Nuove Province: quando si vota? Sulla carta la previsione è di andare al voto “tra il 15 ottobre e il 30 novembre“, secondo il disegno di legge (n. 319-97) che è stato approvato il due luglio dalla commissione Affari istituzionali dell’Assemblea regionale siciliana. L’ipotesi, però, è appunto solo teorica. Il testo deve ancora passare dalla commissione Bilancio per poi approdare in Aula. Qui potrà essere modificato e poi andrà al voto finale da parte di tutti i deputati. Passaggi che avverranno dopo la pausa estiva, quindi non prima di metà settembre. Ammesso, però, che si faccia tutto velocemente, la nuova legge siciliana dovrà camminare in accordo con la nuova legge nazionale che disciplinerà le Province in Italia e che è in discussione in Senato. Questo per evitare che la legge siciliana possa essere impugnata. Occorreranno quindi sintonie politiche, tra Palermo e Roma. Ecco perché è molto più probabile che i cittadini vengano chiamati al voto non nel 2023, ma in una finestra temporale tra il 15 aprile e il 30 giugno 2024. Si sa inoltre già da adesso che serviranno 16 milioni di euro subito, già per il primo anno di attività dei nuovi enti, tra operazioni elettorali e compensi per i politici.
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Nuove Province: subito 16 milioni di euro
Il disegno di legge regionale ha previsto una copertura finanziaria per sostenere le consultazioni elettorali: seggi, schede, registri, allestimenti, personale, scrutatori. Saranno necessari cinque milioni di euro. A questa somma vanno aggiunti i nuovi costi politici. I cittadini eleggeranno direttamente nove presidenti, che nomineranno 61 assessori. Dalle urne verranno fuori anche i nomi di 246 consiglieri provinciali. In totale saranno 316 nuovi soggetti politici. I compensi li stabilisce la legge nazionale che si applica anche in Sicilia e che è stata recentemente aggiornata. Fatti i conti, saranno necessari, ogni anno, 11 milioni di euro. Un costo che appare persino irrilevante se paragonato al costo complessivo attuale dei nove enti: 1,7 miliardi di euro l’anno. Sì, è proprio così: i politici “pesano” per un modesto 0,6 per cento sui bilanci delle Province. Che si arrivi a votare nel 2023 o nel 2024, è quindi sicuro che per il primo anno di attività dei nuovi enti serviranno 16 milioni di euro.
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Le Città metropolitane a Palermo, Catania e Messina
Si intendono tutte come ‘Province‘, ma il disegno di legge fa delle distinzioni . Nelle tre città più grandi della Sicilia, Palermo, Catania e Messina, le “Province” saranno denominate “Città metropolitane“. Proprio come avviene adesso. Saranno guidate da un presidente della Città metropolitana che insieme agli assessori comporrà la Giunta metropolitana. I consiglieri andranno a formare il Consiglio metropolitano. Negli altri capoluoghi, (Trapani, Agrigento, Enna, Caltanissetta, Siracusa e Ragusa), l’attuale denominazione di “Liberi Consorzi comunali” sparirà del tutto. I Consorzi, previsti dallo Statuto siciliano e introdotti dalla legge 15/2015, formalmente non esisteranno più. Saranno sostituiti dalle nuove “Province“. La guida sarà affidata al presidente della Provincia, che insieme agli assessori formerà la Giunta provinciale. I consiglieri eletti costituiranno il Consiglio provinciale. Il disegno di legge prevede che il numero di assessori e consiglieri sia proporzionato alla popolazione residente nel territorio. Quanto alle competenze degli enti, non ci saranno modifiche: resteranno quelle della legge 15.