue Castronovo – e porterebbero a risultati in tempi rapidi: politiche attive per la riduzione della produzione di rifiuti a monte, l’applicazione della tariffa puntuale per ristabilire il principio di equità per chi non produce rifiuti e per individuare gli evasori, la creazione di centri di raccolta per i rifiuti ingombranti, RAEE, oli vegetali esausti, tessili, centri di riuso e per la preparazione al riutilizzo.
Puntare su biodigestione anaerobica e biometano
Inoltre – continua il presidente di Legambiente Sicilia -, occorre rapidamente approvare e realizzare gli impianti veramente utili per il riciclo e l’economia circolare, quelli di biodigestione anaerobica per la produzione di compost e biometano, per il trattamento dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche da cui estrarre le materie critiche (in Sicilia c’è solo un impianto e la raccolta più bassa di RAEE per abitante in Italia), per il riciclaggio dei pannolini, degli oli vegetali e minerali esausti, per il trattamento dei Pneumatici fuori uso. La regione dovrebbe impegnarsi a destinare tutte le risorse necessarie, velocizzando le autorizzazioni, e favorire gli investimenti pubblici e privati, per realizzare nei prossimi 3 anni questi impianti per risolvere definitivamente la questione dei rifiuti e non andare dietro a costosi e inutili discariche e inceneritori e che vedrebbero la luce forse nel 2030”, conclude Tommaso Castronovo.