Della “potenza di fuoco” da centinaia di miliardi promessa dal governo Conte per contrastare il coronavirus, i prestiti garantiti dallo Stato del decreto Liquidità sono forse il test migliore per verificare l’efficacia delle misure. E, secondo i dati del Fondo Centrale di Garanzia gestito da Mediocredito sull’accesso ai prestiti agevolati fino a 25 mila euro, stanno funzionando più a Nord che a Sud. La rilevazione conferma quanto già evidenziato da Fabi, la Federazione autonoma bancari italiani, in merito al ricorso al credito delle imprese nel periodo di crisi: oltre la metà va a finanziare le imprese del Nord, che chiedono mediamente più soldi avendo fatturati più importanti. Ma, a sorpresa, anche per importi inferiori – quelli fino a 25 mila euro garantiti al cento per cento dallo Stato – in Sicilia il numero di aziende resta significativamente più basso della media. Per scelta.
In Sicilia solo il 4,8 per cento dei prestiti d’Italia
Da dati aggiornati al 31 maggio del Fondo Centrale di Garanzia, emerge come in Sicilia l’importo medio richiesto alle banche sia inferiore di oltre 500 euro: 20 mila e 58 euro contro una media nazionale che sfiora i 20 mila e 600. Ma è soprattutto il numero di aziende che richiede il prestito significativamente inferiore in Sicilia: sono state appena 20 mila e 400, per un importo totale di 413 milioni. Si tratta del 4,8 per cento del totale, anche se nell’isola opera il 7,7 per cento di autonomi e piccole medie imprese. Per fare un paragone, nella sola Milano le aziende che hanno avuto accesso al credito sono state oltre 26 mila, per un totale che supera i 570 milioni. A Roma il totale arriva oltre i 626 milioni erogati per 29 mila e 600 aziende, mentre a Napoli la aziende scendono a 13 mila per 270 milioni. Ma non è una tendenza che riguarda solo le tre principali città italiane: se in Sicilia la provincia con più richieste è Palermo, con 4 mila e 570 e 93 milioni totali, seguita da Catania con 4 mila e 300 (e 88 milioni di erogazioni bancarie), in Puglia la sola Bari totalizza 181 milioni di prestiti per 8 mila e 800 aziende.
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Confindustria: “Il 40 per cento non vuole prestiti per scelta”
A dare una spiegazione allo scarso ricorso al credito ha provato Confindustria Catania. Secondo un sondaggio tra gli iscritti dell’associazione, è emerso come ben il 40 per cento non abbia “ritenuto utile fare ricorso agli aiuti per contrastare il fabbisogno di liquidità”. Una scelta consapevole quindi, che parte da due principali fattori, ovvero “i tempi molto brevi di restituzione delle provviste finanziarie e i vincoli burocratici che ne hanno fortemente limitato la portata”, spiega il presidente degli industriali etnei Antonello Biriaco. L’analisi del merito creditizio effettuata sulla situazione finanziaria precrisi avrebbe inoltre indebolito ulteriormente l’efficacia degli aiuti. “Il rischio, soprattutto nel nostro territorio, nel quale molte imprese avevano già il fiato corto prima dell’emergenza sanitaria, è che le misure di aiuto supportino solo chi possiede buoni parametri creditizi, lasciando da parte chi registra sofferenze bancarie, ancorché temporanee, con il pericolo di accelerare una pericolosa moria di aziende”, conclude Biriaco.
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Turismo vittima dei ritardi. E nessuno vuole i fondi Irfis
Lo studio di Confindustria Catania segnala inoltre come la maggioranza delle imprese che hanno chiesto l’accesso al credito siano ancora in attesa dei prestiti, per via dei tempi lunghi nell’esame delle pratiche. A farne le spese sono due dei settori maggiormente colpiti dal lockdown: edilizia e turismo. “A preoccupare – si legge nello studio – è l’aumento esponenziale delle imprese della filiera del turismo, dei servizi, e anche delle imprese storiche del territorio che vanno ad allargare le fila delle aziende in crisi di liquidità”. E dal campione analizzato, se il 75 per cento ritiene che queste iniezioni di liquidità potranno risolvere le problematiche finanziarie in atto il 25 pensa che la propria crisi finanziaria permarrà. Tanto che i prestiti promessi dalla Regione siciliana tramite Irfis sembrano passati quasi inosservati dagli imprenditori etnei: secondo lo studio di confindustria Catania “solo il 18 per cento degli intervistati dichiara di voler utilizzare questi strumenti di finanziamento a fondo perduto”.