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Protesta dei commercianti etnei. Sei proposte per ripartire

Seduti a distanza di sicurezza, in silenzio. Ma con le idee chiare: "Abbiamo proposte per ripartire e fare risparmiare lo Stato", spiega il presidente di Confcommercio Catania Agen

I commercianti etnei in protesta contro il Governo per le misure anti-Covid. Lo accusano di “non avere ancora deciso come farci morire”. A distanza di sicurezza l’uno dall’altro, con mascherine e cartelli in rappresentanza del proprio settore, Confcommercio, la Federazione pubblici esercenti (Fipe) e il Sindacato balneari (Sib) hanno manifestato in silenzio nella centralissima piazza Università di Catania. Ma con la promessa di portare all’attenzione di tutto il Parlamento italiano un documento di sei proposte “concrete che faranno risparmiare anche soldi allo Stato”, afferma il presidente di Confcommercio Pietro Agen. “La metà dei siciliani lavora e campa grazie al mondo del commercio e vogliamo dare il nostro contributo reale a costo zero per lo Stato”, afferma Dario Pistorio, presidente Fipe Catania.

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Una ricetta solo per il commercio

Sono diverse le motivazioni che hanno spinto il mondo del commercio a protestare. Dalla mancanza di liquidità alle difficoltà nel mantenere i dipendenti che c’erano prima del lockdown, anche a causa di un notevole decremento dei clienti. Poi c’è la difficoltà nell’accesso al credito. Alla base le entrate economiche azzerate dall’emergenza Covid-19. Per la ripartenza serve investire economicamente nel rispetto delle linee guida Inail: almeno 500 euro in media, come stimato da Fipe. Non molto in termini assoluti “ma sono comunque costi aggiuntivi in un periodo in cui circa l’ottanta per cento dei commercianti non ha ricevuto nessun aiuto economico”. Le misure finora decise dal Governo nazionale secondo Fipe non “sono sufficienti”, quelle del governo regionale invece “sono limitate”: “serve una ricetta ah hoc solo per il commercio”. Del resto, come affermato dal presidente di Confcommercio Agen “non si può mettere insieme, come fatto nei decreti, la scuola, la Sanità, le badanti e anche le imprese. Ci sono delle specificità che vanno chiarite con una legge apposita”. Una legge che dovrebbe partire dalle “sei proposte concrete” che i rappresentanti delle sigle in protesta consegneranno al sindaco di Catania Salvo Pogliese “e successivamente a tutti i gruppi parlamentari per giungere a una norma specifica”.

Difficoltà d’accesso al credito

Nonostante le assicurazioni delle copertura da parte del Governo, inoltre, i commercianti lamentano la difficoltà nell’accesso al credito: il prestito agevolato da 25 mila euro previsto dal Cura Italia “è spesso bloccato da cavilli”, spiega Pistorio. “Può capitare che non sei riuscito a saldare un assegno, anche di piccole entità, ma questo fa sì che vieni considerata azienda in sofferenza e questo preclude l’accesso al sostegno”. “Una legge ad hoc, che è un’altro dei nostri punti, permetterebbe di mettere nero su bianco la non necessità di garanzie bancarie. Fin quando non sarà fatto, per i prestiti anche nell’emergenza varranno le regole di sempre”, spiega Agen.

Dipendenti: “Lo stato blocchi la cig e paghi i contributi”

Per quanto riguarda i dipendenti c’è un doppio aspetto che Pistorio sottolinea. Non hanno ancora ricevuto “in larga parte” la disoccupazione e non sanno se riavranno il loro posto di lavoro. “Cerchiamo di sostenerli, sulle nostre spalle pesa l’inefficienza del Governo”. Chiedono quindi che si azzerino i contributi statali per 8-12 mesi, fatti salvi i contributi previdenziali al lavoratore. L’idea è quindi quella di “fermare il pagamento dei contributi previdenziali e gli altri oneri, che verserebbe lo Stato, in modo tale che le imprese possano pagare solo quanto dovuto al lavoratore. Allo Stato costerebbe meno della cassa integrazione, che i nostri dipendenti non hanno ancora in larga parte ricevuto. Ed è inaudito”, spiega Agen. Senza contare che, se i dipendenti venissero licenziati, lo Stato dovrebbe comunque sborsare “la disoccupazione a fronte di zero contributi”, afferma Pistorio. Con la proposta di Fipe, “non incassano lo stesso i contributi, ma si risparmia su cassa integrazione e sulla disoccupazione”. Allo stesso modo, i commercianti vorrebbero che tutte le tasse, di qualsiasi tipologia, slittassero a gennaio con pagamenti rateizzati.

Bloccare il pagamento pensionistico

Se per i dipendenti il contributo pensionistico non dovrebbe essere in dubbio, diversa è la posizione dei titolari degli esercizi. Vorrebbero eludere il credito, che pesa in media dai quattro agli otto mila euro annui, per recuperarlo in seguito. “Ci è stata dedicata una quota una tantum da 600 euro, e non solo sono meno di quanto qualcuno prende per il reddito di cittadinanza, non bastano neanche per pagare l’affitto”. Anche in questo caso secondo Fipe “nessun danno per lo Stato, piuttosto faccio danno a me stesso”, dice Pistorio. La misura va definita però, scritta nero su bianco subito, “altrimenti scatteranno controlli e interessi da parte di Inps”. “Sui 600 euro – prosegue Agen -, c’è stato inoltre un trattamento uguale per tutti. Categorie che sono rimaste attive hanno ricevuto gli stessi 600 euro di chi ha dovuto chiudere. Un macellaio non ha subito lo stesso blocco di un artigiano o di un rappresentante di moda, categorie completamente ferma e di cui nessuno parla”.

Agen: “Stop a saldi e anticipi Iva, l’Irap non basta”

Le ultime due proposte di Confcommercio alla politica sono quelle dedicate strettamente al futuro delle imprese, ovvero le imposte e i contributi a fondo perduto. “Tra poco siamo a giugno, e gli imprenditori dovranno versare anticipi Iva e saldo dello scorso anno. Non è possibile chiederlo ora, non ci sono le condizioni: chi ha fatturato a marzo poco prima del blocco non ha ancora ricevuto nulla, e dovrà pagare”, afferma Agen. Il blocco delle imposte dovrebbe però essere esteso fino a fine anno. “Non basta l’encomiabile blocco dell’Irap, che versano solo le aziende con dipendenti. La Sicilia è fatta di piccole partite Iva, e ci vorrà un tempo indefinito per ripartire: la questione riguarda anche il secondo acconto da versare a dicembre”. Il tema dei contributi a fondo perduto rientra invece “nel problema più ampio della necessità di una legge specifica per le imprese e il commercio: non ha senso proporre eventuali ristori basati sui mancati introiti di aprile, quando in Sicilia moltissimi settori, dal turismo ai matrimoni alla ristorazione, e persino nei grandi eventi come EtnaComics, lavorano a partire da maggio. Sarebbe più corretto fare un conteggio su base trimestrale o semestrale”. Le proposte, oltre a essere inviate ai parlamentari “saranno certamente condivise con le altre sedi di Confcommercio. Noi siamo consapevoli che chi produce davvero abbia bisogno di regole chiare scritte nero su bianco, e non di un grande provvedimento da 266 articoli che contempla tutto”, conclude Pietro Agen.

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