Sono circa duemila i posti di lavoro trovati ai siciliani beneficiari del Reddito di cittadinanza (Rdc) da quando è iniziata la procedura di ricerca con l’aiuto dei navigator. Un numero basso se si considera che la Sicilia, con oltre 180 mila, è la seconda regione in Italia per percettori della misura governativa. Tante la variabili da considerare, a cominciare dal fatto che tra l’avvio della misura e le modalità di espletamento sono passati diversi mesi. È conseguente l’accumulo dei beneficiari da collocare. Non tutti inoltre sono pronti per rispondere alle richieste delle aziende. Tra i casi particolari mamme o future tali, studenti, chi ha già un lavoro ma di poche ore settimanali e chi non ha titoli scolastici oltre la licenza elementare. Non tutti, ancora, dipendono dallo stesso ente per trovare un lavoro. Una parte (più di 126 mila) è in capo ai centri per l’impiego, l’altra dipende dai comuni. Una divisione effettuata secondo i dati disponibili dell’Istituto nazionale di previdenza sociale per cui, spiega la responsabile regionale Anpal, Patrizia Caudullo “chi è già riconosciuto dall’Inps in quanto destinatario di misure di assistenza viene inviato ai comuni”.
Una macchina complessa
La macchina per coinvolgere davvero l’utente nel sistema di assistenza è “complessa” secondo la responsabile Caudullo e, anche per la mole di beneficiari, “non è stato facile farla partire”. In effetti la fase operativa è stata avviata diversi mesi dopo quella per la raccolta delle domande per avere il beneficio. Nel frattempo i numeri sono cresciuti e le pratiche da smaltire sono arrivate in massa ai centri per l’impiego. Entro una certa data inoltre (30 gennaio per il primo blocco) i beneficiari dovevano essere convocati. “Un lavoro massacrante ma che, grazie anche alla Regione, abbiamo fatto entro i termini dati”.
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Centoventisei mila convocazioni al 31 gennaio
Degli oltre 126 mila beneficiari convocati si sono presentati in più di 109 mila, dei quali 68 mila hanno sottoscritto il patto di servizio Rdc necessario. La discrepanza è formata da “tutti i casi previsti dalla legge che prevedono che se sei in una determinata situazione non puoi essere avviato al lavoro per quel periodo perché stai facendo altro”. Queste categorie riguardano gli “esclusi” (11 mila) come ad esempio gli studenti “a cui non possiamo chiedere di lasciare gli studi per mettersi a lavorare”, e gli “esonerati” (16 mila) come mamme in maternità o con figli minori di tre anni, chi sta affrontando delle cure o chi ha un lavoro per poche ore settimanali.
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Chi non collabora perde il beneficio
Coloro che, invece, non si presentano alla convocazione del centro per l’impiego senza un giustificato motivo, vengono sanzionati. La prima volta il beneficio viene sospeso per un mese, la seconda per due e poi decade. Quelli in questa situazione, secondo i dati forniti da Anpal, sono 9 mila. Tra i dati dell’ente c’è anche la voce “trasformati” (più di 5 mila). Si tratta di tutte quelle persone che “nonostante siano stati mandati dall’Inps al centro per l’impiego perché ritenuti idonei al lavoro, hanno particolari condizioni di fragilità quindi devono essere affidati ai comuni per analizzare al meglio lo stato del loro bisogno”, afferma Caudullo. La responsabile Anpal Sicilia cita ad esempio chi non ha una casa e dorme per strada o a chi è tossicodipendente.
Un mezzo di inclusione sociale
I numeri sono importanti e anche la varietà dei casi da affrontare. Alcuni, senza questa misura, “non sarebbero mai stati conosciuti dal centro per l’impiego”. Per Patrizia Caudullo ci sono tante persone che hanno vissuto di assistenzialismo, di espedienti o anche di delinquenza e grazie al Rdc “che prevede un rapporto uno a uno con il navigator e per cui nessuno si sente lasciato a se stesso”, si stanno incamminando su una strada nuova. Prima di arrivare alla fase “ti ho trovato un lavoro”, come detto, ci sono degli step formativi da affrontare. In particolare, ma non solo, per quella “buona parte” dei 68 mila che hanno firmato il Patto di servizio Rdc che non hanno neanche la licenza media. Qualcuno di questi ha anche meno di 30 anni. I giovani, soprattutto, prima di essere avviati a un lavoro, stanno affrontando un percorso di formazione che non possono rifiutare. “La logica è: io ti do il beneficio ma tu devi essere collaborativo per uscire da questa condizione”. Caudullo non ha dubbi: “lo dico da tecnico, è un meccanismo che ci permette di innalzare il nostro sistema Paese e di migliorarlo”.
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Navigator e operatori dei centri per l’impiego
Una volta superato il processo d’avvio, il contatto con il proprio navigator “è continuo e collaborativo”. Una definizione che secondo Caudullo vale anche nel rapporto tra navigator e dipendenti dei centri per l’impiego. I primi si occupano più del processo dell’orientamento e dell’incrocio domanda e offerta, i secondi più della parte amministrativa e dell’offerta per chi non percepisce il Rdc. Una integrazione “fondamentale perché se i navigator non facessero il loro lavoro nei centri per l’impiego e con gli operatori dei centri, non andrebbero da nessuna parte”. Una sinergia che si starebbe dimostrando anche tra i vari enti quali Regione e comuni. “Una vera rete proficua” secondo Caudullo.