La fornace Penna di Scicli è solo l’ultimo dei beni che la Regione siciliana ha aggiunto al proprio patrimonio nel corso dell’anno. Una acquisizione che, per restare agli immobili storici, quest’anno ha visto confluire nuovamente tra le disponibiltà del governo regionale anche l’ex ospedale Vittorio Emanuele di Catania, per cui è prevista la realizzazione di un museo. Mentre altri beni, come le terme di Sciaccia ed Acireale, attendono un bando per affidare la gestione a privati. Ma fare un resoconto del patrimonio immobiliare regionale è impossibile, dice la Corte dei Conti. Nelle 120 pagine dedicate all’analisi del bilancio 2018, i magistrati contabili lo dicono chiaramente: “Resta gravemente irrisolto il problema della ricognizione straordinaria del patrimonio e della conseguente rideterminazione del suo corretto valore”.
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Fondo di dotazione a quota 7 miliardi
La ricognizione del patrimonio, non solo immobiliare, prevista dal decreto legislativo 118 del 2011, avrebbe in sede di stesura di bilancio l’importante ruolo di rimpinguare il fondo di dotazione, “ossia la parte indisponibile del patrimonio netto a garanzia della struttura patrimoniale dell’ente, che espone un valore che permane negativo, pari ad euro sette miliardi e 645 milioni”. Come a dire che una corretta inventariazione di quanto posseduto dalla regione potrebbe da subito portare benefici a una situazione finanziaria d’emergenza. Al momento la Regione siciliana è ancor in fase di “ricognizione” dei beni, con il Dipartimento Finanze e credito che sta svolgendo le operazioni propedeutiche alla costituzione del Registro unico degli inventari del patrimonio immobiliare. Con particolari criticità, per la mole di manufatti d’arte e beni immobili, per quanto riguarda il Dipartimento beni culturali. E per la quale, da quanto emerge dalla relazione della Corte dei Conti, non è possibile fissare una scadenza.
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Un censimento inutile, costato 100 milioni
L’ultimo censimento attuato dalla Regione, affidato alla società Sicilia Patrimonio Immobiliare spa ha avuto secondo i giudici un “esisto fallimentare”. Il costo dell’operazione, stigmatizzato anche dai parlamentari del Movimento 5 stelle, è stato di almeno 110 milioni. Ma l’operazione “non ha recato alcun beneficio alla Regione e ha comportato il dispendio di ingenti risorse pubbliche senza alcuna concreta utilità per la collettività”, scrive la Corte. E il patrimonio netto della Regione siciliana al 31 dicembre 2018 risulta negativo per euro 5 miliardi e 270 milioni, anche se migliorato rispetto al precedente anno per una differenza pari ad euro 472 milioni. La Corte sottolinea poi come, a causa di un aumentato volume di pagamenti, ci sia stato un forte decremento della voce “denaro e valori in cassa” dal 2017 al 2018, passando da euro 1 miliardo e cento miliani ad 314 mila euro (-71,92 per cento).
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Sullo stato patrimoniale “gravi irregolarità”
Sulla base delle rilevazioni, i magistrati hanno riassunto in quattro punti le “gravi e significative irregolarità” rilevate sullo stato patrimoniale della Regione siciliana, “irregolarità che riguardano la maggior parte delle appostazioni contabili, che finiscono per inficiare l’attendibilità complessiva dello Stato patrimoniale”. Oltre al mancato completamento della ricognizione straordinaria del patrimonio, prevista per legge, non stati predisposti l’inventario unico dei beni e il registro dei beni ammortizzabili. Inoltre, non è stato completato l’inventario dei beni dell’ex Azienda foreste demaniali, mentre la quantificazione delle immobilizzazioni finanziarie, con specifico riferimento alle partecipazioni societarie, “risulta imprecisa e non compiutamente fondata sul metodo del patrimonio netto”. La Corte non risparmia infine anche una nota tecnica: “non è stato utilizzato un metodo di registrazione contabile concomitante in partita doppia”, a cui si aggiunge il “mancato utilizzo della contabilità analitica mediante matrice di correlazione”. Metodologie di registrazione contabile che permetterebbero di “realizzare il costante ed immediato collegamento tra le scritture finanziarie e la contestuale rilevazione delle correlate poste economico-patrimoniali”. Al momento, concludono i magistrati contabili “il motore di ribaltamento a disposizione dell’Amministrazione regionale, che trasforma le registrazioni finanziarie in movimenti economico-patrimoniali, funziona in modalità ‘asincrona’ e non automatizzata”.