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Province, il ritorno delle ex: ma la nuova legge rischia l’illegittimità

La Giunta regionale ha varato una proposta di legge per reintrodurre gli enti di area vasta con elezioni diretta da parte dei cittadini. Ma le "Province" contemplate dalla Costituzione sarebbero in contrasto con lo Statuto siciliano, che prevede invece la figura dei "Liberi consorzi"

Ripristinare il ruolo politico delle ex Province in Sicilia: è l’obiettivo del disegno di legge recentemente approvato dalla giunta Schifani con deliberazione n. 117 del 3 marzo 2023, che dovrà passare adesso all’esame dell’Assemblea regionale siciliana. Tuttavia, l’impianto della proposta presenterebbe delle anomalie, in quanto “supera il dettato dello Statuto siciliano, che all’art. 15 prevede invece i Liberi consorzi, enti che non sono certamente eleggibili in via diretta dai cittadini. Sono enti intermedi che diventano una sede di mediazione, confronto o decisione degli stessi Comuni”, osserva Giuseppe Lauricella, professore di Diritto pubblico all’Università di Palermo. Se da una parte, quindi, il nuovo disegno di legge stabilisce subito che “i Liberi consorzi assumono la denominazione di Province” e ripropone presidenti, giunte e consiglieri in carica per cinque anni, dall’altra lo Statuto regionale basa l’ordinamento degli enti locali in Sicilia “sui Comuni e sui Liberi consorzi, dotati di autonomia amministrativa e finanziaria – prosegue Lauricella – ed è una rappresentazione completamente diversa dalla Provincia, che ritroviamo invece come modello nella Costituzione”.

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Il nodo irrisolto dell’elezioni degli organi politici

In Italia, le Province individuate nella Costituzione sono state riformate dalla legge Delrio, la n. 56/2014 e sono diventate strutture con organi eletti attraverso elezioni di secondo grado: a votare non sono i cittadini, ma gli stessi rappresentanti politici già eletti nei Comuni. Nel 2021 la Corte costituzionale ha però smontato la riforma e demandato al legislatore nazionale il compito di correggere con nuove norme. Sul tema, il dibattito è ancora in corso. In Sicilia, le vecchie Province regionali istituite con la Lr 9/1986 sono state soppresse dalla Lr 15/2015 che ha istituito tre Città metropolitane (Palermo, Catania e Messina) e i Liberi consorzi comunali che coincidono di fatto con le altre sei ex Province. Su questa legge, la Corte d’Appello di Catania ha sollevato la questione di legittimità costituzionale, perché i sindaci metropolitani non vengono così eletti da tutti i cittadini del territorio provinciale ma solo da quelli del capoluogo, che votando il proprio sindaco lo nominano anche sindaco metropolitano. La Corte costituzionale “è intervenuta dichiarando inammissibile la questione, ma dicendo che il problema esiste e lasciando al legislatore il compito di risolvere la questione – spiega Lauricella – trovando un sistema per fare in modo che il sindaco metropolitano abbia una diversa modalità di elezione, ma mai dicendo di estendere a tutti l’elezione diretta”.

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Elezioni rinviate già undici volte

La Regione finora ha rinviato 11 volte le elezioni di secondo grado di Città metropolitane e Liberi consorzi e prorogato ogni volta la gestione commissariale. Ha legiferato nuovamente nel 2017, con la Lr 17, che prevede l’elezione diretta degli organi dei Liberi consorzi. Ma il governo nazionale l’ha impugnata e la Corte costituzionale, nel 2018 (sentenza n. 168) “ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della previsione dell’elezione diretta del presidente dei Liberi consorzi, per violazione dei principi delle grandi riforme economiche e sociali su cui si basa la legge Delrio e in contrasto anche con l’art. 15 dello Statuto siciliano”, come ricorda il professore Lauricella. Da quanto ricostruito finora, è chiaro come il percorso giuridico degli enti cosiddetti “di area vasta” come le Province è stato sempre accidentato. “Ci accorgiamo che, per esempio, anche la Lr 9/86 sulle Province regionali è stata motivo di critica, perché superava e comunque aggirava eludeva il dettato statutario. Nel 2014 il Tar Sicilia ne parlava dicendo appunto che l’art. 15 dello Statuto attribuisce una diversa configurazione all’assetto istituzionale sovracomunale rispetto a quello scaturito dalla Lr 9/86. Ma non veniva rimandata la questione alla Corte costituzionale”, aggiunge Lauricella. 

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Il percorso corretto: modificare lo Statuto

“Se proprio si volessero ripristinare le Province prima previste e poi soppresse – spiega il docente – la Regione dovrebbe partire dalla radice e chiedere la modifica dell’art. 15 dello Statuto, introducendo nell’ordinamento regionale siciliano l’ente Provincia e superando i Liberi consorzi. Così si procederebbe in maniera lineare, senza possibilità di dubbio. Modificare l’articolo 15 e indicare per legge che l’ente intermedio è rappresentato dalle Province, sarebbe una procedura costituzionalmente coerente”. Perché si possa modificare lo Statuto, occorre una legge costituzionale, che dev’essere approvata dal Parlamento nazionale. Se si andasse avanti invece con l’attuale disegno di legge, l’Ars potrebbe presto incardinarlo e vararlo: nel testo, infatti, la finestra temporale per il primo turno elettorale utile viene indicata tra il 15 ottobre e il 30 novembre. Difficile prevedere se il riferimento (o l’auspicio) sia per l’anno in corso, ma se ciò avvenisse, si riaprirebbe la corsa alle poltrone e alle indennità di carica. “Non posso nascondere – osserva inoltre Lauricella – che questa aspirazione a reintrodurre un ente come la Provincia sembra dettato più dall’esigenza di voler definire un ambito in cui una larga parte del ‘personale’ politico troverebbe una collocazione, con un aggravio dei costi che sarebbe evitato finché la elezione degli enti intermedi dovesse rimanere di secondo grado, facendoli costituire direttamente dai consiglieri comunali già in carica”.

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Agostino Laudani
Agostino Laudani
Giornalista professionista, nato a Milano ma siciliano da sempre, ho una laurea in Scienze della comunicazione e sono specializzato in infografica. Sono stato redattore in un quotidiano economico regionale e ho curato la comunicazione di aziende, enti pubblici e gruppi parlamentari. Scegliere con accuratezza, prima di scrivere, dovrebbe essere la sfida di ogni buon giornalista.

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