Secondo gli ultimi dati Inps, a giugno 2023 sono stati 896 mila i nuclei familiari che hanno ricevuto il Reddito di cittadinanza (RdC). Da oggi con le nuove regole introdotte dal governo Meloni, molte di queste famiglie non lo riceveranno più: sono infatti scaduti per la maggior parte di loro i sette mesi di erogazione massima del sussidio. In attesa dei dati ufficiali di Inps, le stime parlano di almeno 169 mila nuclei familiari che hanno già ricevuto l’sms che ne comunica la sospensione. Tra questi ci sarebbero 37 mila nuclei siciliani, di cui 11.500 a Palermo e almeno 9 mila a Catania, come sottolineato anche da Cgil. Capire cosa succederà ora è però più complesso di quanto sembri: da gennaio ci sarà per le famiglie considerate fragili, quelle con all’interno del nucleo almeno un minore, una persona con disabilità o un ultra sessantenne, la conversione del RdC in “Assegno di inclusione” (Adi), con regole, e importi, sostanzialmente invariati. Per gli altri, da settembre dovrebbe partire invece il “Supporto per la formazione e il lavoro“, in breve Sfl.
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I numeri del RdC: Sicilia seconda regione per percettori
Secondo gli ultimi dati diffusi da Inps, dall’inizio dell’anno sono stati un milione e 324 mila i nuclei familiari che hanno percepito il RdC, ovvero 2 milioni e 805 mila persone, per un importo medio di 566 euro a famiglia. Di questi nuclei, 255 mila sono siciliani, pari a oltre 585 mila individui, con un importo medio di 611 euro. Si tratta, sia per importo che per numero di persone coinvolte, del secondo maggior dato nazionale dietro alla sola Campania che sfiora i 290 mila nuclei percettori da gennaio a giugno 2023 con un importo medio di 632 euro e 710 mila persone coinvolte. Il maggior importo, per entrambe le regioni, indica quindi una maggiore presenza di minori nei nuclei, ovvero una maggiore probabilità di usufruire della nuova Adi da gennaio.
Il dato, se si considera il solo mese di giugno, scende appunto a 896 mila nuclei totali e un milione 985 mila persone. Di questi 208 mila sono in Campania e 189 mila sono in Sicilia, pari a 449 mila individui. Oltre la metà del totale dei nuclei è diviso tra le province di Palermo (quasi 59 mila nuclei a giugno per 152 mila individui), e Catania (46 mila nuclei familiari e 110 mila persone). Segue Messina (19 mila nuclei), Trapani (15 mila), Siracusa e Agrigento (entrambe sopra quota 14 mila), Caltanissetta poco sotto i 9 mila nuclei, Ragusa a quota 6 mila e 700 e infine Enna che ne conta 5 mila e 200.
Sfl: solo 350 euro al mese. Ma manca ancora l’iter
Per ora del nuovo sussidio per chi è considerato “occupabile”, il Supporto per la formazione e il lavoro (in breve, Sfl), si sa poco di concreto. Al momento quel che è sicuro è la riduzione dell’importo mensile erogabile per ogni beneficiario da 500 a 350 euro, e sarà valido per le persone che con le nuove regole sono considerate in grado di lavorare per massimo 12 mensilità. Il nuovo Sfl parte da dove il RdC sembra aver fallito: l’inserimento lavorativo. Se infatti il grande valore per il contrasto alla povertà del sussidio è stato riconosciuto dai maggiori studi sull’Economia italiana, da Banca d’Italia a Istat passando per Svimez, l’obiettivo del nuovo Sfl “è l’inserimento al lavoro”, come scrive Inps in una nota nella quale introduce le “disposizioni transitorie” tra RdC e Sfl. Per accedere alla misura “oltre a presentare una domanda, è necessario seguire uno specifico iter, che sarà illustrato in una video guida messa a disposizione dall’Istituto”. La video guida non è ancora disponibile.
I nuclei affidati ai servizi sociali sono già 88 mila
A complicare il quadro, in attesa di numeri e procedure ufficiali per accedere alle nuove misure, le “disposizioni transitorie” di Inps prevedono che, per alcuni nuclei familiari non attivabili al lavoro possa pervenire una comunicazione di presa in carico da parte dei servizi sociali. La comunicazione, fa sapere Inps, arriverà “comunque non oltre il 31 ottobre”. Per questi nuclei presi in carico dai servizi sociali la fruizione del Reddito di cittadinanza potrà proseguire, senza il limite delle sette mensilità e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2023. L’ipotesi della presa in carico “non riguarda i nuclei familiari i cui componenti sono stati avviati ai Centri per l’Impiego e per i quali non è risultato necessario il rinvio ai servizi sociali”. L’Inps comunica infine di aver già ricevuto da parte del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, nei primi giorni di luglio, 88 mila comunicazioni a riguardo. Numeri che, se confermati, dimezzerebbero la platea dei potenziali “esclusi”, almeno provvisoriamente.