Sono i fattorini del food delivery, quelli che in tutte le maggiori città italiane in poche decine di minuti recapitano a casa pizze, panini, sushi o bevande. In bicicletta, ma più frequentemente su un motorino, sfrecciano nel traffico dopo aver ricevuto un ordine su app come Glovo, Deliveroo, Just Eat, Prestofood. Una categoria di lavoratori nuova, appartenente alla cosiddetta gig economy, con un guadagno lordo medio di meno di 3 euro a consegna, e difficile anche da inquadrare numericamente. La stima più autorevole, quella della Fondazione Rodolfo Debenedetti, parla di appena diecimila addetti a livello nazionale. “Solo a Catania siamo almeno in 100 a lavorare per le app, in totale potremmo anche essere 400. E’ tutto molto variabile”, spiega Angelo Guglielmino, rider ventiduenne e tra i pochi ad utilizzare la bicicletta “in una città piena di dislivelli”. Guglielmino è uno dei fondatori di Riders Union Catania, gruppo composto da “una quindicina di membri”, dice. “Lavoriamo tutti per Glovo, un euro e sessanta a consegna più 40 centesimi per ogni chilometro, ed è difficile arrivare a dieci euro lordi l’ora”. Anche riunirsi non è stato facile: “Si lavora a cottimo e l’app ti mette in competizione con gli altri, è fatta per isolarti con un sistema di classifica che premia chi ha punteggi più alti. Un anno fa uno di noi si è rotto un braccio e ha dichiarato di essersi infortunato mentre faceva una consegna. La sua vertenza è finita nel nulla, ma è stato un apripista”, racconta. Per i riders, infatti, le tutele sono ancora da stabilire.
La ministra: “Contratti subordinati e niente cottimo”
Nell’aprile scorso qualcosa si muove, ma ci sono volute proteste in tutta Italia. A Catania si sono svolte una manifestazione davanti al Mc Donald’s di piazza Stesicoro e un’assemblea al Cpo Colapsesce. Su proposta dell’allora ministro del Lavoro Luigi Di Maio la scorsa estate è stato varato il decreto riders e l’attuale ministra Nunzia Catalfo ne ha annunciato delle modifiche. “L’emendamento – spiega una nota della ministra -, che sarà presentato al cosiddetto Decreto Crisi al Senato, prevede per i ciclofattorini impiegati in maniera continuativa le tutele del lavoro subordinato mentre per chi lavora in maniera occasionale un pacchetto minimo di diritti inderogabili (divieto di cottimo, paga minima oraria collegata ai Ccnl, salute e sicurezza, tutele previdenziali) a cui può affiancarsi una regolamentazione specifica tramite la stipula di contratti collettivi”. “Al momento per i riders non c’è nessuna assicurazione, staremo a vedere cosa sarà legge. Noi – afferma Angelo Guglielmino -, rivendichiamo l’inserimento nella categoria Logistica, come chi fa le consegne dei pacchi, e che ci sia un contratto subordinato: il cottimo non piace a nessuno. A Catania siamo tutti lavoratori con ritenuta d’acconto, praticamente nessuno ha una partita iva. Io sono uno studente, ma ci sono tanti padri di famiglia che lo fanno come secondo lavoro”, conclude.
I sindacati: “Stiamo lanciando campagne informative”
Il problema non sono solo le app perché fattorini del cibo che lavorano per le applicazioni sono solo una piccola parte, come spiega Emmanuel Sammartino, responsabile dei riders per Filt Cgil e Nidil Catania. “Non c’è un vero coordinamento tra lavoratori, anche perché oltre a chi lavora per le app ci sono i fattorini storici delle pizzerie, che magari prendono un fisso di 20 euro a serata”. Pagamenti spesso in nero, e con situazioni nelle quali in caso di incidente dimostrare che si tratti di un incidente sul lavoro è ancora troppo difficile. “A Catania stiamo provando a lanciare campagne informative per dire ai ragazzi che siamo a disposizione per consigli o e con i servizi dei nostri caf anche per gestione ricevute e fatture. E poi per formarli, per seguirli dal punto di vista normativo e politico. Vorremmo fare unire tutti. Se non si sta insieme non si fa nulla”.
Anche a Milano “una guerra tra poveri”
L’appello catanese risuona anche a Milano, dove il fenomeno riders è molto più radicato. “Nonostante una serie di iniziative qui, come anche a Torino Bologna Firenze Roma e Napoli o Pisa Padova, non si è ancora creato uno zoccolo duro di riders che facciano una pressione adeguata alle aziende di Assodelivery per un riconoscimento dei diritti o solo per un tavolo di trattative”, spiega Mario Grasso di Uil Tucs Milano. “Le app sono fatte in modo da creare riders star con guadagni elevati e un conseguente attaccamento all’azienda, mentre una grande platea di riders guadagna pochissimo. Una guerra tra poveri che, anche a Milano, non dà stimoli per cercare di organizzarsi sindacalmente”, conclude Grasso.