Dopo la pandemia la Riforma dello sport. Le società sportive sono di nuovo sotto stress in Sicilia. Gli adempimenti introdotti dalla normativa sono tanti e costosi. L’ingresso di nuove regole è stato però sostenuto in maniera bipartisan, considerato inevitabile e necessario, per offrire una tutela agli operatori del settore. Secondo Nidil Cgil in Italia ci sono 90 mila operatori dello sport sottopagati, stima che verrà aggiornata entro la fine anno. In Sicilia la riforma dello sport coinvolge oltre 198 mila atleti e quasi 43 mila operatori. 241 mila lavoratori in tutto che avranno tutela o comunque dovrebbero averla. Il condizionale è d’obbligo perché – come detto – le tante richieste stanno mettendo sotto stress le società, spingendole alla ricerca di escamotage che rendano “più leggere” le regole. In Sicilia c’è chi sarebbe pronto anche a sfidare il sistema, scegliendo di non adeguarsi. Sono le società sportive piccole a star soffrendo di più, perché i costi sono aumentati in media del 30-35 per cento. Un dato che va ad incidere su una realtà dove associazioni e società sono già poche.
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In Sicilia maggiori difficoltà a fare sistema
È il Coni a dirlo con i numeri: in Sicilia esistono poche società sportive. Sono 3.800, molte meno delle oltre nove mila presenti in Lombardia, che ha circa il doppio della popolazione siciliana. Stando alle ultime rilevazioni, ferme al 2020, nelle Isole si concentra solo l’8 per cento dell’attività sportiva nazionale. Questo non vuol dire che in Sicilia non ci sia sport. In provincia di Catania si registra al contrario un alto “tasso di praticabilità sportiva” (90 – 98 per cento), cioè è possibile praticare tutti gli sport riconosciuti dal Comitato olimpico nazionale italiano. Un tasso leggermente inferiore si registra a Palermo (81 – 90 per cento). In Sicilia si può fare potenzialmente ogni tipo di sport, ma non ovunque. Ogni 100 mila abitanti sono presenti appena 81 società, è la seconda densità più bassa in Italia dopo quella registrata in Campania, con 71 realtà ogni 100 mila abitanti. In Valle d’Aosta, la regione più piccola d’Italia, ogni 100 mila abitanti esistono invece 232 realtà sportive. La densità si abbassa ancora analizzando le presenze per 100 km/q, in Sicilia si contano in questo caso dalle 3 alle 34 realtà sportive. L’arrivo della riforma chiede uno sforzo importante alle società, seppure supportato dai consulenti. Per quest’ultimi un riordino era necessario, ma per la Sicilia serve qualcosa di più per non ricadere nella tentazione del lavoro grigio.
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Più regole, più lavoro grigio
L’Ordine dei Commercialisti di Catania ha organizzato tra ottobre e novembre cinque incontri informativi dedicati al Terzo settore e la Riforma dello Sport. “Un riordino di legge ci voleva ed era necessario – spiega Agata Zuppardo, commercialista relatrice agli appuntamenti dell’ordine – il lavoro sportivo ora ha finalmente una veste chiara. Gli adempimenti ci sono e come commercialisti siamo la parte più impegnata insieme alle stesse società sportive”. La corsa ad adeguarsi è iniziata con la ripresa delle attività sportive dopo l’estate, così come il tentativo di trovare soluzioni per abbassare i costi, ad esempio, per le assunzioni. Società propongono di inquadrare gli operatori come volontari, piuttosto che come autonomi o dipendenti, per evitare di versare i contributi. “Gli adempimenti da fare sono urgenti. Tutte le società devono inquadrarsi alla nuova riforma. Sia le società sportive sia i consulenti sono impegnati in prima linea”, conclude Zuppardo. La riforma non sta mettendo sotto stress solo le società, ma anche Inps. Solo a fine ottobre, infatti, l’istituto ha condiviso le istruzioni per iniziare l’iscrizione al Fondo Pensione dei Lavoratori Sportivi e alla Gestione separata prevista per i lavoratori sportivi. La stessa Inps ha poi concesso una proroga alle scadenza dei versamenti dei contributi comunicandola solo lo scorso 2 novembre.
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Pagliara (Fondazione SportCity): “Servono sgravi fiscali”
Anche per il presidente della Fondazione SportCity, Fabio Pagliara, coinvolto come stakeholder dal Governo, la riforma dello sport non si poteva più rinviare. “Non entro in dettagli tecnici, ragioniamo sul genere. Questa riforma era oggettivamente indifferibile. Tutto il mondo dello sport è stato compatto nel riconoscimento delle tutele, delle garanzie giuslavoristiche, che hanno poi definito il lavoro sportivo. Il ragionamento di fondo era condiviso in maniera bipartisan. Fatta questa premessa, evidentemente l’applicazione è molto complicata e creerà problemi”. Con l’approvazione dei correttivi della riforma dello sport, il Governo ha introdotto prime modifiche già lo scorso luglio. Il risultato non è stato positivo. A cinque mesi dall’entrata in vigore delle nuove regole è divenatata chiara, a chi conoscene bene la riforma, la necessità di dare un sostegno economico alle società sportive. “Il Governo ha ricavato alcuni aspetti e corretto la riforma iniziale – ha evidenziato Pagliara – ma, appare evidente che specie le piccole associazioni hanno e avranno difficoltà almeno su tre aspetti. Il primo riguarda i maggiori costi, il secondo un cambio di gestione, perchè tutte le realtà dovranno avere un consulente del lavoro, uno fiscale e fare formazione. Il terzo aspetto, riguarda la gestione di un meccanismo che non presta uguale attenzione al datore di lavoro, sbilanciandosi solo sul lavoratore. Serve sostegno economico alle società sportive, che sia sotto forma di credito d’imposta o un intervento che possa tenere conto delle esigenze dei presidenti di una piccola asd o piccola palestra. I costi sono aumentati del 30-35 per cento, il danno può essere forte – conclude Fabio Pagliara – spero il governo mantenga la promessa di istituire un osservatorio. Così da misurare e prendere contromisure che salvino le società”.